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Post n°2648 pubblicato il 06 Agosto 2009 da psicologiaforense
LA RIFLESSIONE IL PADRE ONNIPOTENTE... FA FINIRE IL FIGLIO IN CROCE Ci sono uomini che si sono «fatti da soli», diventando potenti. Anzi, potentissimi. Ci sono «self-made men» così speciali da aver saputo creare fortune immense da niente. Uomini considerati forti, dominanti, eccezionali. Per i figli (maschi e femmine!) di questi uomini, la vita è assai dura. Oserei dire, durissima! I maschi, soprattutto, debbono, per crescere, confrontarsi con la forza, la potenza, il successo dei loro padri. E, assai raramente, riescono a competere, a misurarsi e/o emulare un padre così potente (se non, addirittura, a superarlo). Più spesso, invece, non solo quei figli non sono in grado di imitare un padre così fatto, ma neppure vogliono. Il peso di una figura genitoriale così forte, così invadente, è tale da spingerli nella direzione opposta. Per non essere schiacciati, per esistere autonomamente, essi si ritirano. Scelgono forme di realizzazione del tutto diverse da quelle adottate dal padre. E se c'è, anche in loro, il desiderio di primeggiare, lo orientano, magari, verso forme artistiche o speculative o che nulla hanno a che fare, comunque, con i settori d'intervento nei quali il padre potente si è realizzato. Così, ci sono figli «di tanto padre» che scelgono di realizzarsi e affermarsi personalmente «altrove», lontano da ogni tutela, protezione, spinta paterna. Ci sono, poi, quelli che si astengono da ogni competizione col padre dominante, per rimanere «bloccati» in una sorta di attesa, di «sospensione». E, infine, ci sono quelli che si attrezzano a diventare «i pinocchi» della situazione. Si danno a guastare quel che la potenza realizzativa del padre ha creato anche per loro. Fanno male e si fanno del male. Mettono, nella distruzione, lo stesso impegno che il padre ha profuso per costruire potenza e accumulare ricchezza. In tal modo, il loro complesso di inferiorità nei confronti della personalità paterna, la loro rabbia inespressa nei confronti di un padre troppo dominante, può emergere in tutta la sua potenza. Quei figli, allora, diventano «potenti re delle macerie», così come i loro padri furono «potenti re delle costruzioni». Che fare, per fermare la rabbia distruttiva di questi figli decisi a tutto distruggere pur di attirare, su se stessi, un po' di attenzione? «Addomesticare», ovvero rieducare sentimentalmente e legalmente queste persone a un corretto rapporto con il potere. Fare in modo che si misurino con i rigori della legge. | | | |
Commenti al Post:
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bibiosa il 06/08/09 alle 19:21 via WEB
bel titolo, indovinatissimo e non privo di humor
(Rispondi)
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servoarbitrio il 06/08/09 alle 19:23 via WEB
Se lo scorrere della vita e l'evolversi della relazione con i figli comportano difficoltà, ansie, incertezza e smarrimento, è proprio in questi momenti che la psicologia può aiutare i genitori ad affrontare e risolvere i problemi in modo positivo.
(Rispondi)
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PreludioDiNote il 06/08/09 alle 21:17 via WEB
Quando ho letto questo post ho subito pensato agli animali, alla società messa come essere predominanti e dominanti. Se queste cose sono vere è veramente un peccato che i figli gettino così i padri, che pur potenti e predominanti o dominanti c’è sempre qualche cosa da imparare. Il potere va sempre gestito, che sia poco o molto va sempre gestito in ogni caso. Se il padre è una figura predominante allora è finita veramente, schiaccerà i figli e le figlie e non le farà crescere, il dominio e il predominio non è certo essere padri o la figura paterna che è ben altra storia, il potere non educa, il potere non insegna, il potere non vuole bene ecc… ecc… il potere va gestito e sono gli scopi che contano insieme al rispetto di tutti e ovviamente una buona dose di onestà. Nelle relazioni private, specialmente la persona più potente dovrebbe avere l’umiltà di mostrarsi padre e non la potenza.
(Rispondi)
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AngeloQuaranta il 07/08/09 alle 09:04 via WEB
Davvero interessante ... una riflessione su un tema delicato, il conflitto generazionale. Tutti ci sono passati ... Grazie
(Rispondi)
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