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RIFLESSIONE GRAMMATICALE

Post n°4902 pubblicato il 06 Novembre 2010 da psicologiaforense

AVVERTENZA IMPORTANTE: QUESTA RIFLESSIONE PUO' INTERESSARE SOLO AI MIEI 25 PAZIENTI LETTORI

POVERI NOI... E POVERO IDIOMA SE L'AVVERBIO LA FA SEMPRE DA PADRONE

Ormai è facile notarli, alcuni ricorrenti avverbi inseritisi nel nostro modo di comunicare.  Vorrebbero essere accattivanti per chi, avendoli assimilati, adesso li adopera con assoluta indisponenza per chi ascolta.  Essi evidenziano una accentuata difficoltà nell'uso della lingua, quella italiana, così maltrattata da stupire che ancora formi un autentico idioma. Eccoli qui, belli in fila:
« ASSOLUTAMENTE SI’, ASSOLUTAMENTE NO, PER COSÌ DIRE, QUANT'ALTRO, DOPODICHÉ, PIUTTOSTO……».
Ce ne sarebbero molti altri, nello scorrere di favelle comuni o anche autorevoli, nel senso che ritornano nel parlare di persone fattesi rapidamente popolari, ma altrettanto rapide nello sfrondare la grammatica. Per ultimo esempio, la novità di adoperare non solo l'indicativo al posto del congiuntivo che di per sé stride, ma di mettere al modo verbale giusto il primo verbo (congiuntivo), facendolo seguire da un indicativo ancor più insopportabile. Per esempio, «nonostante assicurassi che andavo».
Roba da auspicare l'impiego del modo infinito per qualsiasi verbo: ci renderemmo stranieri in patria, ma contribuiremmo al varo d'un nuovo linguaggio globale.
«Assolutamente», come rafforzativo d'affermazione o di negazione, più che arrogante sembra umile ammissione d'intime incertezze che abbisognano di garanzia sonante a mascherarne la fragilità, secondo la legge degli estremi che si toccano.
«Dopodiché» sembra un brodino allungato, bastando «dopo» o «poi».
Eppure l'innovativa costruzione lessicale vorrebbe sottintendere un particolare lavorio nel raggiungere scopi prefissati partendo da un punto-base.
Ed è anche formula di comodo a prendere tempo nel rispondere, nel domandare, nell'affermare.
"Quant'altro" potrebbe persino scriversi tutt'attaccato. Sostituisce il dotto «et cetera», l'eccetera degli arringatori a secco di richiami da inserire nel discorso, consueto anche ai preti impegnati nelle prediche.
E non si capisce perché mai questo termine, l'eccetera, debba essere ripudiato dopo che fu un caposaldo retorico quando non soccorrevano sinonimi e restavano disdicevoli stiracchiature nello schiarirsi la gola brancolante verso un appiglio sonoro e sensato.
Eccetera a significare ogni cosa di natura similare: ma sembra anticaglia, tradizionalista com'è, quasi un pastrano rivoltato, «out» o démodé buono per i barboni.
«Per così dire», infine.
Può essere grazioso intercalare se impiegato opportunamente, quando si cerca o si finge di inseguire un'espressione appropriata al caso fra troppi sinonimi e tocca sceglierne uno.
Ma da vezzo rischia di trasformarsi in tic, una sorta di «cioè» su labbra adolescenti, come richiesta di comprendere al volo per non essere costretti a spiegarsi ulteriormente.
Per così dire: a qualcuno che se ne serve pare fine, persin fino, elegante, abbrivante. Fa presto a trasformarsi in una sorta di dipendenza.
Innocuo ma maniacale. 
Si accoppia al «vero-vero» degli antichi eruditi e lo sostituisce fino all'insopportabilità.

 
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