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Post n°6861 pubblicato il 25 Ottobre 2012 da psicologiaforense
Oramai abbiamo perso quell' immaginazione, quella disponibilità e quella fantasia dell' "ascoltare". La comunicazione ha bisogno del silenzio, almeno quanto della parola. LA VERA FELICITA'? E' SAPER ASCOLTARE
In un universo così rumoroso, tutto voci e suoni, si finisce per non sentire più nulla. Noi, da tempo, non ascoltiamo più il mondo. Non riusciamo più ad immaginarlo per troppo rumore. Non ne sentiamo più le voci, che un tempo guidavano pensieri e azioni. Nel mondo c' erano voci, di foreste e fiumi, di animali e uomini, che indicavano mete e sogni, che indicavano azioni e comportamenti, che oggi non riusciamo, così assordati, ad ascoltare. E continuano ad esserci. Allora l' immaginazione, la fantasia del terzo millennio non potrà che essere quella di cercare di riafferrare il bandolo delle mille voci flebili, che abbiamo respinto ai margini dell' udito. NOTA INTEGRATIVA: In una società in cui tutti parlano, tutti tentano di esprimersi sovrapponendo la propria voce a quella degli altri e in cui gli stimoli dei soggetti emittenti si moltiplicano spesso senza raggiungere i destinatari del messaggio il rischio dell'incomunicabilità cresce a dismisura. Perché la comunicazione vada a segno c'è bisogno di ascolto, riflessione e solo successivamente di una risposta. In una parola, c'è bisogno di silenzio. Anche il silenzio è messaggio. Il silenzio è una pausa significante nel processo comunicazionale. Consente di ascoltare. L'ascolto è l'elemento più importante nello scambio comunicazionale, vero "file recorder" del Logos, stanza di compensazione tra le "emergenze" quotidiane, le identità messe in discussione e le risposte comunicazionali alla complessità. Saper ascoltare consente di mettere insieme i dati necessari a poter comunicare.
Commenti al Post:
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matteo81_1981 il 25/10/12 alle 19:46 via WEB
Ho il sospetto che tu abbia ragione noi non ascoltiamo e non ci ascoltiamo. Non ne abbiamo più il tempo
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scottshepere il 25/10/12 alle 19:48 via WEB
Chi ascolta è simpattico a tutti e alla fine impara sempre qualche cosa
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scottshepere il 25/10/12 alle 19:51 via WEB
MA COSA SCRIVO? Volevo dire: "CHI ASCOLTA E' SIMPATICO A TUTTI E ALLA FINE IMPARA QUALCHE COSA"
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pierogribaudo il 25/10/12 alle 19:52 via WEB
A chi ascolta non si chiede mai nulla
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Zara1115 il 25/10/12 alle 19:53 via WEB
Ascoltare il silenzio.BELLISSIMO!
(Rispondi)
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esterfranceschini il 25/10/12 alle 19:58 via WEB
Saper ascoltare. Significa entrare in punta di piedi nella vita dell'altro
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Zara1115 il 25/10/12 alle 19:54 via WEB
Dio ci ha dato due orecchie ed una sola bocca per ascoltare almeno il doppio di quanto diciamo.
Epitteto
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johnlopresti il 25/10/12 alle 20:00 via WEB
Ascoltare il silenzio si dice sopra
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Zara1115 il 25/10/12 alle 19:55 via WEB
Amicizia è ascoltare gli altri come vorresti che gli altri ascoltassero te.
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agagreci il 25/10/12 alle 20:01 via WEB
Chi sa ascoltare ma soprattutto capire fa dono di qualcosa di prezioso
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xconcetta il 25/10/12 alle 20:16 via WEB
Nell' epoca del frastuono, sembra paradossale parlare di ascolto, ma è determinante, perché ascoltare è una virtù, per le persone e per le organizzazioni
(Rispondi)
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alexfacchinetti il 25/10/12 alle 20:03 via WEB
Ascoltare e pensare. Dialogo intersoggettivo e processi trasformativi
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xconcetta il 25/10/12 alle 20:18 via WEB
ASCOLTARE? Una pratica piuttosto rara, per chi ha fatto della "sordità" e del decisionismo la propria corazza nei confronti di un mondo che vive ostile. E spesso lo è.
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giovanniaporto il 25/10/12 alle 20:05 via WEB
"Verba volant scripta manent": non è vero. La scrittura non resta, come recita il noto proverbio latino; al contrario è labile, allo stesso modo della condizione della memoria.
