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Post n°3717 pubblicato il 11 Febbraio 2010 da psicologiaforense
Schopenhauer osservava che «non vi è nulla di più facile che scrivere in modo che nessuno possa capire; come, invece, nulla è più difficile che esprimere pensieri significativi in modo che ognuno debba comprenderli». Parole sante. Ma in realtà viviamo in un mondo popolato da persone eccellenti (pochine) e da tanti mediocri venditori di gergo, che talvolta cercano di dare prestigio scientifico ai loro “niente”, a luoghi comuni dissimulati con terroristici gerghi iniziatici. È una fumosità linguistica che consente ai detentori dell'autorità priva di qualsiasi autorevolezza, vale a dire di superiorità naturale e di talento, di difendere le posizioni acquisite: può capitare che si parli o si scriva «difficile» per dissimulare la propria ignoranza, facendo sfoggio di una verità che in realtà non si possiede chiaramente, perchè appiccicata come un imparaticcio vuoto. Una terminologia senza alle spalle un apparato robusto e sistematico di concetti ha potuto fondare addirittura delle pseudoscienze, la scienza che non c'è (oggi non faccio nomi, ma ciascuno può esercitarsi a riempire questa casella vuota). I tecnicismi in questi casi mascherano soltanto una confusione mentale. Pensate ai critici d'arte improvvisati. Quante volte ci è capitato di leggere quel pomposo improvvido bluff contenuto nel pieghevole che presenta una qualche mostra di second'ordine, quelle introduzioni fumose, con infilzate di paroloni astratti! Allora al povero visitatore sprovveduto che voleva farsi un bagno di cultura prende improvvisa la malinconia della sua inferiorità culturale di fronte a tanta esibizione verbale. Ma al nostro introduttore importa in fondo ribadire l'appartenenza alla confraternita; questo conta, gli altri ammirino stupiti il suo linguaggio da apprendista stregone, che afferma l'appartenenza alla corporazione. Il suo linguaggio difficile è il piacere del privilegio, l'assaporamento del potere, un modo fraudolento per porre un vuoto incolmabile, una distanza tra l'imbecillità dell'uomo comune e l'autorità di lui che sa il «latino», esibisce la propria pseudocultura con sequele di parole magiche, da officiante, come la messa in latino alla quale solo i chierici hanno l'accesso. È il modo solito, vecchio come il mondo, per imporre il proprio rango. Come il latino di padre Cristoforo rivolto al semplice Fazio, quando di Renzo e Lucia che hanno pernottato in convento, contravvenendo alla regola, viene detto «Omnia munda mundis». E Manzoni: «Al sentir quelle parole gravide d'un senso di mistero e proferite così risolutamente... parve che in quelle dovesse contenersi la soluzione di tutti i suoi dubbi. S'acquietò e disse 'Basta! lei ne sa più di me’».
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