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« LA FOTO DEL GIORNOOMOSESSUALITA' »

SENTENZA DI CASSAZIONE, DIRITTO, GIUSTIZIA, RAPPORTI TRA DOCENTI, "ROMPISCATOLE"

Post n°3427 pubblicato il 26 Dicembre 2009 da psicologiaforense

Cassazione: la prof può dire «rompiscatole» a una collega

Non è offensiva la frase «siete venuti a rompere le scatole» rivolta da una professoressa a una collega, alla presenza di tutti gli alunni, durante l'orario di lezione. Lo sottolinea la Cassazione che ha confermato l'assoluzione dal reato di ingiuria nei confronti di Rosa M., una “prof” cinquantenne romana che aveva così accolto – in classe, durante l'avvicendamento degli orari di cattedra – l'arrivo della collega Carla B. seguita da alcuni allievi. Sottolinea la Suprema Corte – con la sentenza 39454 della Quinta sezione penale – che l'espressione «non rompetemi le scatole», anche avuto riguardo alla «coscienza sociale» di un contesto scolastico, «non possiede alcuna carica offensiva». In particolare gli “ermellini” hanno pienamente convalidato il verdetto assolutorio emesso dalla Corte di Appello di Roma – il 24 giugno del 2004 – rilevando che, correttamente, i giudici di merito avevano affermato che «l'espressione incriminata, oramai di uso comune, è sprovvista di radici etimologiche e, banalizzata, è impoverita di significati lesivi della dignità morale o sociale degli individui». Né vale a caricarla «di una pregnanza semantica lesiva» il «settore della vita sociale in cui era stata pronunciata, quello di una scuola». Ad avviso della corte di appello la frase «si inseriva in uno scambio verbale tra professoresse, colleghe di lavoro, il cui livello culturale era da ritenere apprezzabilmente maturo da discernere la scarsa forza illocutoria delle parole pronunciate». In primo grado, invece, Rosa M. era stata condannata a 200 euro di multa e a risarcire i danni patiti da Carla B. per essere stata apostrofata come “rompiscatole” proprio a scuola. Adesso la vicenda si è definitivamente conclusa: la Cassazione ha, infatti, respinto il ricorso di Carla contro l'assoluzione della collega e la ha anche condannata al risarcimento delle spese di giustizia.

 
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Commenti al Post:
primodisette
primodisette il 26/12/09 alle 16:42 via WEB
E si perdono in cazzate simili, spendendo i soldi di noi contribuenti anziche' rimediare alla mancanza totale di rispetto per le regole nella scuola e alla disciplina di studenti e professori? BOH! Con teppismo, alunni che accoltellano docenti, maestri violenti ecc. non so che dire! Kiss, Renato.
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 26/12/09 alle 19:24 via WEB
Per farsi rispettare bisogna essere degni di rispetto... e molti docenti non lo sono. In sommatoria negativa, parlando di giustizia, bisogna dire che ci sono milioni di cause come questa dette "bagatellari", fortunatamente la maggior parte non arriva in cassazione.
(Rispondi)
 
elvia4
elvia4 il 26/12/09 alle 21:00 via WEB
CARO PRIMO, la cassazione ha stabilito pèroprio in questi ultimi giorni che "CAZZATE" si può dire....
(Rispondi)
 
elvia4
elvia4 il 26/12/09 alle 21:00 via WEB
La Cassazione da il via libera all'espressione 'cazzate'. Un termine che nel linguaggio comune viene utilizzato per definire cose di poco conto. Secondo la Corte anche se il termine può risultare volgare, di certo non sempre può avere una carica offensiva tale da poter ledere l'onore di una persona . Sulla scorta di tale motivazione la seconda sezione penale (sentenza n. 49423/2009) ha confermato l'assoluzione di un 31enne accusato di ingiuria per aver detto durante un'animata riunione condominiale, facendo unchiaro riferimento ad uno dei condomini, "Papa', andiamo via, abbiamo cose piu' importanti da fare che ascoltare le sue cazzate". La lite era nata perchè l'assemblea aveva vietato il posteggio delle auto nel cortile e la delibera era successivamente annullata. Durante la discussione un condomino aveva anche accusato il 31enne di aver danneggiato una autovettura. A quel punto il giovane, sentendosi ingiustamente accusato, si era rivolto a suo padre per invitarlo ad andare via e a non stare li a sentire quelle 'cazzate'. IL caso finiva in Tribunale e in primo grado il 31enne veniva condannato. La sentenza veniva ribaltata in appello e l'assoluzione è stata ora confermata dalla Suprema Corte.
(Rispondi)
 
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