Creato da: psicologiaforense il 14/01/2006
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RIFLESSIONE DELLA SERA, DAL NATALE ALL'EPIFANIA, IL TEMPO SOSPESO, LA FESTA E IL LAVORO,

Post n°8520 pubblicato il 20 Dicembre 2015 da psicologiaforense

Il post ideale deve essere contenuto in 20 righe. Però solo  per questa sera e solo a gentile richiesta scrivo qui  un intero articolo....  Prometto solennemente  di non  farlo mai  più, col fermo proposito di fuggire le occasioni prossime di cadere in questa  grave mancanza …..



LA FESTA E IL LAVORO

Lavorare e festeggiare si nutrono della medesima radice

Il tema, il significato e la funzione della festa ci presentano la complessità dei fenomeni di cui è fatta la realtà umana. Tutti abbiamo l'esperienza del beneficio che la nostra esistenza trae da quella sosta, da quell'espansione del proprio essere che significa festeggiare qualche avvenimento. Sappiamo che dal punto di vista psicologico vi è un modo interiore di vivere il tempo, sappiamo che la nostra esperienza della temporalità è doppia: da una parte troviamo il tempo oggettivo o cronologico, misurato dall'orologio,  che ha un carattere universale: è così  e non lo possiamo alterare. Dall'altra, il tempo patico o interiore che è il modo intimo di vivere il fluire dei fatti che avvengono nel trascorso della nostra vita.
Nella festa il tempo interiore è direttamente collegato con l'allegria, qualità emozionale che colma il soggetto in quei momenti: il tempo vola, come diciamo nel linguaggio comune, il tempo ha un ritmo vertiginoso, è una sequenza di piccoli “ora” che ci allacciano al futuro.  La meta di questa velocità temporale  è intrisa di avvenire. Ciò che ci lega all'avvenire è sempre la speranza; ecco perché l'allegria ci lascia intravvedere un futuro che recepiamo pieno di speranze,  capace di trasformarci positivamente e che ci permette di scoprire nuovi oceani le cui acque ci offrono una trasparenza nuova. Questa non è altro che una percezione interiore che ha alla base una struttura ontologica. Il tempo interiore ci rivela l'altro volto della vita.
Anche il tempo cronologico è toccato dalla festa; è in quei momenti che affiorano i migliori propositi di combattere l'impazienza. Aver pazienza è saper aspettare con calma, persino con dolore. Inoltre scaturisce la capacità di perseverare in ciò che abbiamo iniziato, sacrificando i possibili esiti immediati per ottenere beni e felicità più duraturi. Kronos e kairos impregnano in modo particolare l'atmosfera dell'uomo che si rallegra". Entrambi hanno un'importanza capitale a motivo della loro capacità di situare I'uomo dinnanzi alla propria storia. Ogni uomo non è altro che il suo passato; tuttavia
dall'equazione fra il passato e il possibile futuro che iniziamo a percepire nasce il presente, la realtà attuale inarrestabile e fugace. Il futuro è l'aspetto più potente e positivo della temporalità, significa sempre che siamo ancora capaci di porre le nostre speranze in ciò che sta per giungere. Tuttavia non si tratta di aspettare qualsiasi tipo di avvenimento bensì quelli che possono avere per noi un tono maggiormente grato e consolatore. E’ il futuro che ci muove, che ci riscatta dal letargo e ci innalza verso mete impensabili. L'uomo vive nella festa un'elevazione del proprio stato d'animo e un'espansione del suo ritmo interiore. Entrambe sono avvolte da una nota di dinamismo, di movimento che è veramente ristoratrice. La vita è movimento e azione. In questo senso si comprende che debba includere il ballo, la danza, la  musica, i canti ecc. Una vita armoniosa e coerente può essere articolata intorno a determinate feste. I preparativi di queste tonificano l'esistenza, la rafforzano, le danno maggior solidità, la proiettano. L'attenzione possiede così scopi concreti verso i quali dirigersi, punti di riferimento a breve scadenza. Da una prospettiva più profonda ciò che un'esistenza deve nutrire non è la festa in sé bensì il lavoro. Si può dire che lavorare e festeggiare vivano grazie alla stessa radice. Fra essi si stabilisce un'osmosi reciproca. Soltanto in una vita laboriosa e autentica può trovar posto una festa ed è possibile che venga vissuta in tutta la sua gradevole intensità. La laboriosità deve essere tracciata con autenticità, deve essere un lavoro coerente, pieno di significato. Non dimentichiamo che il lavoro può essere preso come un rifugio e che, quando questo atteggiamento diventa eccessivo, il soggetto si converte in nevrotico e la sua attività professionale, proprio perché è smisurata, lo aiuta a sfuggire dalle altre imprese che dovrebbe affrontare. È importante sottolineare questo punto per evitare malintesi. Talvolta si pretende contrapporre lavoro e festa. Secondo il mio parere fra entrambi vi sono molti punti di contatto, si trovano in esatta corrispondenza. Il lavoro che ha un significato riempie, appaga, si trasforma in una gioia profonda: è l'allegria di vivere come conseguenza del dovere compiuto, dello sforzo di avere raggiunto le piccole mete concrete che il lavoro ci permette di proiettare. Sforzo, lavoro, gioia, dedizione laboriosa: l'uomo laborioso ha innanzitutto la capacità di concentrarsi su un campo determinato, rinunciando ad altre attrattive che di certo gli si presentano.  