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« ATTUALITA', CRONACA, RA...LA RIFLESSIONE DELLA NOT... »

LA SENTENZA, FIGLI MANTENUTI "A VITA", ANCORA UNA VOLTA PADRE CONDANNATO A MANTENERE IL FIGLIO ADULTO,

Post n°3597 pubblicato il 25 Gennaio 2010 da psicologiaforense

UN ALTRO PADRE CONDANNATO A MANTENERE FIGLIO BAMBOCCIONE

Il Tribunale di Roma ha confermato l'obbligo di mantenimento di un padre nei confronti del figlio 36enne, sulla base del principio che non esiste nessun limite legale di età per il mantenimento del genitore nei confronti del figlio maggiorenne, soprattutto quando, come nel caso di specie, quest'ultimo si è attivato per trovare lavoro ma non vi è riuscito per cause allo stesso non imputabili.

 
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Commenti al Post:
luigiarusso
luigiarusso il 25/01/10 alle 22:11 via WEB
La carriera del ministro del Tesoro Padoa-Schioppa sbatte' sul termine BAMBOCCIONI. Quella dell'attuale ministro Brunetta rischia di sbattere su fannulloni. Curioso parallelismo, in cui - con tutte le differenze, e a dispetto di ogni magnifica intenzione dei due - si misura il paradosso di come alla fine nella vita pubblica splendidi curricula possano essere messi in ginocchio da un dettaglio. Specie se questi dettagli sono efficaci: BAMBOCCIONI infatti ha perfettamente definito lo spirito di una generazione, cosi' come fannulloni ha perfettamente colto una malattia italiana. Questa osservazione porterebbe a parlare dei media e del loro potere. Ma in questi incidenti (volontari o no che siano) viene svelata una storia infinitamente piu' affascinante: quella di quanto complesso sia, in Italia, l'inserimento di outsider nella grande scena politica. Sono certa che anche solo evocare questa lontana somiglianza fra i due personaggi nominati puo' scontentare molti, e sono ancora piu' certa che gli stessi due chiamati in causa non saranno contenti della compagnia in cui li si mette. Padoa-Schioppa e Brunetta non potrebbero infatti essere piu' distanti per modi di essere, pensare, parlare; per scopi, abitudini e vezzi. Su un solo terreno si muovono all'unisono: sulla scena politica entrambi sono spericolatamente coerenti nel dire quello che pensano. Il primo, Tommaso Padoa-Schioppa con la lenta e distante parlata del professore, il secondo con l'irruente e costante fiume di parole di un uomo che vuole lasciare il segno. Eppure sono entrambi scopertamente sinceri. Nessuno dei due, una volta inciampato sulla propria formula, vi si e' mai sottratto, rivendicandola, ripetendola, espandendone il significato nei luoghi e nel tempo. Entrambi in qualche modo sorpresi e scandalizzati a loro volta della sorpresa e dello scandalo altrui. La peculiarita' di questi incidenti di percorso impartisce sicuramente una lezione. Se si va a guardare nel passato dei due personaggi, vi si trova una caratteristica comune: provengono dal mondo degli «esperti», cioe' dal mondo delle accademie, dei consiglieri. Con diversi titoli, certo, e diverse distanze. Padoa-Schioppa la politica non l'ha mai direttamente frequentata e i suoi incarichi sono sempre stati superistituzionali. Brunetta invece in politica circola da parecchio, ma anche lui vi e' sempre vissuto soprattutto come consigliere, economista, esperto appunto. Non possiamo cosi' considerare un caso se l'inciampo arriva quando entrambi si trovano nello stesso passaggio. Buttati nell'arena della politica pura, la funzionalita' dei due tecnici si ingrippa. Eppure, nulla cambia nel loro approccio, fra il prima e il dopo. Arrivano ai ministeri con le loro carte, i loro studi, i dati statistici e le curve di andamento. Fanno proposte sulla base di grafici e previsioni credibili. Sviscerano con sistematicita' il corpo della nazione, ne mettono a nudo la struttura, e vanno all'essenziale. Fanno esattamente quello che la politica li ha chiamati a fare. Padoa-Schioppa dice che le tasse sono «bellissime», dopo aver parlato di BAMBOCCIONI. Brunetta aggiunge la parola tornelli (che evoca macchine da tortura all'orecchio di chi non sa) a quella di fannulloni. E' un nuovo linguaggio, immaginifico, efficace, che arriva a tutti. Perche' allora queste definizioni suscitano enormi tempeste?
(Rispondi)
 
 
deontologiaetica
deontologiaetica il 25/01/10 alle 22:18 via WEB
hai fatto bene a ricordare con precisione i precedenti "storici" su cui si è incistata l'odierna discussione.
(Rispondi)
 
