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« DELITTO E CASTIGO, 29ENN...COME ERAVAMO, NUDE-LOOK,... »

QUI PADOVA, INTERNET ADDICTION DISORDER (IAD), IMPIEGATA, DIPENDENTE PERFETTA, LICENZIATA, FACEBOOK, COMMUNITY

Post n°6782 pubblicato il 30 Settembre 2012 da psicologiaforense

IN UFFICIO ANCHE DI SABATO, MA NAVIGAVA SU FACEBOOK INVECE DI LAVORARE: LICENZIATA

SEMBRAVA A TUTTI LA DIPENDENTE IDEALE: inchiodata al pc anche di sera, ben oltre l'orario di lavoro, la si vedeva spesso in ufficio anche il sabato mattina, a ditta chiusa. Con l'andare dei mesi si è scoperto invece che la giovane era sì dipendente, ma da social network (LA “INTERNET ADDICTION DISORDER” di cui ho parlato in questo blog l’altra sera. Si veda  precedente  post n°6778).  «FACEBOOK SU TUTTI MA NON SOLO, ANCHE BLOG E CHAT», spiega Patrizio Bernardo, legale che ha seguito il caso per conto dell'impresa. Com'è finita? Che la trentenne, funzioni e responsabilità di livello medio-alto all'interno di un'azienda commerciale di rilievo in Padova  è stata licenziata.  «Il problema con la dipendente - spiega l'avvocato Bernardo - è emerso nel 2011. Abbiamo transato quest'anno, pochi mesi fa». Azienda e impiegata, in pratica, si sono accordate e alla donna è stata riconosciuta una sorta di buona uscita, pari ad alcune mensilità.

 
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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
clarettabenvenuti il 30/09/12 alle 09:22 via WEB
Un dipendente, per sua colpa, può legittimamente essere licenziato per giusta causa, cioè in tronco e senza preavviso se si verifica una situazione che compromette in modo molto grave il rapporto di fiducia tra le parti (datore di lavoro e dipendente). Questa ragazza avrà anche navigato in internet ma se si dovesse licenziare solo per questo non ci sarebbero più pubblici dipendenti
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 09:48 via WEB
eheheheheh sotto il profilo giuridico sono questioni complesse. Per questo nel caso che qui ho riportato non si è arrivati davanti al giudice ma si sono condotte trattative tra dipendente e impresa per più di un anno.
(Rispondi)
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 09:51 via WEB
E' da notare che la ragazza ha accettato di andarsene solo perchè in sommatoria con tutto quello che le dovevano le hanno concesso una somma pari a sei mensilità. Una causa davanti al giudice del lavoro sarebbe costata molto di più e con esiti quanto mai incerti
(Rispondi)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
virginiatrotti il 30/09/12 alle 09:24 via WEB
E' una cosa che fanno tutti, in tutti gli uffici e non solo i pubblici dipendenti!
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 09:55 via WEB
Generalizzare è sempre sbagliato però capisco quello che intendi. Una volta, tanti anni fa, si usava il telefono della ditta per parlare con moglie, amanti, figli, amici. Adesso si usa il computer.
(Rispondi)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
adelaidepalermo il 30/09/12 alle 09:26 via WEB
i maschi sono costantemente collegati con siti porno
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 09:56 via WEB
Questa è un'altra leggenda metropolitana eheheheheheheh
(Rispondi)
 
ZeroRischi
ZeroRischi il 30/09/12 alle 09:36 via WEB
E' fuori discussione che chi compromette il buon andamento dell'attività lavorativa, può essere sanzionato e si può arrivare anche al licenziamento. Mi sembra di capire, però, che la lavoratrice aveva sviluppato una patologia. Andava aiutata a liberarsene e il licenziamento, per quanto patteggiato, non sarà d'aiuto!
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 09:57 via WEB
La penso anch'io così
(Rispondi)
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 09:59 via WEB
Inoltre ci sono altre questioni di non piccolo peso, ad esempio: il segreto epistolare, diritto tutelato dall’articolo 616 del codice penale. Poi c’è lo scudo dello Statuto dei lavoratori, che, all’articolo quattro, vieta il controllo a distanza sull’attività dei dipendenti «con impianti audiovisivi e altre apparecchiature». Se questo tipo di sistemi si rendono necessari per «esigenze produttive o per la sicurezza del lavoro», l’azienda li può installare solo ottenendo il placet della rappresentanza sindacale interna. In ogni caso il controllo a distanza è limitato tanto nella dimensione dello spazio, leggi perimetro del lavoro, la sede aziendale o l’ufficio, quanto nel tempo: verifiche completate prima o dopo l’orario di lavoro, comunque «lontane» dalla prestazione per cui uno è stipendiato, non sono consentite.
(Rispondi)
 
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 10:01 via WEB
.... e questa ragazza chattava dopo l'orario di servizio o nelle pause
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ZeroRischi
ZeroRischi il 30/09/12 alle 09:38 via WEB (Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 10:02 via WEB
BUONA DOMENICA FRANCESCO:))))
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Utente non iscritto alla Community di Libero
tildemarcolin il 30/09/12 alle 09:42 via WEB
internet è la frontiera delle dispute tra dipendenti e imprese
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psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 10:02 via WEB
Questo è proprio vero!
(Rispondi)
 