Questa concretezza è una forza, è negazione di altri cammini e affermazione di quello scelto dopo una lunga riflessione personale. Quindi non domandarsi se il lavoro che si sta realizzando abbia un senso e al tempo stesso compierlo tenendo presente un determinato scopo che lo porta al di sopra del semplice piano del quotidiano, è come non avere la capacità di recepire profondamente ciò che significa vivere una festa, parteciparne davvero. Il festeggiare inoltre ci rivela le nostre zone profonde che erano rimaste celate fino a quel momento. È un po' come andare incontro all'essenza dell'uomo.  Questa essenza è collegata con ciò che Nietzsche chiama l'”eterno ritorno", con l'avvenimento ciclico che si inserisce nella nostra vita e l'abbraccia, avviandolo verso gli aspetti fondamentali dell'io non ancora esplorati a sufficienza. L'immagine del circolo può esserne il simbolo. La vita è vista come reiterazione, allo stesso modo che il ritmo della natura: il giorno è seguito dalla notte e viceversa. Il pensiero nietzschiano attribuisce un'importanza speciale alla pausa: il mezzogiorno, pausa in cui si percepisce l'impressione dionisiaca dell'eternità, in cui la vita si ferma e il tempo oggettivo non conta. L'uomo si sente realizzato pienamente e questa impressione soggettiva ha un sapore strano e particolare, profondo e grave, che penetra acutamente. Il tempo si è fermato, non ha più importanza come fattore della propria storia.  Da questo, secondo Nietzsche, emana il superuomo, idea non troppo chiara nell'aspetto genetico, che presenta un profilo poco nitido. Percorrendo questo sentiero, a volte molto sdrucciolevole, si può arrivare a una ipertrofia festosa che perde il suo significato e sbocca nella frivolità assoluta oppure in un tipo di condotta che è molto più prossima alla patologia maniacale e ipertimica. La festa può, in un momento determinato, venire inquadrata nella psicopatologia, quando perde il suo significato più genuino e viene viziata, convertendosi in una stereotipia in cui l'uomo è incapace di trovarsi con altri uomini e con se stesso; si sommerge nella fantasia dionisiaca del momento, che lo porta a un tipo speciale di contatto umano: un contatto preindividuale e anonimo. Quale deve essere la disposiziole-animica verso la festa? Heidegger parla del Grundbefindkichkeit come una forma di preparare il cuore, la vita affettiva in vista della festa. Ecco perché è importante preparare interiormente la festa,  far sì che la vigilia renda già presente l'avvenimento che si avvicina. La preparazione migliore è anche quella di aver cura che gli sforzi concreti della vita quotidiana non vengano meno bensì che  raggiungano gli scopi previsti, ponendovi tutta l'anima e i cinque sensi. Allo stesso tempo dobbiamo lasciarci pervadere dal sentimento della festa. La vita frettolosa, che non permette alcuna sosta, che non aiuta a conservare la capacità di sorpresa dinnanzi alle cose nuove che si presentano, impedisce che questa fase previa si compia come dovrebbe. E così la festa giunge  all'improvviso, ci prende alla sprovvista, ci pone  un'attività carica di preoccupazioni passate e future; in tali circostanze l'uomo è incapace di godere, di estrarre un frutto positivo. Tuttavia può svagarsi cioè deviare la sua attenzione, eccessivamente colma di contenuti, verso aspetti ed esperienze diversi dagli abituali.
Nelle celebrazioni natalizie la festività ha sfumature proprie, cariche di solennità. In queste ogni gesto ha un tono speciale: più stilizzato, più posato… ogni gesto ha un proprio simbolismo che fa risaltare un aspetto specifico di ciò che si sta celebrando. La festa ha infine una funzione pedagogica. Evitiamo l’isolamento la fuga facile verso i luoghi dove si perde il contatto umano. Non dimentichiamo almeno a Natale che una delle imprese più difficili per  l’uomo è il rapporto sociale: quella relazione di interscambi ideologici ed affettivi che smussano gli spigoli della nostra personalità e al tempo stesso ci mostrano la varietà di opinioni che esistono tra gli uomini di diversa cultura e di diversa provenienza.