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 25/01/10 alle 22:26 via WEB
sintesi esemplare
(Rispondi)
 
 
emma.61
emma.61 il 25/01/10 alle 22:34 via WEB
avrei bisogno di dissipare dei dubbi in ordine ad una disciplina civilistica che sinceramente mi sfugge e che riguarda l'assistenza dei figli verso i genitori. A me interesserebbe sapere con assoluta certezza se esistono delle norme che possano porre a carico di ogni figlio, verso il quale il genitore abbia adempiuto ai propri doveri, l'obbligo di sostegno morale ed affettivo oltre che economico verso il genitore al fine di valorizzare, anche giuridicamente, il rapporto umano-affettivo tra genitori e figli ed evitare casi di abbandono psicologico degli anziani. Purtroppo da quando è morto mio padre, mia madre ha sempre vissuto da sola nella sua casa in Puglia, siamo 2 figli maschi ed entrambi viviamo nel nord. Mia madre 81 anni ha una forma di demenza di natura vascolare progressiva in uno stato medio-grave, cammina male nonostante la protesi al ginocchio e oramai gli episodi di cadute o di non sapere più cosa fa e dove si trova sono diventati frequenti. La sua pensione è di 680 euro al mese che bastano abbondantemente per vivere.. Ho prospettato a mio fratello ad assumere una badante dividendo quindi il costo fra noi . Lui mi fa sapere che è impossibilitato ad assumersi questa spesa mensile ma mi propone di portarla a casa con noi spostandola ogni mese tra le due città del Nord. Poiché mi è sembrato poco praticabile ho proposto di lasciare ns. madre a casa sua con la badante nei sei mesi estivi assumendomi il costo totale della badante e per i sei mesi invernali ho proposto che li trascorra pure a casa sua. E’ stato chiaramente un no senza motivazioni e mi sembra che lui non voglia ne tenerla ne aiutarmi economicamente. Questo è stato motivo di scontro. So che lui possiede case e terreni anche se dice di avere molti debiti per una cattiva gestione dei suoi risparmi dilapidati al gioco d’azzardo. Esiste un obbligo giuridico di assistenza morale ed economica? È possibile diffidare il fratello ad ottemperare a questo obbligo? Come devo fare ? Spero che lei possa darmi un'indicazione legislativa che mi faccia almeno intravedere la possibilità di uscire indenne da questa situazione. COSI' MI HANNO CHIESTO, SAPETE BRISPONDERE?
(Rispondi)
 
luigiarusso
luigiarusso il 25/01/10 alle 22:13 via WEB
L’obbligo di mantenimento non cessa con la maggiore età, ma quando il figlio sia in grado di provvedere a se stesso
(Rispondi)
 
 
deontologiaetica
deontologiaetica il 25/01/10 alle 22:19 via WEB
è questa una norma per così dire "REVERSIBILE" anche i figli hanno l'obbligo di mantenere i genitori anziani
(Rispondi)
 
 
 
emma.61
emma.61 il 25/01/10 alle 22:35 via WEB
ecco, appunto
(Rispondi)
 