marco.565
marco.565 il 30/09/12 alle 14:05 via WEB
“Est modus in rebus“ -- affermavano saggiamente i nostri predecessori -- e ciò dovrebbe essere per qualsiasi cosa attorno alla nostra esistenza. L’eccesso insomma è arrivato e non dà tregua; ormai ha sostituito i veri compiti della giornata, specialmente quelli lavorativi, se teniamo conto che per molti e molti, nel lavoro impiegatizio, collegarsi per chattare, per aprire Facebook, Libero, Virgilio e tutto il grande calderone del Web, è diventata cosa essenziale, quasi come il bisogno di respirare. Non ci si può lamentare poi se il risvolto giuridico ha queste conseguenze, perché a differenza di quello che tanti oggi maldestramente fingono di non capire, esiste prima di tutto un principio di fedele collaborazione nel luogo del lavoro, che non corrisponde soltanto alla segretezza degli atti compiuti: la condotta dell’uomo medio in diritto non potrà mai venire meno. Il controllo a distanza non è consentito, ma è sempre lecito per un’azienda chiudere o controllare il collegamento nel web da parte del dipendente, quando l’accorgimento del responsabile arriva a capire l’abuso dello stesso. La correttezza e buona fede sono principi che valgono per ogni tipologia contrattuale, e il lavoro come contratto non può essere sottratto a queste regole generali. Il lavoro, generalmente tutelato nello Statuto, ma anche in altre leggi specifiche di settore, non è mai un diritto assoluto, ma pur sempre un diritto relativo e come tale può soccombere davanti alla necessità della giusta causa o del giustificato motivo oggettivo e soggettivo. Casi come questi mostrano chiaramente come l’inosservanza del dovere conduca il soggetto all’interno del diritto del lavoro a non avere più un proprio diritto al lavoro. Con questo fatto (giuridico), poi, dobbiamo aggiungere anche il grave problema psicologico corrispondente, perché non credo che l’O.S.M. tarderà ancora ad annoverare nella catalogazione delle patologie anche questo disturbo, che al pari di altre malattie molto diffuse, rischia ogni anno di creare sempre più disordini mentali e dipendenze ossessive. Buona domenica.
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 15:28 via WEB
BUONA DOMENICA! per spiegare la situazione - si era registrato un evidente calo della produttività della dipendente. Non è venuto a galla il motivo per cui la giovane donna avesse scelto di chattare sempre o quasi con il computer aziendale, tanto da rientrare in ufficio al sabato (senza contare le ore serali passate al desk di lavoro in compagnia di Facebook e «amici» vari). Difficile pensare non avesse un pc a casa, ma così è andata. In ogni caso, la somma tra calo di rendimento e accessi in rete a pioggia ha portato alla fine del rapporto di lavoro.
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maraciccia
maraciccia il 30/09/12 alle 14:43 via WEB
Ma se lo faceva fuori orario lavorativo, che importava alla ditta?? Mi sembra eccessivo il provvedimento! Io dovrei autolicenziarmi..
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ZeroRischi
ZeroRischi il 30/09/12 alle 15:23 via WEB
Sembra di poco peso, ma salvo particolari situazioni, non è consentito restare in azienda in orari diversi da quelli del proprio orario di lavoro... Tu sei titolare: la differenza è sostanziale! ;)) Buon Pomeriggio Mara! :))
(Rispondi)
 
misteropagano
misteropagano il 30/09/12 alle 15:48 via WEB
La "gioia" di essere un Avatar non sostituisce la gioia reale, di un buon rendimento lavorativo eccetera, mi domando pure di quei casi che chattano o bloggano da siti di enti pubblici..
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 15:48 via WEB
«Quella della perdita di tempo in orario di lavoro causa social network - ricorda Patrizio Bernardo - è davvero la frontiera più attuale nelle controversie tra aziende e dipendenti per ragioni telematiche. All’imprenditore, che si perdano cinque minuti chiacchierando su Skipe o Facebook, può anche interessare poco. Se però la cosa assume una dimensione differente, è chiaro, il peso è diverso». Anche per la complessità della procedura che si attiva, insomma, di fronte a una dose «minima» di lavoro consumata il socializzazioni virtuali, il datore preferisce chiudere un occhio. È un po’ come la pausa-sigaretta. Si sa che c’è e la si tollera, sul presupposto della fiducia tra dipendente e azienda. Venti «bionde» da tabaccare al giorno, però, diventerebbero per forza un problema.
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psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 15:52 via WEB
Negli Stati Uniti, culla di internet e dei social network che hanno «invaso» le vite di tutti, cambiando non poco le abitudini, cause come questa padovana sono davvero all’ordine del giorno. L’Italia,il Veneto e Padova paragonate a Silicon Valley, sono neonati sotto il profilo digitale. Ma anche qui, evidentemente, la tendenza sta prendendo forma e sostanza....
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misteropagano
misteropagano il 30/09/12 alle 16:09 via WEB
E' sotto gli occhi di tutti, psicologiaforense..i social network divengono un sistema esaltato ed esaltante...
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fran6319
fran6319 il 30/09/12 alle 17:05 via WEB
«Contemporaneamente - aggiunge Bernardo per spiegare la situazione - si era registrato un evidente calo della produttività della dipendente». Buona domenica. Credo ci sia questa precisazione alla base della disputa;fermo restando un rapporto fiduciario tra ditta e dipendente, una resa lavorativa(dato anche il livello medio alto occupato dalla dipendente, il che implica che non basta timbrare un cartellino per essere efficaci nella propria responsabilità)non è direttamente proporzionale alla resa.l esagerazione ovviamente va evitata.( e curata se trattasi di IAD.). Complimenti per il post su" bene e male": interessanti citazioni di S.Paolo e Dostojevskij. Fran.
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psicologiaforense
psicologiaforense il 30/09/12 alle 18:16 via WEB
GRAZIE FRAN6319! Felicissima settimana entrante:)
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