 
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Commenti al Post:
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 17:53 via WEB
Scusa CARLO ci sto lavorando....
(Rispondi)
 
monellaccio19
monellaccio19 il 20/12/15 alle 18:17 via WEB
E come non immedesimarsi in questo post analitico e redatto allo scopo di.....comprendere perché ci sia un tempo per tutto? In fondo, anche dal punto di vista strettamente introspettivo con incursioni filosofiche, il tempo, le sue distinzioni e il suo fondamentale impiego, è il nemico/amico dell'uomo: con il tempo l'uomo avverte, volente o nolente, la necessità di misurarsi o confrontarsi. E' qui ahimè, entra in gioco il contesto: nel volgere di poco meno di un secolo (ahia ancora un riferimento al tempo) l'uomo ha dovuto, magari senza accorgersene, cambiare, modificare il suo valore, il suo incedere e quasi a rinnegarlo, le circostanze, i ritmi e i battiti, sono divenuti quasi poco importanti. Non abbiamo più la facoltà di discernere il suo fondamentale e intrinseco valore primario. Siamo passati dalla considerazione profonda all'attenzione velleitaria: c'è qualcosa di più importante oltre al tempo? Eppure qualunque cosa si faccia, il tempo è sempre quello, ma come trascorrerlo e/o impegnarlo, non è da comparare con un recente passato. Lavoro sì, impegno sociale e produttivo pure, sono una necessità specie oggi che non si possono trascurare: "Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi". Quante volte questa esortazione ricorreva tra di noi? L'attenzione quindi, oggi è connotazione che ci va stretta perché dobbiamo produrre e fornire reddito comunque. Allora come fare, dove trovare quello spazio che vorremmo avere per noi e per i nostri cari, per i nostri affetti e per le nostre opportune scelte? Le grandi festività, solo quelle sono rimaste per ricollocarci in un contesto che era fondamentale e corrispondente alle nostre esigenze. Non dimentichiamo che tra Laici e clero, su questo tema v'è un confronto a volte severo per le "imposizioni". Per la Chiesa non si deve lavorare quando è festa, per lo stato economico e sociale, proprio quando arrivano le feste, si deve lavorare di più! Difficile conciliare le due esuberanti necessità! Allora e concludo, siamo stati costretti a rivedere, a distribuire il nostro riposo e la nostra assenza comandata dal lavoro. Chi è capace di farlo con la giusta misura e con le dovute osservanze imposte? Ovviamente, io come altri ragazzi anziani, possiamo vantare una diversa e più pacata scelta per il nostro tempo, ma quanti oggi possono permetterselo dovendo badare alle soggettive e personali necessità riferite al riposo, alla distrazione meritevole dopo una settimana di lavoro? A queste domande l'uomo è chiamato a rispondere proprio in questi contesti che sono sempre gli stessi, da tempo immemorabile. Eppure, siamo in grado se presi da tanti impegni sociali ed economici, a rispondere alle tante chiamate del nostro tempo? Mi hai fatto sudare le proverbiali sette camice per commentare tutta la bellezza di questo post, ma....avendo tempo, l'ho potuto fare! Ti abbraccio monella.
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 18:24 via WEB
"CHAPEAU!" "CHAPEAU!" "CHAPEAU!"
(Rispondi)
 
