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finchè vita non vi separi
 

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« finchè vita non vi separ...LA FOTO DEL GIORNO »

IL COMMENTO DEL GIORNO

Post n°3746 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da psicologiaforense

MINIGONNA... QUEL FATALE PEZZETTO DI STOFFA

È il 1964, Shapiro suona sino all'alba al Roaring Twenties, il locale più “caldo” della Swinging London, indirizzo: Carnaby Street numero 17. A pochi passi, nella piccola strada bruttina dietro Piccadilly, c'è la boutique di Mary Quant, lì esplode quel fazzoletto di stoffa, nato dalla povertà già parecchi anni prima e però sino allora rimasto ai margini, meravigliosamente sexy per chi, come raccomandavano i “magazine” popolari di allora, “proceda dalle spalle alle ginocchia senza alcuna protuberanza intermedia”, diabolico per le strutture femminili latine. Sì, la minigonna compie in questi giorni 46 anni e, esattamente come Bob Dylan, il Che, John Kennedy “Camelot”, è diventata “storia”. Ma perchè storia? Dopo brevi periodi di oblio, questo “modo” più che “moda” di vestire, continua a tornare da protagonista nell'immaginario e nella vita quotidiana delle teenager (e non solo) di tutto il mondo, destinata ormai all'immortalità, come aveva previsto Joan Shrimpton “gamberetto” che ricorda: “Mi fecero il primo servizio fotografico in mini una domenica sera, il giorno dopo ero sui giornali di tutto il mondo”. Un fenomeno così, non si era mai visto nel secolo. “Storia - secondo Gillo Dorfles - perchè la minigonna di oggi è tutt'altra cosa. E come tanti eventi di questi ultimi decenni, non significa più nulla. Bisogna riferirsi al passato per valutarne la capacità rivoluzionaria. Una bandiera, al pari del bikini: però con risvolti non sempre positivi, non a caso contestati dai movimenti femministi”. La bufera che accompagna la nascita della mini non è infatti da poco. “Quell'indumento che umilia la donna e la rende brutta”, “quella cosa turpe” trionfa in Inghilterra, si badi, nell'anno in cui il patron della Penguin Books deve difendersi di fronte ai giudici dall'accusa di oscenità per aver pubblicato “L'amante di Lady Chatterley”, e arriva da noi quando le gambe delle ballerine in tv sono appena tollerate e ancora lontano è lo “scandalo” della “parolaccia” pronunciata per la prima volta da Cesare Zavattini alla radio. Lo scenario borghese è granitico, ci vorranno altri quattro anni in Europa (un pò meno in America) per far saltare, o almeno incrinare, con il '68, il primo dei grandi muri, il tabù sessuale. Vaticano, associazioni della famiglia nonchè l'establishment europeo reagiscono con grande preoccupazione di fronte al trottare sempre più fitto, per le strade del mondo, di quelle gambe giovani e aggressive avvolte da nulla.
L'impero commerciale di Mary Quant e dei suoi emuli diventa un business da capogiro che accompagna la moda giovane, come è stato più volte sottolineato, nei sui due nuovi percorsi: sul versante per così dire “istituzionale”, dopo la minigonna arrivano gli hotpants, e poi i costumi olimpionici che all'inzio dei '70 le indossatrici di Saint Laurent e le “signore bene” portano a Parigi sotto la giacca rigorosamente maschile, mentre il casual acquista sempre più il ruolo di divisa della “ribellione”, simbolo via via di Woodstock e dell'Isola di White, dei campus californiani come di Porci con le ali e del Movimento studentesco. Minigonna reazionaria, allora? Illusione di libertà?

 
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