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RIFLESSIONI, CONSIDERAZIONI, PARERI, OPINIONI, SUGGESTIONI..... PER UN NUOVO GIORNO ( lunedì 7 dicembre 09)

Post n°3343 pubblicato il 06 Dicembre 2009 da psicologiaforense

RIFLESSIONI DELLA NOTTE

Ma l'ignoranza fa vivere il mondo?

E'  possibile misurare l'ignoranza? Come no: basta mettersi d'accordo sul metodo. il verbo ignorare presuppone un complemento oggetto. Non si è ignoranti in astratto. Si ignorano tratti di cultura, settori del sapere, forme di conoscenza teorica o pratica ben determinati. uno ignora la storia del novecento, un altro la numismatica, un terzo com'è fatto dentro un televisore e un altro ancora che cosa diavolo sono i parametri di maastricht. Sarà allora sufficiente scomporre la conoscenza dell'oggetto di cui si parla in una serie di domande con risposta precodificata, e il gioco è fatto. Tizio fornisce la risposta esatta a dieci domande su dieci? E’ chiaro che di quella tal cosa non ignora proprio nulla. Ne rimedia a malapena cinque su dieci? Ahimè, diremo che è un ignorantello. Se poi non riesce a centrarne nemmeno una, si concluderà, con un vocabolo d'obbligo, che la sua ignoranza è crassa. L'inconveniente di questo metodo sta nel portare rapidamente a scoprire che colui o colei che non ignora nulla di numismatica ignora però tutto di storia, di com'è fatto un televisore, e del trattato di maastricht. Lo stesso vale per qualunque altra permutazione o combinazione di persone e di saperi che uno possa escogitare. Il metodo ci dice, in sostanza, che al di fuori di una miserevole fettina dello scibile umano noi tutti ignoriamo praticamente tutto. Un metodo diverso per misurare l' ignoranza può allora consistere nel valutare la capacità di sopravvivere, vuoi simbolicamente vuoi praticamente, d'un soggetto collocato in diversi tipi di ambiente. Se in un dato ambiente il soggetto non sopravvive, vuol dire che era proprio ignorante. Se sopravvive a stento, non per accidente ma per capacità propria, sarà ignorante solo a mezzo. E se sopravvive alla grande, o meglio a lungo, significa che si trova ben al di sopra del malcapitato livello degli ignoranti. Si pensi, ad esempio, alle prove di cultura generale che ancora si ammanniscono ai candidati nei concorsi pubblici (VEDI, ad es. nei quotidiani di oggi domenica 6 dicembre,  A NAPOLI PER alcune centinaia di POSTI IN COMUNE). In esse uno deve rispondere, nell'ordine, a domande tipo chi era napoleone, come si riproducono i cavallucci marini, qual è la capitale del Burkina Faso, e che cos'è un potenziometro. Chi sbaglia le risposte a simili serie di domande è palesemente un ignorante, che nel caso specifico significa in effetti incapace di sopravvivere nell'ambiente simbolico-pratico dei concorsi pubblici. Ma resta da vedere se chi ignorante non è, perchè eccelle nel sopravvivere in tale ambiente, sappia in seguito sopravvivere anche in ambienti ben diversi, come le periferie degradate d'una metropoli, uno stabilimento industriale, una comunità di ex drogati, o i reparti di un municipio. Altri sono i saperi, e viceversa le ignoranze, che questi ambienti collaudano, ciascuno per sè, e nessuno per tutti. La difficoltà di misurarla non dovrebbe però indurre a bistrattare l' ignoranza. Essa svolge infatti funzioni sociali fondamentali. Saperci o scoprirci ignoranti ci induce a cercare l'aiuto dell'altro, e ad apprezzarlo, si tratti del medico, del meccanico o del commercialista che ci salva dal rischio letale di elaborare da soli la nostra dichiarazione dei redditi. L' ignoranza propria spinge a mostrar rispetto per il sapere altrui, e l' ignoranza altrui ci gratifica con la stima per il nostro sapere che sappiamo essere in realtà così esiguo. L' ignoranza favorisce insomma l'interdipendenza tra le persone, contribuendo in tal modo all'integrazione della società. Combattiamone dunque gli eccessi, ma senza dimenticare che una società priva d'una appropriata dose di ignoranza collettiva sarebbe presumibilmente invivibile.

 
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