luigiarusso
luigiarusso il 25/01/10 alle 22:14 via WEB
SEGUE DAL PRIMO COMMENTO: Non si tratta di errori di comunicazione, come dicono gli esperti di media: al contrario siamo di fronte a due strepitosi esempi di comunicazione politica, come prova il fatto che sia BAMBOCCIONI che fannulloni raggiungono la stampa internazionale (rispettivamente sul Times di Londra e sul New York Times) diventando una lampante sintesi, finalmente traducibile presso gli stranieri, del nostro dibattito politico. Ne e' una spiegazione la loro durezza. Entrambe suscitano una quota di forte dissenso, per la radicalita' della proposta che trasmettono. Ma proprio in questa legislatura abbiamo un esempio di proposte radicali di non minore durezza che pure non suscitano scandalo: il ministro Tremonti, ad esempio, ha riscritto il credo sociale del suo partito, ha rivisitato Marx e ha abiurato al liberismo sfrenato, mietendo, al contrario, lodi per la sua immaginazione e per la sua profondita'. Se scartiamo la battaglia politica e l'errore di comunicazione, allora, cosa ci rimane come spiegazione per gli inciampi pubblici di alcuni ministri? La spiegazione - ecco la piccola morale di questi aneddoti - e' probabilmente nell'asciuttezza del linguaggio non politico. I tecnici che usano le curve e i dati per leggere la realta' spesso non li sanno definire, non hanno aggettivi per farli lievitare in progetto, sicuramente non ne vedono la traduzione a pelle scoperta, che e' quella dell'elettore. La politica, alla fin fine, rimane l'arte del consenso, del palpito, di un'aspirazione o, se volete, oggi che siamo in epoca obamiana, del sogno. Ed e' cosi' che molto spesso, nella storia del nostro Paese, ma non solo, alcuni dei migliori uomini chiamati a governare da fuori della politica non hanno avuto grande successo: amati, riveriti e detestati; divenuti a volte, nell'infinita tela che e' la politica, piu' uno strappo che un ago. Messi cosi' alla porta - sia pur con tutti gli onori - piu' dagli amici che dai nemici. Una lezione che, fra gli altri, ha subito e ha ampiamente meditato e fatto fruttare il ministro Tremonti. E che oggi non e' detto che non dovra' subire lo stesso Brunetta.
(Rispondi)
 
 
deontologiaetica
deontologiaetica il 25/01/10 alle 22:20 via WEB
analisi acuta
(Rispondi)
 
luigiarusso
luigiarusso il 25/01/10 alle 22:16 via WEB
Premesso che i figli non hanno il diritto di vivere per sempre a casa dei genitori, i genitori pero' devono dare tutti gli strumenti ai figli per uscire. Si chiama educazione, obbligo di educare. Ovviamente per educare ci vuole uno che educhi e uno che venga educato. Se le due cose non funzionano, si arriva alle mani e non deve succedere. Cosa puo' fare la giustizia ? Tanto, e tanto poco. Da una parte c'e' la volontaria giurisdizione, un ufficio poco utilizzato dove si puo' andare per chiedere al giudice di convocare le parti e risolvere problemi familiari. Fortunatamente e' poco usato in questo senso, per ovvie ragioni, meglio che ognuno trovi una soluzione. Premesso che non e' un diritto essere mantenuti e non lavorare, come anche lavorare ed essere mantenuti da altri, anche i figli invece hanno il dovere di mantenere i genitori, a seconda dei casi. Ecco che i figli che guadagnano soldi devono darne una parte ai genitori. Che li usino per metterli da parte o per gestire la cose di casa dipende da mille situazioni. Una cosa e' certa: il figlio che esce di casa non ha diritto a soldi. E' una richiesta che sento sempre piu' di frequente e mi fa incavolare. L'equilibrio in casa e' un dovere, ed e' anche in funzione delle responsabilità che ognuno si sa prendere. Se mancano tutte queste capacità in modo sistematico non esiterei a chiedere l'amministrazinoe di sostegno per i figli, per impedire loro di incassare soldi e di spenderne piu' di quanto il tribunale li autorizza. Se invece il figlio semplicemente non vuole lavorare puo' magari volere studiare. Che studi. Scrivetelo. Mi impegno a studiare e passare 10 esami all'anno (!). Perche' no. Basta che studia e va avanti e finisce. Mettetevi davanti e parlatene. Se non si riesce a parlare fategli avere delle occasioni di lavoro precise alle quali deve andare, e documentate tutto per iscritto. Se rifiuta decine di lavori, voglio conoscere il giudice che lo autorizza a stare a casa e non fare nulla. Insomma: credete nei figli. Dategli delle opportunità concrete, non aspettate che siano loro a trovarle, se non hanno motivazioni. Ma se le rifiutano perdono ogni diritto di pretendere, sia chiaro.
(Rispondi)
 
