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Post n°2808 pubblicato il 07 Settembre 2009 da psicologiaforense
RIFLESSIONE GIOVANI VIOLENTI E CATTIVI: YouTube, il contrappasso socio-culturale dell'era di internet Oggi, buona parte della vita sociale, culturale ed economica degli adulti ruota attorno a un simulacro della giovinezza, pencolando tra idolatria e mercificazione. I corpi degli adolescenti sono al centro di un vero e proprio culto sociale e lo scatenamento della libido sessuale, tipico della pubertà, è incitato più che inibito dalla cultura dominante. Insomma, il nostro mondo è il loro mondo e loro ne fanno quello che vogliono. I quattordicenni che, in gruppo, si approfittano sessualmente di una loro insegnante, presumibilmente disturbata, in un bagno di una scuola dell'hinterland milanese come se fossero in un film porno, sembrano quasi eseguire un mandato collettivo. Sono la spia patologica di una normalità abnorme. In secondo luogo, la loro sfrenatezza manifesta l'assenza del grande inibitore: il senso della morte. I nostri ragazzi sono i figli di una cultura che ha sottoposto a violenta rimozione il senso del tragico. La nostra cultura. Sono crudeli perchè noi non gli abbiamo insegnato la morte e la sofferenza. La nostra morte. Morte e sofferenza non sono affatto un dato naturale, come credono gli sciocchi, ma un'esperienza costruita culturalmente. La crudeltà degli adolescenti è un difetto di immaginazione, è l'aberrazione del grande tema sacrificale: quando vedono qualcuno morire o soffrire, non pensano più «quello muore o soffre al posto mio», ma «quello muore o soffre e io no». L'aspetto agghiacciante della violenza, degli episodi di stupro o di sevizie non sta solo nel fatto che degli adolescenti abbiano violentato una coetanea o un loro compagno, ma che lo abbiano fatto per filmarlo. Hanno perpetrato e vissuto un gesto efferato come uno pseudo-evento, un accadimento creato appositamente per i media. Erano già gli spettatori di loro stessi mentre compivano il male. Questo il risultato della canonizzazione della posizione del telespettatore attuata dalla società dello spettacolo: si impara a rimanere impassibili e indifferenti dinanzi al dolore degli altri. Caso mai, intrattenuti e divertiti. Noi adulti, d'altronde, li abbiamo educati a rimanere spettatori dinanzi a guerre “televisive” che provocano centinaia di migliaia di morti. Questo il mondo che abbiamo lasciato in eredità ai nostri ragazzi. Un mondo senza di noi. In questo mondo, infatti, gli «altri» non esistono se non come immagini in un video, simulacri e strumenti del nostro piacere di guardare. E noi adulti, è bene non dimenticarlo, siamo gli «altri» sugli schermi delle vite dei nostri figli.
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