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xconcetta il 25/10/12 alle 20:19 via WEB
Però impari l' arte di comunicare solo se sai ascoltare
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xconcetta il 25/10/12 alle 20:21 via WEB
...... Infatti non si può comunicare se non si sa ascoltare. Comunicare vuol dire mettere in comune qualcosa con qualcuno. Ma la sordità è troppo spesso la "malattia" del terzo millennio
(Rispondi)
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claudiodottmanni il 25/10/12 alle 20:30 via WEB
FOSSE FACILE ASCOLTARE E CAPIRE, bisogna sapersi mettere nelle scarpe dell'altro
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cristianburto il 25/10/12 alle 20:31 via WEB
Un silenzio tutto d'oro
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ferrarioretta il 25/10/12 alle 21:22 via WEB
Vero,saper ascoltare anche i silenzi...
Non è da tutti..
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ferrarioretta il 25/10/12 alle 21:57 via WEB
Beh...spesso sto zitta...e anche altri..ognuno perso nei suoi pensieri e cose..ma questo non vuol dire che non ascolto anche i silenzi degli altri..
(Rispondi)
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psicologiaforense il 25/10/12 alle 21:48 via WEB
UNA COSA E' CERTA: I PAZIEDTI AFFIDATI A TE SONO VERAMENTE IN UNA "BOTTE DI FERRO" PAGANDOTI POCHI EURO.MI DISPIACE SOLO CHE TU NON ABITI QUI A PADOVA.... TI AFFIDEREI TANTI CASI "IMPOSSIBILI"...
(Rispondi)
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ferrarioretta il 25/10/12 alle 22:01 via WEB
Povera me^__^.....in effetti,mi hanno sempre dato dei lavori che nessuno voleva "sforzarsi "di fare..
Io sbuffo,ci scherzo sopra,ma alla fine prevale sempre la compassione ,e con quella si riescono a fare cose difficili..
(Rispondi)
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maraciccia il 25/10/12 alle 21:48 via WEB
e io?..ci provo...*___* ciao..se non ascolto..almeno ti leggo..principessa
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ferrarioretta il 25/10/12 alle 22:02 via WEB
Ciao Mara:))))))) Tu..leggi e sai ascoltare anche i silenzi..^__________^
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psicologiaforense il 25/10/12 alle 22:02 via WEB
Bisogna farsi carico, con empatia, del disagio altrui. Specialmente quando si hanno capacità cognitive e culturali al di fuori del comune
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ferrarioretta il 25/10/12 alle 22:04 via WEB
Meglio non farlo questo lavoro se non hai quel qualcosa che ti aiuta a capire il disagio degli altri,non è facile a volte,ma...bisogna farlo,anche se hai il tuo ....di disagio,diciamo così..
(Rispondi)
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chiarabassicastello il 25/10/12 alle 22:06 via WEB
E' GIUSTO!!! Nelle scienze umane, l'empatia designa un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da un impegno di comprensione dell'altro, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale. Fondamentali, in questo contesto, sia gli studi pionieristici di Darwin sulle emozioni e sulla comunicazione mimica delle emozioni, sia gli studi recenti sui neuroni specchio scoperti da Giacomo Rizzolatti, che confermano che l'empatia non nasce da uno sforzo intellettuale, è bensì parte del corredo genetico della specie. Si vedano al proposito anche gli studi di Daniel Stern.
(Rispondi)
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valeriazullato il 25/10/12 alle 22:07 via WEB
Nell'uso comune, empatia è l'attitudine a offrire la propria attenzione per un'altra persona, mettendo da parte le preoccupazioni e i pensieri personali. La qualità della relazione si basa sull'ascolto non valutativo e si concentra sulla comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell'altro.
Il contrario di 'empatia' è 'dispatia' ovvero l'incapacità o il rifiuto di condividere i sentimenti o le sofferenze altrui; il vocabolo 'dispatia' non è inserito nei comuni vocabolari ma è utilizzato nei testi di alcuni autori.