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 25/01/10 alle 22:27 via WEB
brava LUIGIA, ti ho letta con passione
(Rispondi)
 
deontologiaetica
deontologiaetica il 25/01/10 alle 22:21 via WEB
non sempre i genitori sanno dare (o vogliono dare) le "ali" ai figli perchè autonomamente spicchino il volo verso l'indipendenza e la libertà
(Rispondi)
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 25/01/10 alle 22:25 via WEB
Secondo me se i genitori sono ricchi e i figli poveri, i genitori cercano di essere d'aiuto a questi figli bisognosi, e sin qui nessun problema. Se i genitori sono poveri e i figli in condizione di esser loro d'aiuto, allora i problemi iniziano! Ripeto che il mio è un ragionamento di carattere generale, indipendentemente dal tuo caso specifico. I genitori poveri dovrebbero ricevere sostentamento dai figli, non solo un calcio che li spedisca in qualche casa di riposo.In senso ancora più vasto, mi pare ci siano leggi precise che obbligano ad occuparsi dei parenti poveri, quale che sia il loro grado di parentela. Questa legge esiste proprio perché l' amore tra consanguinei non è più molto di moda.Ti racconto una storia:conosco 2 fratelli, liberi professionisti, che non danno un euro alla madre vedova, vittima di varie traversie che l'han lasciata sul lastrico, dopo aver speso tutto per far studiare i figli. Questa signora per sopravvivere si fa ospitare a turno da amici. Ti sembra giusto?
(Rispondi)
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 25/01/10 alle 22:29 via WEB
L'obbligo dei genitori di mantenere i figli deriva dall'art. 147 cod.civ. , ai sensi del quale «il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto della capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli». La Corte di Cassazione ha puntualizzato che l'obbligo di mantenere la prole può sussistere, per i genitori, anche quando i figli sono maggiorenni. Dall'analisi, qui proposta, di due recenti pronunzie della Cassazione ciò si evince chiaramente. Nel caso ricostruito dalla sentenza n. 951/2005 della Cassazione, è stato chiesto, al Tribunale di Perugia, di dichiarare cessato l'obbligo di un padre separato di corrispondere alla figlia l'assegno di mantenimento, ancorché costei non fosse autosufficiente economicamente. Egli adduceva che sua figlia, benché avesse da tempo raggiunto la maggiore età, non aveva terminato gli studi ed aveva rifiutato un posto di lavoro in banca a Milano; posto di lavoro che il padre si era offerto di procurarle. La figlia e sua madre, a loro volta, sostenevano che il ritardo negli studi fosse la conseguenza delle difficoltà che la prima aveva dovuto fronteggiare, vale a dire delle difficoltà causate dalla necessità di assistere la nonna ultraottantenne e la madre malata. Esse pertanto affermavano che, a causa dell'assistenza prestata alle due donne, la ragazza non aveva trovato il tempo e la concentrazione mentale necessari per continuare gli studi. Inoltre, riguardo al rifiuto di trasferirsi a Milano, la ragazza puntualizzava che questo era stato indotto dai pessimi rapporti con il padre, il quale, fra l'altro, si era formato una nuova famiglia. Dopo che la Corte d'appello, a differenza del Tribunale di Perugia, il quale aveva respinto la domanda attrice, ha dichiarato cessato l'obbligo di mantenimento, la ragazza e sua madre hanno proposto ricorso per cassazione. La Corte Suprema ha precisato quanto segue: «Invero risponde a verità che l'obbligo di mantenere i figli non cessa con il raggiungimento della maggiore età ma nella specie tale principio è stato rispettato dalla Corte territoriale che ha ritenuto che il mancato raggiungimento dell'autosufficienza economica andava attribuito a colpa della ragazza che fin da data anteriore al sorgere della malattia della madre avrebbe potuto conseguire il diploma di laurea o comunque sostenere un maggior numero di esami ed inoltre che la signora P. per sei anni dopo l'intervento ha condotto una vita regolare sicché ininfluente doveva ritenersi la malattia della madre nel mancato completamento degli studi da parte della ragazza. In ordine poi alla non accettazione del posto di lavoro offertole dal padre va osservato che la Corte di appello ha precisato che nella specie si trattava di una banca di rilevanza nazionale sicché la signora C., dopo un iniziale periodo di lavoro in Milano avrebbe potuto cercare di rientrare in Perugia ove esistono sedi della banca stessa» [Cass. sent. n. 951/2005; corsivi miei]. E' agevole delineare il principio che ha ispirato la sentenza testé citata: l'obbligo di mantenere il figlio sussiste anche dopo il raggiungimento