 
 
monellaccio19
monellaccio19 il 20/12/15 alle 18:28 via WEB
Pur la modista fai?????? Ma quanti mestieri fai oltre alla blogger professionista?
(Rispondi)
 
monellaccio19
monellaccio19 il 20/12/15 alle 18:19 via WEB
...e me lo dici ora????? AhAhAhAhAhAh!!!!!! Visto? Non affibbio mai nomignoli affettuosi a casaccio. Ari...ciao Monellaccia!!! Sette, dico sette, camicie.
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 18:25 via WEB
Eccezionale, bravissimo... che altro devo dire? Sei stato anche più veloce di me che controllavo la punteggiatura...
(Rispondi)
 
 
monellaccio19
monellaccio19 il 20/12/15 alle 18:29 via WEB
Beh, qua potrei trattenerti molto sul "tema", ma non ho tempo e poi dovrei scrivere pagine su pagine. Non è il caso. Sai già troppo di me....questo è il guaio!!!!
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 18:44 via WEB
In tempi non sospetti ti ho chiamato "Maestro di color che sanno..."
(Rispondi)
 
nina.monamour
nina.monamour il 20/12/15 alle 18:58 via WEB
Accipicchia, mi confonde questo tuo post! Spero di aver "recepito bene", dicendo che ci può aiutare, come esercizio di preghiera, il piccolo salmo 123 (A te levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli. Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, così i nostri occhi son rivolti al nostro Dio, finché abbia pietà di noi). L'unica possibilità di trovare riposo anche nel nostro lavoro è appunto questa, che si possano volgere gli occhi al Signore, alle sue mani, solo da esse può venire il rimedio alla vanità di tutte le nostre opere e ai litigi facili che nascono da esse. I tempi precedenti, quelli feriali, quelli del lavoro, la stanchezza che procurano le faccende quotidiane dipende dal fatto che non sono mai finite, sono sospese a un compimento che non arriva mai. Il tempo del lavoro è sempre un tempo sospeso, che non ha la sua ricompensa in se stesso; e soprattutto è sempre un tempo scarso e quindi impone di correre (è facile che noi arriviamo a Natale soprattutto "stanchi" per aver corso troppo). Il tempo del lavoro è scarso perché le nostre mani non possono portare a termine nulla, la pienezza della nostra opera è l'approvazione del Signore; quello che facciamo deve cominciare dall'ascolto e dall'obbedienza. E se il tempo del lavoro diventasse un tempo di attesa? O non dovrebbe proprio essere così il tempo del lavoro? Come suggeriscono efficacemente le parole di esortazione di Gesù alla vigilanza, ossia "Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. L'attesa del padrone non è oziosa, ma attiva e laboriosa; ma il fare di quel servo troverà il suo senso e la sua motivazione dal pensiero del padrone che deve tornare. Ti auguro buona serata.
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 19:24 via WEB
Giusto, brava! Solo che il mio è un discorso, per così dire, totalmente laico. E' chiaro però che l'esperienza del tempo è il tratto più importante nella vita umana. E questo vale per il "tempo del lavoro" e per quello della "festa". Stiamo parlando sia del "tempo fisico" quello che viene misurato dall'orologio, il tempo oggettivo, universale, concreto, inamovibile. Il Krònos dei greci, per intenderci; sia del "tempo emozionale" cioè il tempo patico, vissuto, personale, affettivo, che non dipende dall'esterno bensì dallo stasto d'animo del soggetto.
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 19:26 via WEB
.... quest'ultimo (il tempo emozionale) è come un orologio interiore che batte, informandoci sul corso degli avvenimenti vissuti; è una percezione interiore che ci mostra il volto soggettivo della durata.
(Rispondi)
 
ester.mi00
ester.mi00 il 20/12/15 alle 19:28 via WEB
TEMPO PATICO?
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 19:30 via WEB
Sì, patico, Dal gr. pathikós... O NO ?
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 19:34 via WEB
Il tempo, carissima, suggerisce novità, progetti: possiamo vivere in anticipo e con grande illusione l'avvenire. Simultaneamente il tempo archivia ricordi, accumula frustrazioni, ci fa vedere tutto ciò che abbiamo lasciato che accada e ciò che abbiamo ottenuto.
(Rispondi)
 