In medicina l'empatia è considerata un elemento fondamentale della relazione di cura (ad esempio la relazione medico-paziente) e viene talvolta contrapposta alla simpatia: quest'ultima sarebbe un autentico sentimento doloroso, di sofferenza insieme (da syn- "insieme" e pathos "sofferenza o sentimento") al paziente e sarebbe quindi un ostacolo ad un giudizio clinico efficace; al contrario l'empatia permetterebbe al curante di comprendere i sentimenti e le sofferenze del paziente, incorporandoli nella costruzione del rapporto di cura ma senza esserne sopraffatto (questo tipo di distinzione non è condiviso da tutti, vedi alla voce simpatia). Sono state anche messe a punto delle scale per la misurazione dell'empatia nella relazione di cura, come la Jefferson Scale of Physician Empathy. L'empatia nella relazione di cura è stata messa in relazione a migliori risultati terapeutici (outcome), migliore soddisfazione del paziente e a minori contenziosi medico-legali tra medici e pazienti.[4]
La nozione di empatia è stata oggetto di numerose riflessioni da parte di intellettuali come Edith Stein, Antoine Chesì, Max Scheler, Sigmund Freud o Carl Rogers.
Il merito dell'introduzione del principio di empatia in psicoanalisi è principalmente dovuto a Heinz Kohut [5]. Il suo principio è applicabile al metodo di raccolta del materiale inconscio [6]. Anche l'alternativa all'applicazione del principio rientra nelle possibilità di cura, quando è ineludibile la necessità di fare i conti con un altro principio, quello di realtà.
Per le sue origini l'empatia ha ragione di essere nell'arte e nelle sue applicazioni. In maniera particolare quando l'arte utilizza le parole per la narrazione. In questo caso non solo è mantenuto il rapporto con la psicologia, ma si ampliano le sue possibilità di intervento. Non tutti possono scolpire o dipingere, ma parlando se non scrivendo qualcosa lo possono raccontare molti. Allora la produzione si sviluppa nel verso artista-psicologo-individuo. Non sono escluse possibilità per i disabili, privilegiando la relazione artista-individuo con la mediazione più cauta dello psicologo. Quest'ultimo non può suggerire all'individuo un percorso di emulazione. Il che non impedisce che l'individuo disabile possa diventare artista a sua volta. A cambiare è la posizione dello psicologo che deve solo rendere possibile la fusione dei vissuti dell'artista con quelli dell'individuo. Di certo lo psicologo dovrebbe mantenere entro limiti accettabili la complessità dell'intervento. Senza che per questo il disabile o l'arte abbiano a soffrirne, anzi si potrebbe dire il contrario.
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valeriazullato il 25/10/12 alle 22:09 via WEB
HO SCRITTO VARI ARTICOLI SU QUESTO TEMA
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ferrarioretta il 25/10/12 alle 22:15 via WEB
Di sicuro ..ho questa dote,lo dico senz falsa modestia,mi consente di superare quel disagio che molti provano ,rinunciando a capire,quando hanno a che fare con persone disagiate..e non..
I miei figli mi hanno sempre detto che capisco appena aprono bocca..ahahahaha..anche mio marito,in effetti.ha "testato" questa mia dote..
ihihihihih...
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valeriazullato il 25/10/12 alle 22:11 via WEB
se credete leggetili. A volte sono sotto la voce GUGLIELMO GULOTA (VEDI)
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emanuelerosso il 25/10/12 alle 22:15 via WEB
NON SO! Il post è significativo ma i comnmenti no. Lo spiriro e la ratio del l'ascolto non viene colto. L'ascolto è l'atto dell'ascoltare. È l'arte dello stare a sentire attentamente, del prestare orecchio. Ascoltatore è chi ascolta; ascoltare la lezione, un oratore; ascoltare con interesse tutto ciò che il professore dice. Non trattasi di atto superficiale.
In psicologia ascolto è uno strumento dei nostri cinque sensi per apprendere, conoscere il tempo e lo spazio che ci circonda e comunicare con noi stessi e il mondo circostante. L'ascolto è un processo psicologico e fisico del nostro corpo per comunicare ai nostri neuroni, al cervello che li traduce in emozioni e nozioni.
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ferrarioretta il 25/10/12 alle 22:19 via WEB
Beh,qualcuno per cui lavoro..a volte parla molto,per ore..ed io ascolto..
Ma a volte ,mi chiama perchè stia accanto a lui,in silenzio..per ore ugualmente, ed io lo ascolto il suo silenzio,standogli accanto,perchè sono le volte che sta più male..
