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LA RIFLESSIONE: MADRE, FIGLI, ANESTESIA, SONNO, MORTE, PSICOLOGIA, PAURE, RISVEGLIO, VIAGGIO DI SALVEZZA O DI MORTE?

Post n°4355 pubblicato il 19 Giugno 2010 da psicologiaforense

LA RIFLESSIONE

ANESTESIA: LE ANCESTRALI PAURE DI OGNI MADRE

Solo in questi ultimi tempi una bimba e due ragazzini sono entrati nella sala operatoria  di tre famosi ospedali italiani per interventi banali e ne sono usciti morti. Perché? Non si sa ancora… forse problemi con l’anestesia. Come é doveroso in questi casi e come il lessico della cronaca puntuale registra, le procure aprono dossier e varie autorità competenti avviano inchieste. Prima o poi, forse, si farà luce. Ma non nei sentimenti. Anzi, in qualcosa di più profondo che sta a mezza strada fra l'istinto e la ragione, cui é davvero difficile dare un nome. Perché nello sgomento di questi genitori che hanno perso i loro bambini non potremo mai entrare. Eppure qualcosa afferriamo, del loro strazio e del terrore che viene non prima, bensì dopo la tragedia. É un terrore ancora più scuro. Il sonno é un fratello lieve della morte. Ad esso l'uomo guarda da sempre con una certa diffidenza, se non con timore reverenziale: ogni risveglio é una specie di piccolo miracolo, cui vivendo pian piano ci abituiamo. Se non fosse per i sogni, dormire farebbe proprio paura, perché é la cosa più vicina alla fine che conosciamo. Ma il sonno dell'anestesia non conosce i sogni. É più buio e immobile. Quando saluti il tuo bambino sulla barella, foss'anche per l'operazione della più banale routine chirurgica, insieme a tutto il resto non puoi fare a meno di pensare anche un poco a questo. Che sta andando in anestesia: parte. Per un viaggio. Infinite volte questo viaggio é la salvezza, di cui da quel giorno poi ringrazierai le mani che hanno aperto, mendato, tolto, cucito. Ma intanto, l'anestesia ti porta via tuo figlio e bisogna aspettare che torni, per ritrovarlo, ancora con le palpebre pesanti e la voce impastata di quel sonno così strano. Oltre la porta della sala operatoria non c'é forza di sentimenti materni che possa: quell'assenza, che duri dieci minuti o infinite ore, te lo porta via. Un figlio sotto anestesia é un incubo che disarma ogni madre, lasciandoti fra le mani solo la pazienza dell'attesa, il sogno di vederlo uscire magari ancora mezzo addormentato, ma tuo di nuovo.

 

 
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