camnisi1943
camnisi1943 il 20/12/15 alle 20:19 via WEB
Tutto vero cara e dolce amica Giuliana, lieta serata ed auguri per il Santo Natale, un abbraccio, Camillo. e KLIKKA-mi-
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 20:41 via WEB
MA GRAZIE CAMILLO.-) Un abbraccione!
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 20:46 via WEB
Una immagine bellissima! Vedi CAMILLO viviamo in un'epoca di incessanti cambiamenti (non sempre positivi) e la vita scorre troppo in fretta. Non abbiamo più tempo per niente. Siamo diventati più superficiali : viviamo di topici , di frasi fatte e volgari, di concetti epidermici, di mode, molto di più che in altre epoche.
(Rispondi)
 
maresogno67
maresogno67 il 20/12/15 alle 21:05 via WEB
la festività natalizia sta diventando di una pesantezza bestiale. E' l'orgia del consumo.
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 21:18 via WEB
Esattamewnte! Ho scritto nel post: Percorrendo questo sentiero, a volte molto sdrucciolevole, si può arrivare a una ipertrofia festosa che perde il suo significato e sbocca nella frivolità assoluta oppure in un tipo di condotta che è molto più prossima alla patologia maniacale e ipertimica. La festa può, in un momento determinato, venire inquadrata nella psicopatologia, quando perde il suo significato più genuino e viene viziata, convertendosi in una stereotipia in cui l'uomo è incapace di trovarsi con altri uomini e con se stesso; si sommerge nella fantasia dionisiaca del momento, che lo porta a un tipo speciale di contatto umano: un contatto preindividuale e anonimo.
(Rispondi)
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 21:19 via WEB
E di seguito: Nelle celebrazioni natalizie la festività ha sfumature proprie, cariche di solennità. In queste ogni gesto ha un tono speciale: più stilizzato, più posato… ogni gesto ha un proprio simbolismo che fa risaltare un aspetto specifico di ciò che si sta celebrando. La festa ha infine una funzione pedagogica. Evitiamo l’isolamento la fuga facile verso i luoghi dove si perde il contatto umano. Non dimentichiamo almeno a Natale che una delle imprese più difficili per l’uomo è il rapporto sociale: quella relazione di interscambi ideologici ed affettivi che smussano gli spigoli della nostra personalità e al tempo stesso ci mostrano la varietà di opinioni che esistono tra gli uomini di diversa cultura e di diversa provenienza.
(Rispondi)
 
