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SCELTI PER VOI, RASSEGNA STAMPA, MASSIMO GRAMELLINI,

Post n°7124 pubblicato il 24 Gennaio 2013 da psicologiaforense

Chiamarsi Corona e venire arrestati a Cascais, l’esilio portoghese dell’ultimo Re d’Italia, magari senza neanche saperlo. Essere un palestrato milanese di corso Como e scappare dal retro di una palestra milanese di corso Como a bordo di una Cinquecento, unico elemento stonato nell’epopea del superuomo di panna montata, e infatti cercare per tutta la notte di sostituirla con un Suv, non riuscirci e passare in Cinquecento il confine al Col di Tenda. Rimanere bloccato per ore dalla neve con trentamila euro in tasca e nemmeno un bar dove poterne investire dieci in una pizza. E poi guidare attraverso la Francia e la Spagna, immaginarsi simili a Scarface - un criminale simpatico, e nel suo pantheon morale solo un criminale può esserlo davvero - continuare la fuga fino all’oceano, sentirsi braccati e consegnarsi, ma solo dopo avere rilasciato una dichiarazione audio ai propri fan. 

LO SPECCHIO D'ARGILLA 

 

 

Consegnarsi e piangere sulla spalla di un carabiniere, come se la corazza tatuata del bullo avvolgesse un’anima di burro. Piangere e querelare chiunque osi scrivere che ha pianto: il mito del duro, del Limonov di corso Como, ne soffrirebbe. Piangere, non piangere, ma comunque trasformarsi in una vittima per il Paese dove il problema è sempre un altro e l’arresto internazionale di Corona è già diventato pretesto per ricordarsi di quanti politici impresentabili siano ancora in lista, quanti divi del nulla ancora in onda, quanti criminali economici ancora in libertà.  Di Fabrizio Corona mi ha sempre incuriosito la genesi. Se il sublime Philip Roth della «Pastorale Americana» ha indagato per quattrocento pagine sul mistero di come una famiglia perfetta avesse prodotto nel Sessantotto una ragazzina terrorista, sia concesso a un cronista sentimentale di dedicare cinquanta righe a un enigma dei nostri tempi: come ha potuto un giornalista serio e raffinato al limite dello snobismo come fu Vittorio Corona, compagno di Montanelli nell’ultima avventura della «Voce», forgiare un figlio così diverso, cinico e materialista a livelli caricaturali. Non può bastare la teoria della mamma, consolatoria come finiscono sempre per essere le mamme, che tira in ballo l’assenza o l’eccessiva presenza nel suo sangue di qualche ormone. E nemmeno dire che Corona sia un prodotto di laboratorio del berlusconismo: l’immagine è tutto e intorno, sopra, sotto si estende il nulla. Il figlio di Vittorio è qualcosa di più: l’effetto visibile della malattia che ha devastato il capitalismo negli ultimi venticinque anni. Quando, cessate le pulsioni ideologiche, nessuna corrente spirituale è giunta a rimpiazzarle e ci si è tutti, chi più chi meno, rassegnati a confinare la felicità al soddisfacimento dei piaceri del corpo procurati dal denaro e dalla mancanza di limiti. Il mito della bellezza palestrata, della giovinezza infinita, dei soldi da esibire e trasformare in macchine rombanti, in belen sfarfalleggianti, in mutande griffate e in fiumi di cocaina. Perché, se la vita non ha un senso, il suo unico senso diventa provare una scarica ininterrotta di emozioni, e la sua bussola un’assenza conclamata di valori che non siano la furbizia, il cinismo, la sfrontatezza e quel modello di ribellione che consiste nel violare deliberatamente le regole con il pretesto che il potere le ha create soltanto per ingabbiare i deboli e gli stupidi. 

 
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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
mariellamuraglia il 24/01/13 alle 17:30 via WEB
proprio non un gigante ma uno specchio d'argilla
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Utente non iscritto alla Community di Libero
valentinapalladino il 24/01/13 alle 17:35 via WEB
visto che il suo arresto si basa su un mandato di cattura europeo emesso dal nostro Paese per una volta tanto non ci saranno problemi per l'estradizione
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Utente non iscritto alla Community di Libero
brunorussolongo il 24/01/13 alle 17:31 via WEB
Corona ieri aveva detto che non era fuggito, ma che voleva costituirsi a Lisbona perché nelle carceri italiani teme per la sua vita. L'ex moglie Nina Moric ieri aveva chiesto silenzio e rispetto.
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Utente non iscritto alla Community di Libero
marinobonasia il 24/01/13 alle 17:46 via WEB
Solo disperazione e paura nella fuga tragicomica lungo più di 2.300 chilometri di strade secondarie, bloccato per ore dalla neve, senza documenti ma con tanti soldi in tasca, che ha portato il latitante Fabrizio Corona da Milano in una cella a Lisbona. Braccato dalla Polizia dopo la condanna per estorsione, il «re» dei paparazzi si è arreso e si è consegnato agli agenti. La cronaca di questo viaggio, di certo drammatico per Corona, sembra più vicina a un Fantozzi di Paolo Villaggio che al film Papillon di Steve McQueen.
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sagredo58
sagredo58 il 24/01/13 alle 19:05 via WEB
Questo si che è andare oltre il gossip, bel pezzo!
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ambretta2009
ambretta2009 il 24/01/13 alle 19:54 via WEB
Sono appunto le emozioni e null'altro ha dominare,oggi, lo stile di vita di molti.. troppi! Le emozioni, senza le brigle dell'intelligenza e di quei sani sentimenti che non si arrendono di fronte alle perdite, ai fallimenti, alle delusioni, che non amano scalate ripide..e rapide, si frantumano nella loro discesa di finte aquile.
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ambretta2009
ambretta2009 il 24/01/13 alle 20:01 via WEB
Chiedo scusa per errore di battitura.
(Rispondi)
 
 
ferrarioretta
ferrarioretta il 24/01/13 alle 22:07 via WEB
Strafottente fino all'ultimo.. Pessimo esempio per i giovani ..tutto il suo percorso di vita.. LA GALERA? Ci sta..ha sbagliato,è stato condannato...che se la faccia,sperando che gli serva.. Non capisco chi dice che è troppa,e fa dei paragoni con altri crimini e criminali.. Mi rendo conto di quanta gente abbia le idee confuse su molte cose..
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