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Post n°3636 pubblicato il 30 Gennaio 2010 da psicologiaforense
LA RIFLESSIONE DELLA SERA
Una tregua all'anima: diventiamo più lenti Mai come in questi anni confusi e sclerotici, anni che mistificano la verità e ingannano i valori, dovremmo ricordarci che esiste. Cosa? L'anima. L'ànemos, come dicevano i greci, un soffio di vento che vivifica la nostra esistenza. La vecchia saggezza popolare recitava: «Chi va piano va sano e va lontano», noi facciamo esattamente il contrario. Abbiamo imparato in fretta a vivere di corsa: a mangiare, camminare, parlare, telefonare, usare il palmare, lavorare, amare…. Stop. Pausa. Tregua. Diventiamo lenti, ma come? Forse ritrovando la spiritualità smarrita. Un recupero della spiritualità aconfessionale, dei silenzi, degli spazi interiori per ascoltare l'anima. Lo sapeva certo Platone che nel Fedone scriveva: «... se l'anima è immortale, occorre averne cura non solo per lo spazio di tempo che chiamiamo vita, ma, per sempre; il pericolo è trascurarla». Oltrepassando il rischio di banalizzare, di cadere nelle ambiguità di senso che portano a pensarla come costruzione della ragione e della capacità di autocontrollo e autogoverno, o come il vortice dell'irrazionalità e della dissoluzione di se stessi, è opportuno ricordare invece che è necessario interrogarsi, far emergere la dimensione profonda di sé e superare le condizioni umane che Pascal definiva dell'incostanza, della noia e dell'inquietudine. Il fine è specchiarsi e riflettere e far riaffiorare quella parte anche sovversiva e conflittuale di noi.
Commenti al Post:
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casadei.lisetta il 31/01/10 alle 00:04 via WEB
La spiritualità, all'interno di una grande varietà di concezioni culturali e religiose, è spesso vista come un percorso, o cammino spirituale, lungo il quale si avanza per conseguire un obiettivo determinato, quale ad esempio un più alto stato di consapevolezza, il raggiungimento della saggezza o la comunione con Dio o con il creato, il che solitamente presuppone la liberazione dalle abituali gabbie dei sensi e del pensiero. Il mito della caverna di Platone, contenuto nel VII libro de La Repubblica, è una delle migliori descrizioni di un siffatto cammino.
Il cammino spirituale è un percorso che presenta una dimensione primariamente soggettiva e individuale. Per cammino spirituale si può intendere un percorso di breve durata, finalizzato ad un obiettivo specifico, o tutta una vita. Ogni avvenimento della vita è parte di questo cammino, ma in particolare vi si possono inserire alcune tappe o momenti significativi, come ad esempio la pratica di varie discipline spirituali (tra cui la meditazione, la preghiera, il digiuno), il confronto con una persona che si ritiene dotata di profonda esperienza spirituale (chiamata maestro, assistente o precettore spirituale, guru o in altro modo, a seconda del contesto culturale), l'accostamento personale a testi sacri, ecc.
Nel caso il cammino spirituale coincida, in tutto o in parte, con un percorso iniziatico, vi possono essere delle vere e proprie prove da superare. Tali prove in genere, prima che un significato sociale, costituiscono una "verifica" per l'individuo del proprio raggiungimento di un determinato livello.
(Rispondi)
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casadei.lisetta il 31/01/10 alle 00:04 via WEB
La spiritualità è anche descritta come un processo in due fasi: la prima relativa alla crescita interiore, e la seconda relativa alla manifestazione di questo risultato nell’esperienza quotidiana del mondo.
(Rispondi)
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santinazs il 31/01/10 alle 00:11 via WEB
Purtroppo, questa tua affermazione non è contestabile.
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casadei.lisetta il 31/01/10 alle 00:06 via WEB
Oggi bisogna seguire ritmi quotidiani frenetici. La giornata tipo di ognuno di noi è colma di cose da fare: dagli appuntamenti di lavoro agli impegni personali. Da dove deriva questa fretta? Esiste un antidoto?
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santinazs il 31/01/10 alle 00:09 via WEB
Sono gli stili di vita della società contemporanea a imporre ritmi pressanti o l'origine della fretta è nella natura umana?