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emanuelerosso il 25/10/12 alle 22:18 via WEB
per la fretta dettatami dalla passione per queste tematiche ho fatto vari errori di battitura, scusatemi
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desnudamaia il 25/10/12 alle 22:27 via WEB
ascoltare, ascoltare, ascoltare per capire in famiglia, in ambiente di lavoro e anche nella coppia di fidanzati, amanti, conviventi, amici, gay, ecc..
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liberolenin il 25/10/12 alle 22:20 via WEB
ASCOLTARE E' L'ARTE DEGLI DEI
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desnudamaia il 25/10/12 alle 22:27 via WEB
Credo che questo sia vero: arte degli dei
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ginafalloppio il 25/10/12 alle 22:24 via WEB
CHE PROBLEMI DIFFICILI! ADESSO DEVO LEGGERE TUTTO PER CAPIRE. ASCOLTARE IL SILENZIO? SE NESSUNO PARLA INTERVIENE IL PANICO. QUANDO SI E' IN GRUPPO COME SI FA A SOPPORTARE IL SILENZIO??
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ugofatebenefratelli il 25/10/12 alle 22:40 via WEB
TU DICI?
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desnudamaia il 25/10/12 alle 22:29 via WEB
E' un problema così complesso e difficile che in DUEMILA ANNI (ricordate il vangelo?) non si è riusciti a risolvere
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desnudamaia il 25/10/12 alle 22:30 via WEB
"ASCOLTO" MA COSA SIGNIFICA? A ME NON MI ASCOLTA NESSUNO!
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esedradenobilis il 25/10/12 alle 22:39 via WEB
Io lo so. Ascoltare il mondo, la società, i singoli individui, il contesto ambientale. MA CHI HA "VOGLIA" DI FARLO? NESSUNO!
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clara.limpidissima il 25/10/12 alle 22:53 via WEB
VEDIAMO DI CAPIRCI IN QUATTRO PASSAGGI (cerco di mettere un po' d'ordine altrimenti entro in ansia)
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mariopetyit il 25/10/12 alle 22:45 via WEB
La capacità di ascoltare, capire, accogliere in sè la sofferenza e il,disagio altrui
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clara.limpidissima il 25/10/12 alle 22:54 via WEB
IL PRIMO. 1. L’ascolto passivo: è il momento di silenzio interiore (e possibilmente anche esteriore), di chi è in ascolto. Ascoltare in silenzio permette all’altro di esporre senza essere interrotto. È così che percepisce l’attenzione che gli viene rivolta.
Aggiungerei che questa fase permette a chi ascolta di entrare in contatto anche con le proprie emozioni e di distinguere ciò che gli appartiene da ciò che appartiene al suo interlocutore. Questo io lo definisco ascolto emotivo, e lo ritengo un punto fondamentale da aggiungere ai passi definiti da Gordon, affinché il risultato ottenuto sia il migliore possibile. È infatti indispensabile capire quando un’emozione appartiene a me stesso oppure all’altro, perché mi permette di ricordare che non sempre le stesse esperienze o le stesse situazioni possono suscitare uguali emozioni.
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chiarettafaradenordi il 25/10/12 alle 22:47 via WEB
BEL POST!!! Ascoltare: è una condizione interiore
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clara.limpidissima il 25/10/12 alle 22:56 via WEB
IL SECONDO.Messaggi di accoglimento: Sono sia messaggi verbali (“ti ascolto”, “sto cercando di capire”..); che messaggi non verbali (cenni del capo, sguardo, sorriso…). Tutti quei messaggi cioè che sottolineano l’atteggiamento di ascolto.
(Rispondi)
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ginalagorria il 25/10/12 alle 22:49 via WEB
Hai detto niente? Ascoltate, essere l'orecchio di chi soffre, interpretare i messaggi di aiuto....
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evafrabboni il 25/10/12 alle 23:00 via WEB
Ascoltare non è una tecnica, se per tale intendiamo una procedura standardizzata tesa ad ottenere uno specifico risultato.
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clara.limpidissima il 25/10/12 alle 22:56 via WEB
IL TERZO. Inviti calorosi: Messaggi verbali che incoraggiano chi parla ad approfondire quanto sta dicendo (“dimmi..”, “spiegami meglio”..) senza valutare o giudicare ciò che viene detto.
L’assenza di giudizio è fondamentale al raggiungimento di una corretta comunicazione fra le parti. La società in cui viviamo ci abitua fin da piccoli che giudicare ed essere giudicati è parte integrante della nostra vita. Io non sono molto d’accordo. Il giudizio è una punta di valore che rimandiamo all’altro: sei bravo, sei insufficiente, sei bello , sei brutto, sei buono, sei cattivo…. Nessuno però ci insegna quanto peso portano con sé gli aggettivi che noi usiamo con tanta disinvoltura. Per fortuna Rogers lo fa.