ester.mi00
ester.mi00 il 20/12/15 alle 21:10 via WEB
Sono perfettamente d'accordo: la vita dell'uomo non può essere vuta. E direi di più; lo scopo della vita umana è la felicità lo predicano Papa Francesco da un lato e Obama con gli altri "grandi" della terra dall'altro!
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 21:40 via WEB
Proprio così. La vita dell'uomo non è vuota anche se spesso è percepita come tale specialmente durante le festività
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 21:41 via WEB
..l'incipit del post è chiaro: Il tema, il significato e la funzione della festa ci presentano la complessità dei fenomeni di cui è fatta la realtà umana. Tutti abbiamo l'esperienza del beneficio che la nostra esistenza trae da quella sosta, da quell'espansione del proprio essere che significa festeggiare qualche avvenimento. Sappiamo che dal punto di vista psicologico vi è un modo interiore di vivere il tempo, sappiamo che la nostra esperienza della temporalità è doppia: da una parte troviamo il tempo oggettivo o cronologico, misurato dall'orologio, che ha un carattere universale: è così e non lo possiamo alterare. Dall'altra, il tempo patico o interiore che è il modo intimo di vivere il fluire dei fatti che avvengono nel trascorso della nostra vita. Nella festa il tempo interiore è direttamente collegato con l'allegria, qualità emozionale che colma il soggetto in quei momenti: il tempo vola, come diciamo nel linguaggio comune, il tempo ha un ritmo vertiginoso, è una sequenza di piccoli “ora” che ci allacciano al futuro. La meta di questa velocità temporale è intrisa di avvenire. Ciò che ci lega all'avvenire è sempre la speranza; ecco perché l'allegria ci lascia intravvedere un futuro che recepiamo pieno di speranze, capace di trasformarci positivamente e che ci permette di scoprire nuovi oceani le cui acque ci offrono una trasparenza nuova. Questa non è altro che una percezione interiore che ha alla base una struttura ontologica. Il tempo interiore ci rivela l'altro volto della vita.
(Rispondi)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Jarvis il 20/12/15 alle 21:59 via WEB
LE FESTIVITA' SONO OSCURATE DALLA CRISI. (La parola crisi deriva dal greco krisis che significa decisione e da krino che vuol dire: io decido, separo, giudico; l'espressione latina proviene da crisis: muta- zione, cambiamento. Vediamo la somiglianza fra le due etimologie. Il termine crisi è molto diffuso nel linguaggio at- tuale comune. Trattando qualsiasi tema o argomento è difficile che non si usi questa parola. È molto usata e se ne abusa. È, dunque, importante impiegarla ade- guatamente e sapere con precisione il suo significato e le questioni cui fa riferimento).
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 22:12 via WEB
Domanda complessa richiede risposta complessa ma io cercherò di essere molto diretta e semplice. Inizio con il dire che condivido in tutto quello che tu dici. Premesso questo cerco di spiegare che cosa significhi dal punto di vista psicologico una crisi, trovarsi in un momento critico, attraversare una crisi. Per tale motivo non mi occuperò delle grandi crisi collettive, benché il loro collegamento con le crisi individuali sia fuori discussione. Penetrerò (ma non questa sera) nel significato psicologico di ogni crisi umana osservando nell'intimità per tentare di fare la descrizione dell'uomo nel corso della medesima. Innanzitutto ci domandiamo: Cosa significa star attraversando una crisi? Quali sono le sue caratteristiche? In che cosa consiste? Qual è il suo influsso nello sviluppo biografico? Per rispondere a questi interrogativi è necessario come primo passo situare e delimitare le dimensioni della vita umana, cioè domandarsi quali siano le coordinate essenziaii per il suo sviluppo.
(Rispondi)
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 22:20 via WEB
........ I cardini di tutto questo, a mio parere, sono quattro: l'amore, il lavoro, la cultura e l’aver trovato la propria personalità. Questi quattro fattori costituiscono una sintesi nella cui trama i'uomo si costruisce e si distrugge. Il tessuto che essi formano unifica la vita dell'essere umano.
(Rispondi)
 
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 22:22 via WEB
Ogni crisi implica un cambiamento. Quando questo inizia, il sistema che ci sostiene, cioè l'architettura formata dalle quattro colonne suddette, non è più solido. Nella sua struttura si aprono delle fessure e questa comincia a sgretolarsi. Inizia il cambiamento. P. S. Le transizioni si realizzano grazie alle crisi che costituiscono i ponti che permettono di passare da un periodo all’altro. Qualcosa di simile accade nell'interiorità dell'uomo. Ogni crisi umana è una specie di malattia con la sua etiologia, i suoi sintomi, una diagnosi precisa e una terapia . La crisi indica che l'uomo è in una situazione personale difficile che richiede un giudizio e una decisione.
(Rispondi)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Carla il 20/12/15 alle 22:04 via WEB
L'uomo come problema
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 22:39 via WEB
Esattamente. Hai operato una ottima sintesi: L'UOMO COME PROBLEMA perchè travolto da crisi alle quali si attribuisce, di solito, una connotazione negativa e ciò non è corretto poiché le crisi possono avere conseguenze molto positive!
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 22:40 via WEB
.... un altro stereotipo molto comune vuole sottolineare che la donna è specialmente sensibile alle frustrazioni affettive e l'uomo lo è a quelle professionali. Non c’è chi non veda che tale affermazione è falsa e frutto di pregiudizi
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 20/12/15 alle 22:44 via WEB
Infine troviamo la "crisi della personalità" che, con frequenza, consiste nel non trovare se stessi, nell'aver perso l'equilibrio psicologico e quindi nel non essere più padroni e signori di sé, vivendo sottomessi a degli andirivieni che ci sballottano da un lato all'altro. Si vive un'esperienza di insicurezza e di instabilità, tanto con se stessi quanto con gli altri. (Questo potrebbe essere il quadro descrittivo delle crisi, benché evidentemente le loro manifestazioni possono essere molteplici e difficili da racchiudere in uno schema così ristretto).
(Rispondi)
 