Oggi, per non essere emarginati, esiste il tacito obbligo sociale di essere all'avanguardia e competitivi. Questo causa un'inspiegabile paura di perdere tempo che rende difficile godersi l'attesa oppure rallentare il ritmo. Perfino il relax - il cosiddetto tempo libero - viene messo in agenda e spesso anche la vacanza diventa un calendario intenso, con il dovere inconsapevole di divertirsi o di conoscere, e vedere, il più possibile.
(Rispondi)
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santinazs il 31/01/10 alle 00:11 via WEB
Nel Seicento, il filosofo francese Blaise Pascal scriveva: "Quando mi sono messo talvolta a considerare le diverse agitazioni degli esseri umani e i pericoli e le pene a cui si espongono, alla Corte, in guerra, da cui nascono tante liti, tante passioni, imprese ardite e spesso malvagie, ho scoperto che tutta l'infelicità degli esseri umani deriva da una sola cosa e cioè non saper restarsene tranquilli in una stanza...".
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santinazs il 31/01/10 alle 00:12 via WEB
Se l'origine della fretta è nella natura umana, può darsi che l'attuale situazione si sia incancrenita con il progresso tecnologico, che porta sì vantaggi e comodità, ma è anche maschera che nasconde le antiche paure: la solitudine, la malattia e la morte. Eppure, paradossalmente, proprio nel rifuggire queste realtà, la fretta dello stile di vita contemporaneo le trasforma in rischio ancora più concreto. Come uscire da questo circolo vizioso?
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santinazs il 31/01/10 alle 00:13 via WEB
"Abbiamo un bisogno urgente di rallentare, riprendere fiato, di sbarazzarci dell'angoscia di non arrivare a fare tutto quello che si deve fare nell'arco delle ventiquattro ore che fanno la giornata. Nella ricerca della tranquillità, il primo passo è il divorzio dal mito della velocità. Quello va bene per i programmi software e i gran premi di Formula Uno. Noi piccoli uomini, lasciamoci attrarre dal richiamo della lentezza. Cominciamo a praticare la sosta, le pause lunghe, il passo pigro".
Così recita l'inizio di una recensione a un breve saggio di di Christoph Baker "Ozio, lentezza e nostalgia" (Editrice missionaria italiana, 2001), che affronta un tema che tutti sentiamo, ma che non abbiamo tempo di approfondire (sic!).
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matteo81_1981 il 31/01/10 alle 00:19 via WEB
apprezzo e condivido integralmente, anzi, se permetti, faccio mio quello che scrivi
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santinazs il 31/01/10 alle 00:13 via WEB
Un suggerimento concreto, per cominciare: Provate a camminare nel centro di una città all'ora di punta. Ignorate gli altri attorno a voi e, preso coraggio, cominciate a muovervi lentamente, senza fretta. Adesso alzate gli occhi e guardate...
Siete in un'altra dimensione. La fretta degli altri vi apparirà nella sua insensatezza, mentre voi potrete notare sotto un'altra luce le tante cose che ci circondano.
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matteo81_1981 il 31/01/10 alle 00:20 via WEB
questa è la chicca: indicare un percorso! Non succede mai nei commenti.
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santinazs il 31/01/10 alle 00:15 via WEB
SCUSATE SE MI SONO UN PO' "APPASSIONATA" A QUESTO TEMA!
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matteo81_1981 il 31/01/10 alle 00:22 via WEB
perchè ti scusi? Hai svolto una attività chiarificatrice di tutto rilievo e hai contribuito a sviluppare la discussione di questo ammirevole post
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psicologiaforense il 31/01/10 alle 02:46 via WEB
Quando compulsate la vostra agenda con angoscia, come un embricato coacervo di appuntamenti, doveri e soffocanti impegni...forse non avete considerato che potreste riprogrammare la vostra vita lasciando spazio "all'ozio" quale un'attività feconda e necessaria, se solo lo si interpreta correttamente. Dunque niente difesa dell'indolenza, dell'accidia, del vuoto.... ma un sano, creativo bilanciamento tra quello che ci chiede il mondo e quello che invece riteniamo utile e piacevole per noi stessi. Si tratta di un equilibrio definito da numerosi fattori, quali impiego dell'energia, capacità di concentrarsi sull'essenziale, semplificazione delle incombenze quotidiane, rallentamento del ritmo. L'ozio diventa così sinonimo di libertà.
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