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PER QUANTO POSSA AFFONDARE NELLE TENEBRE, LA MIA ANIMA RISALIRA' NELLA LUCE, HO AMATO TROPPO LE STELLE, PER TEMERE LE TENEBRE

Post n°7353 pubblicato il 15 Aprile 2013 da psicologiaforense

La disperazione è come una vertigine, una disarmonia, un'afflizione corrosiva, un'inquietudine devastante, un incendio freddo che consuma chi la ospita, una «straziante contraddizione» per cui diventa insostenibile essere se stessi, continuare a vivere nell'estinzione dell'identità, dei progetti, dei significati e degli affetti. Soltanto il cristiano è consapevole del carattere tremendo della disperazione, sa che essa è una malattia dello spirito che sfida il mondo e Dio per approdare al Nulla e, attraverso la coscienza del peccato, coglie il tratto edificante di questa esperienza, la possibilità di guarigione nella fede ( Soren Kierkegaard) 

 

IL SENSO DELLA DISPERAZIONE 


La disperazione  è un sentimento che accompagna la persuasione di una sconfitta inevitabile e irreparabile, presente in soggetti incapaci di sopportare sconfit­te per una limitata soglia di tolleranza alla frus­trazione del desiderio o alla sopportazione del do­lore. S. Kierkegaard ha distinto la disperazione dal­l’angoscia  perchè, mentre quest'ultima riflette l'incapacità dell'uomo di realizzare pienamente se stesso nel mondo, la disperazione si riferisce al rap­porto dell'uomo con se stesso che, a motivo della sua finitezza, non riesce mai ad essere all'altezza delle sue possibilità. Riprendendo questa concetto kierkegaardiano, K. Jaspers parla di «disperazione vitale che nasce dalla consapevolezza di dover mo­rire nell'incertezza d'aver realizzato se stesso. Non so cosa devo volere quando, di fronte a tutte le pos­sibilità che mi si presentano, non vorrei rinunciare ad alcuna di esse, anche se non so se ce ne è una per me veramente essenziale. Non potendo scegliere, mi abbandono alla successione degli eventi consapevole del mio non-essere esistenziale» . Sul significato esistenziale e non patologico della dispe­razione si è orientata di recente anche la psicoanalisi che, con A. Haynal, afferma, appunto,  che  la disperazione non è la melanconia, anche se può talvolta diven­tarlo. La disperazione è presente nell'abbandono  del neonato e accompagna l'uomo sino alla fine della sua vita, fungendo da motore del­l'elaborazione psichica. Così, orientando rettamente il proprio viaggio esistenziale, la morte diventa «fonte di energia», sollecitazione per il vivente conscio di quella «carestia di tempo» che rende urgente ogni sua azione. Così il pensiero della morte non è più motivo di sconforto ma diventa il più «fedele alleato» di una vita significativa. 

 
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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
biancarusso il 15/04/13 alle 01:25 via WEB
Soren Kierkegaard pensava a valorizzare la centralità dell'individuo
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psicologiaforense
psicologiaforense il 15/04/13 alle 01:28 via WEB
Proprio così. Hai colto nel segno.
(Rispondi)
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 15/04/13 alle 01:30 via WEB
KIERKEGAARD rivendicò decisamente la centralità dell'individuo, fino a volere che sulla sua tomba fosse scritto soltanto, come epitaffio: "QUEL SINGOLO" . Ma il singolo di KIERKEGAARD sceglie di mettersi contro la generalità, fino al punto di violare anche la morale, solo perchè sa, o almeno crede, di rispondere a un appello più alto. La vicenda di Abramo - a cui Dio chiede di sacrificare Isacco, fermandogli la mano solo all'ultimo momento - è il paradigma intorno a cui si organizza tutta la meditazione esistenziale KIERKEGAARDIANA.
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Utente non iscritto alla Community di Libero
maria. dibiase il 15/04/13 alle 01:27 via WEB
Molto attuale, ci mette in guardia
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psicologiaforense
psicologiaforense il 15/04/13 alle 01:37 via WEB
Qui siamo in un universo, dove santi protettori sono Balzac e Dostoevskij, Dickens e Zola, KIERKEGAARD e Nietzsche. E allora conviene entrare con una buona dose di ottimismo per cercare di arginare le riflessioni d'uno scrittore votato alla depressione.
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ZeroRischi
ZeroRischi il 15/04/13 alle 08:04 via WEB
Sono, forse, il meno adatto a commentare, ma mi sembra che la disperazione sia, oggi, il sentimento che accompagna la persuasione di una sconfitta inevitabile e irreparabile perchè non puoi contare sull'aiuto di altri (amici o istituzioni) che potrebbero o avrebbero il dovere di aiutarti a evitarla. Kierkegaard puntava l'individuo, singolo e solo. Io (che sono molto meno di Kierkegaard) sono convinto che è la marginalizzazione dell'individuo, rispetto alla comunità di cui è parte, a spingerlo dentro la disperazione.
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Utente non iscritto alla Community di Libero
davide pagani il 26/04/13 alle 14:06 via WEB
Disperazione? Etichettata nella veemenza alquanto rancorosa della signora melen.me a cui non va a genio che codesto blog sia fra i piu rilevanti. La disperazione dall'altare alla cenere, la disperazione di un utente virtualmente morto.
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