Ci ricorda che gli aggettivi definiscono l’altro per come noi lo percepiamo, ma non è detto che l’altro sia o si senta così realmente. Ogni volta che usiamo un aggettivo quindi dovremmo ricordarci che stiamo definendo l’altro, nel bene e nel male. A volte portare il peso di “sei buono” equivale a quello di “sei cattivo”: Non ci lascia liberi di muoverci come vorremmo, perché mentalmente costretti a rispettare l’immagine sociale che gli altri hanno di noi. Questo non significa ovviamente che gli aggettivi debbano essere aboliti dal linguaggio comune bensì che, uno, ogni volta che li usiamo dobbiamo ricordarci che stiamo definendo l’altro con tutte le conseguenze del caso, e che , due, sarebbe meglio usare un punto interrogativo che permetta a l’altro di meglio definirsi per come realmente si sente: “mi sembra che questa situazione ti renda nervoso” – “ma, più che nervoso direi che sono proprio arrabbiato”.
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bimbaviziata il 25/10/12 alle 23:01 via WEB
Ascoltare è una condizione interiore che si traduce in una procedura comunicativa il cui fine è giungere non ad esiti prevedibili bensì, al contrario, a conclusioni che si distanzino da ogni punto d’arrivo definibile a priori.
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clara.limpidissima il 25/10/12 alle 22:58 via WEB
IL QUARTO. Ascolto attivo: Chi ascolta “riflette” il contenuto del messaggio dell’altro restituendoglielo con parole diverse.
Questo permette di verificare se il messaggio così come lo si è compreso è corretto.
L’ascolto attivo non rimanda solo il contenuto verbale del messaggio, ma riflette i sentimenti espressi dal comunicante e percepiti dall’ascoltatore; o sia il contenuto emotivo.
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aristidedecumani il 25/10/12 alle 23:04 via WEB
Ascoltare è in primo luogo una condizione emotiva, vale a dire è la disponibilità ( ed il coraggio ) a riconoscere le proprie emozioni derivanti dalla relazione con chi chiede ascolto ovvero ad affermare le emozioni dell’altro attraverso l’esito che esse producono nella propria sfera emotiva. In ciò consiste, ad esempio, accogliere la propria rabbia di fronte alla paura altrui, ammettere la propria paura quale specchio di una rabbia esterna, riconoscere in sè la tristezza sperimentata a cospetto della tristezza o paura dell’interlocutore.
Da quest’ottica l’ascolto è un continuo, ed inevitabile, auto-ascoltarsi che conduce a riconoscere l’altro per ciò che è, vale a dire a definirlo al di fuori di ogni proiezione del proprio mondo nel suo.
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liafabene il 25/10/12 alle 23:05 via WEB
PRECISO. Dove c’è fusione e confusione di mondi non c’è quel genere di ascolto che racchiude, nello stesso tempo, distinguersi e comprendersi. Tutt’al più, dove si è prodotta confusione e fusione, c’è attenzione, una genuina spinta ad aiutare forse, probabilmente un sincero rammarico per il disagio altrui. Può darsi che ci sia anche autentica sofferenza. Un patire, insomma, che è simpatia e non empatia, un capire senza comprendere, uno spiegare senza riconoscere, un accogliere senza distinguere sé dall’altro che si accoglie. Un fargli compagnia nel disagio piuttosto che accompagnarlo al di là del disagio.
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agostinolupo il 25/10/12 alle 23:07 via WEB
Un linguaggio nuovo che crea le premesse emotive , cognitive e linguistiche affinchè emerga quell’in più che dà senso al messaggio. L’in più che non nega il significato delle parole e dei gesti, quelle immediatamente sentite e viste, ma lo trascende.
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umberta8080 il 25/10/12 alle 23:11 via WEB
Speriamo sia decodificabile, questo linguaggio, da tutti. Perchè ascoltare il silenzio, capirlo, interpretarlo, ecc. richiede una grande intelligenza sommata da inconsueta sensibilità
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ikeuoha il 27/10/12 alle 21:25 via WEB
Silenzio: grande dote! Si ha notizia della "silenzioterapia"? Thanks.
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