diogene51
diogene51 il 21/12/15 alle 00:07 via WEB
Che dotta conversazione! Mi sento un poco a disagio a commentare... L'uomo ha bisogno di scandire il tempo, forse anche per farlo sembrare più lungo o forse perché ha bisogno di punti di riferimento. L'uomo ha anche bisogno del lavoro se non altro per sentirsi utile a qualcosa e il lavoro è, per chi lo ama, anche il miglior passatempo. Se c'è bisogno anche di un po' di relax, non so se c'è un vero bisogno della festa. La festa può essere anch'essa una cosa creativa (per esempio consentendo di allacciare o riallacciare rapporti interpersonali) ma ha in sé il pericolo di scadere nel Paese dei balocchi, cosa che abbiamo in questi giorni davanti agli occhi. Poi anche un viaggetto in questo paese fa bene, ma solo in minima quantità. Quanto a me: in questa settimana sono in ferie, ma non sarei meno felice (e forse di più) se andassi al lavoro, salvo magari i tre giorni di festa... Buona serata, Giuliana! ovvero buona notte!
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 21/12/15 alle 02:11 via WEB
Bravissimo, hai perfettamente ragione. La vita umana ha una trama. La vita è progetto. Ogni progetto è un anticipo del futuro. Quindi ogni traiettoria è rivelatrice e tutte, a mio parere, devono essere intessute con i tre elementi base : l'amore, il lavoro e la cultura. Direi una volta ancora: l'amore e il lavoro rendono felice l'uomo; la cultura si trova in un terreno un po' più distante.
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 21/12/15 alle 02:17 via WEB
Ma spesso il paesaggio interiore è sconvolto dalle CRISI...
(Rispondi)
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 21/12/15 alle 02:19 via WEB
Poiché ogni crisi umana è in essenza una crisi di convinzioni, si articola soprattutto in due direzioni: l'affettiva e l'intellettiva. La prima (quella affettiva) si compone di una sequenza di sentimenti che si trovano nella linea dell'inquietudine, dell' irrequietezza, dell' incertezza, dell' instabilità, del disorientamento, della mancanza di un appoggio saldo... Tutto sbocca nell'ansietà e nel vuoto e la vita ha un sapore amaro. La seconda ( quella intellettiva) ci mostra che le idee e le convinzioni perdono la loro consistenza granitica e si dissolvono in modo spesso impercettibile; i ragionamenti e gli argomenti di prima non servono più e quindi la nostra vita è ora priva di orientamento e non è più progetto e avvenire ....
(Rispondi)
 
boscia.mara
boscia.mara il 21/12/15 alle 08:09 via WEB
Un post pieno di concetti, tutti importanti e profondi, che, credo, rileggerò più volte.
(Rispondi)
 
boscia.mara
boscia.mara il 21/12/15 alle 08:13 via WEB
<<Nella festa il tempo è una sequenza di piccoli “ora”.>> Semplicemente grandiosa.
(Rispondi)
 
boscia.mara
boscia.mara il 21/12/15 alle 08:16 via WEB
Prendo un altro spunto di riflessione che offri per chiederti:"Ma come hai fatto a indovinare ciò che ho detto l'altro giorno ad una mia collega?" Hai scritto: <<Non dimentichiamo che il lavoro può essere preso come un rifugio e che, quando questo atteggiamento diventa eccessivo, il soggetto si converte in nevrotico e la sua attività professionale, proprio perché è smisurata, lo aiuta a sfuggire dalle altre imprese che dovrebbe affrontare.>> Infatti l'altro giorno riflettevo su questo. Spesso mi chiedo come facciano certe persone a pensare continuamente al lavoro, senza mai staccare la spina, nemmeno di notte, quando mi costringono a spegnere le notifiche del cellulare? Io se non stacco, impazzisco. Loro, come fanno?
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boscia.mara
boscia.mara il 21/12/15 alle 08:18 via WEB
E' un post davvero ricco e denso che passerò a rileggere più tardi, quando torno. Ora scappo ma prima ti abbraccio forte.
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Crowuglybad
Crowuglybad il 21/12/15 alle 09:32 via WEB
Cerca qualcuno di cui parlar male?.. Cerca un colpevole?.. È l'educazione__Il paradiso.... La colpa... Sempre liete le sue visite__Buona giornata__
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boscia.mara
boscia.mara il 21/12/15 alle 14:56 via WEB
Giuliana, posso ribloggarti?
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