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Post n°8873 pubblicato il 13 Dicembre 2016 da psicologiaforense
Se ne è parlato al Science Forum South Africa 2016, l'appuntamento annuale in Sudafrica per capire come l'avanzamento scientifico e la tecnologia possano contribuire a risolvere i problemi del continente nel campo della salute, della nutrizione e dell'energia. L' AFRICA è il continente con il tasso più alto di crescita della popolazione (200 milioni di persone 30 anni fa, 520 milioni oggi, 1 miliardo e 300 milioni nei prossimi 25 anni), ma anche il continente in cui più di un terzo degli individui soffre di malnutrizione, quello dove il 60 per cento degli abitanti nelle zone rurali sopravvive con 1 dollaro al giorno mentre quelli che affollano le città spendono l'80 per cento del proprio reddito per il cibo, lasciando quasi nulla per salute e educazione. È anche il continente dove 100 bambini ogni mille continuano a morire nell'infanzia, contro meno di 8 su mille qui da noi. Con degli aspetti anche paradossali: mentre 32 dei 48 Paesi più poveri al mondo sono localizzati nell'Africa sub-sahariana, proprio nelle grandi metropoli di questi paesi risiedono l'80 per cento delle persone con malattie cardiovascolari e metaboliche, sostenute dall'eccesso di cattiva nutrizione: si muore di fame nelle campagne e di troppo cibo malsano nelle città. Il leitmotiv ricorrente è stato quello del capacity building: non ci sarà progresso in Africa esportando dai paesi industrializzati prodotti costruiti all'estero, ma soltanto se le soluzioni saranno generate direttamente in Africa da attori africani. Questo significa far crescere il livello educativo delle università e dei centri di ricerca africani, promuovere la coltura dell'innovazione e delle protezione intellettuale delle scoperte e dei prodotti, rendere disponibili finanziamenti adeguati per promuovere la piccola impresa nel continente. Non ci sarà crescita economica in Africa senza crescita culturale dei giovani africani. E sostenere questo processo dovrebbe essere anche l'obiettivo utilitaristico dell'Europa per frenare la migrazione economica: molto più difficile ad attuarsi ma anche molto più efficace che costruire muri e barriere di filo spinato.
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