della maggiore età, sempreché, in relazione al mancato raggiungimento dell'autosufficienza economica, non sia ravvisabile la colpa del figlio. Nel caso di specie, poiché la colpa della figlia è stata riscontrata dalla Corte d'appello, il ricorso è stato respinto. In un'altra sentenza della Cassazione si legge: «[…] va ricordato, in via generale, che i genitori restano obbligati a concorrere tra loro, secondo il principio dettato dall'articolo 148 Cc, nel mantenimento del figlio divenuto maggiorenne qualora questi non abbia ancora conseguito, senza sua colpa , un reddito tale da renderlo economicamente autonomo e che, pertanto, detto obbligo non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma persiste finché il genitore o i genitori interessati dimostrino che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica, ovvero è stato da loro posto nelle concrete condizioni per essere autosufficiente […]È, peraltro, evidente, in relazione alla prospettata esistenza di un comportamento colposo od inerte del figlio, di per sé idoneo a determinare la cessazione dell'obbligo dei genitori – sul quale la difesa del ricorrente si è in particolare soffermata durante la discussione orale – che il relativo accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, alla capacità, al percorso scolastico, universitario e post universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale egli abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione, investendo impegno personale ed economie familiari. È altrettanto evidente che nessuna influenza ai fini dell'indagine in discorso può spiegare la circostanza che tra i genitori sia intervenuta una separazione, atteso che i figli di genitori separati non hanno diritti e doveri diversi da quelli di genitori non separati. Sulla base dei parametri di riferimento suindicati deve escludersi in via generale che siano ravvisabili profili di colpa nella condotta del figlio che rifiuti una sistemazione lavorativa non adeguata rispetto a quella cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini ed i suoi effettivi interessi siano rivolti, quanto meno nei limiti temporali in cui dette aspirazioni abbiano una ragionevole possibilità di essere realizzate e sempre che tale atteggiamento di rifiuto sia compatibile con le condizioni economiche della famiglia » [Cass. sent. n. 4765/2002; corsivi miei]. Dalle due pronunzie qui menzionate, si può inferire che, secondo la Cassazione , l'obbligo dei genitori di mantenere il figlio permane anche dopo che costui è divenuto maggiorenne, purché, in relazione al mancato raggiungimento dell'autosufficienza economica, non sia individuabile la colpa del figlio. Si deve escludere, peraltro, che profili di colpa siano individuabili allorquando egli rifiuti una sistemazione lavorativa non adeguata rispetto a quella cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini ed i suoi effettivi interessi siano rivolti, quanto meno nei limiti temporali in cui dette aspirazioni abbiano una ragionevole possibilità di essere realizzate e a condizione che tale atteggiamento di rifiuto sia compatibile con le condizioni economiche della famiglia. Per evitare malintesi, è opportuno mettere in rilievo che un conto è l'obbligo di mantenimento derivante, come si è visto, dall'art. 147 cod.civ., un altro è l'obbligo degli alimenti di cui all'art. 433 cod.civ. “Dal punto di vista del contenuto, pur partecipando della medesima funzione di sostentamento […], è necessario distinguere gli alimenti, da un lato, dal mantenimento, dall'altro. Quest'ultimo, infatti, mira a soddisfare qualsivoglia esigenza di vita, anche quelle non strettamente necessarie alla sopravvivenza ed anche a prescindere da uno stato di bisogno, mentre con l'obbligo alimentare si viene incontro all'esigenze più elementari di vita come il vitto, il vestiario, le cure mediche, l'abitazione nonché, in caso di figli minori, le spese per l'educazione e per l'istruzione (art. 439 co.2) [C. 80/3033]” [Gazzoni F., Manuale di diritto privato, Napoli, 2004, p. 317]. Lo stato di bisogno , quale necessario presupposto per ottenere gli alimenti, è previsto dall'art. 438 cod.civ. co. 1: «Gli alimenti possono essere richiesti solo da chi versa in istato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento»
(Rispondi)
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 25/01/10 alle 22:30 via WEB
ho inserito anche la bibliografia per chi fosse interessato.
(Rispondi)
 
 
emma.61
emma.61 il 25/01/10 alle 22:35 via WEB
hai svolto un lavoro utile e proficuo, grazie!
(Rispondi)
 
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