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EDITORIALE DELLA DOMENICA, IL PIACERE, SOCIETA' MODERNA, CHIESA, UOMO OGGI,

Post n°4512 pubblicato il 01 Agosto 2010 da psicologiaforense

EDITORIALE DELLE DOMENICA

IL PIACERE... CHE CI SIA OGNUN LO DICE DOVE SIA NESSUN LO SA

Chi ha avuto l'occasione di leggere su Famiglia cristiana l'elogio del piacere stilato dal domenicano Giordano Muraro, deve avere tirato un sospiro di sollievo: ma allora, se ne parlano i teologi, il piacere esiste. Cioè esiste ancora. Certo, quelli citati dal teologo del settimanale cattolico più diffuso sono piaceri semplici, elementari (il piacere del mangiare, del bere, del sesso, del danzare, del giocare), ma è già una consolazione osservare che ci sono maestri d'anime così ottimisti sull'esistenza del piacere. Padre Muraro infatti ha spiegato che ci sono diversi modi di leggere il Crocefisso, c'è una lettura straziata e macabra e una piena di fiducia e amore e che il piacere è il riposo della vita, di per sè è un fatto positivo, solo l'abuso può avere degli effetti negativi. Insomma, purchè non si riveli il fine ultimo della vita, purchè non si disperda in quell'edonismo che insieme al marxismo la Chiesa non cessa di esorcizzare con i suoi moniti, il piacere è qualcosa a potenziale positivo, "una tappa verso la beatitudine".
Già, ma prima di benedire il piacere bisognerebbe sapere dove si trova.
A dar retta alle idee di piacevole moderazione del padre domenicano di Famiglia cristiana dovrebbe stare dalle parti di una cena in pizzeria, seguita da un fervido abbraccio coniugale, eventualmente preceduto da una scappata in un dancing. Tutto molto familiare, regolare, procedurale. Ma se le cose stessero davvero così, sarebbero troppo semplici. Nelle ore canoniche le pizzerie sono sempre piene, i dancing sono un ricordo di quarant'anni fa, ed entrare per un quarto d'ora nei suoni e nelle luci di una discoteca può avere l'effetto di illanguidire qualsiasi uzzolo matrimoniale. I piaceri semplici stanno diventando sempre più irraggiungibili: il miraggio di una mangiata di pesce al mare si dissolve nella coda del weekend in autostrada, la gita fuori porta si risolve in un'orgia di automobili sulla via del ritorno: in questi casi solo pochi privilegiati, come lo storico opinionista del Corriere della Sera  possono rivalersi e trasformare un fastidio in un piacere di livello più elevato, tramutando un caotico fine settimana sulla penisola sorrentina in un vibrante editoriale sul degrado ambientale italiano.  Ma si capisce subito che i piaceri di questo tipo non sono per tutti.
Di questi tempi il piacere è piuttosto un fenomeno interstiziale, da ricercare in preziose e nascoste isole dell'esistenza. Non nel lavoro in sè, ad esempio, perchè il lavoro è diventato una fonte continua di preoccupazioni, di ansie, di angosce. Circolano parole che sono diventate tristemente d'uso comune: il downsizing, cioè le ristrutturazioni basate sui tagli all'occupazione, e l'outsourcing, la dislocazione all'esterno di funzioni aziendali a cui si risponde se è il caso con il downshifting ristrutturando verso il basso le proprie aspettative e i propri comportamenti, alla ricerca di una qualità della vita che supplisca al calo della quantità di lavoro. Insomma, si fa di necessità virtù, altro che piacere. Perchè in effetti tutta la sfera lavorativa è entrata in una dimensione di precarietà permanente: il mercato e la concorrenza fanno scottare la sedia a tutti, e a ogni livello. In queste condizioni, trovare una forma di piacere nella professione è un'impresa disperata.

 
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