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Post n°487 pubblicato il 08 Gennaio 2008 da psicologiaforense
La medicina penitenziaria Il decreto disporrà le vere novità, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza. La prima: il trasferimento al servizio sanitario nazionale di tutte le funzioni sanitarie svolte finora dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e da quello della giustizia minorile di Largo Arenula. Il Dpc dovrà poi fissare le modalità e le procedure per il passaggio dei rapporti di lavoro in essere. Ma anche - cruciale per il reale decollo della riforma - il trasferimento al fondo sanitario regionale delle risorse, valutate in 157,8 milioni di euro per il 2008 (10 milioni a carico della Salute, il resto della Giustizia), a 162,8 milioni per il 2009 (15 milioni dalla Salute) e 167,8 milioni (20 milioni dalla Salute) a decorrere dal 2010. Finanziamenti che dovranno poi essere ripartiti tra le Regioni, secondo criteri appositamente delineati. Contestualmente il provvedimento dovrà regolare il transito delle attrezzature mediche, degli arredi e dei beni strumentali sanitari di proprietà del Dap. Un trasloco in piena regola, salutato con soddisfazione dai medici che lavorano in carcere. «Vogliamo però una riforma vera», commenta la Società italiana di sanità e medicina penitenziaria (Simspe). «Non ci sono altre possibilità per dare dentro le mura delle carceri un'assistenza paritaria a quella di tutti i cittadini». Questa, in fondo, era la ratio del riordino varato nel 1999: assicurare ai 50mila detenuti rinchiusi nelle carceri italiane (saliti di nuovo a livelli di guardia, dopo la brevissima boccata d'ossigeno dell'indulto) lo stesso diritto alla salute dei cittadini liberi. Anche perchè gli istituti di pena - dove i tossicodipendenti sono il 30%, i malati di epatite il 25% e i malati psichici il 43% - sono una "porta girevole" in cui si resta in media per 120 giorni. Chi esce fa spesso perdere le proprie tracce, interrompendo le cure. E mettendo a repentaglio la salute di tutti.
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