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Post n°4065 pubblicato il 19 Aprile 2010 da psicologiaforense
copyright by Psicologiaforense, riproduzione riservata
Attraverso le "Troiane" Euripide scaglia un monito ai leader di Atene: la guerra fa male anche al vincitore.
![](http://www.softassteel.com/myth/story7/4.jpg)
Le Troiane di Euripide andò in scena ad Atene nella primavera del 415 a. C. È stato sempre considerato - e lo è - un dramma pacifista teso a mettere in evidenza quanto sia nefasta la guerra. Qualsiasi guerra, in ogni circostanza. Al punto che Euripide, per essere esplicito e quasi a mo’ di provocazione nei confronti della platea ateniese, decise di assumere il punto di vista dei nemici dei greci: i vinti, i troiani. Di più, delle loro donne. Ecuba, la moglie del re di Troia, Priamo, che vide perire i suoi figli e le sue genti nel conflitto, è la protagonista della tragedia, unica presenza fissa sulla scena dall'inizio alla fine del dramma, mentre sullo sfondo si intravedono le rovine fumanti della città. Con lei Andromaca, moglie di Ettore il primogenito di Priamo e Ecuba, quell'Ettore che uccise Patroclo, fu ucciso da Achille e trascinato in segno di sfregio sotto le mura di Troia. O meglio è presente la sofferenza di Andromaca, madre di Astianatte che i greci vollero morto per vendicare gli uomini sterminati da suo padre. E per vederne estinta la stirpe. Uguale stravolgimento si ha nella polemica euripidea contro Agamennone, il capo supremo dei greci nella guerra contro Troia, presentato anche lui come un uomo disposto a tutto pur di piacere ai suoi......... A ben leggere le Troiane, non si può fare a meno di osservare quanto fosse straordinario quel modo di un intellettuale greco di guardare alla propria storia e al proprio presente. Che cosa formidabile fosse il fatto che avesse liceità un capovolgimento così radicale di un mito fondante per la politica e la cultura dell'Atene dell'epoca qual era quello della guerra di Troia. E che grande segno di civiltà fosse la circostanza che, nonostante si fosse in un periodo di guerre, di invocazioni al patriottismo, di retorica e di demagogia, il pubblico potesse accorrere numeroso ad assistere ad una rappresentazione che si proponeva di distruggere la vulgata storica dell'epoca.
Commenti al Post:
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arza1 il 20/04/10 alle 00:07 via WEB
STORIA: Anni fa, in un bel libro Einaudi, Euripide: teatro e societa', Vincenzo Di Benedetto ha provato a spiegare questa apparente contraddizione avanzando l'ipotesi che la spedizione contro Melo si iscrivesse in una linea di politica estera che faceva capo non gia' ad Alcibiade bensi' a Nicia, il quale dieci anni prima aveva guidato di persona un'azione militare contro la stessa Melo e adesso nel 416 avrebbe voluto la distruzione della citta' ribelle per evitare che tale insubordinazione divenisse focolaio di contagio mettendo a rischio proprio la PACE con Sparta.
(Rispondi)
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estinette il 20/04/10 alle 00:19 via WEB
Finché il colore della pelle di un uomo sarà più importante di quello dei suoi occhi sarà sempre guerra.
Bob Marley
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educatrice2 il 20/04/10 alle 00:10 via WEB
L'Occidente che ha disimparato a combattere deve adeguarsi ai conflitti tribali e senza leggi
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bibiosa il 20/04/10 alle 00:13 via WEB
De antiquissima Italorum sapientia ........
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educatrice2 il 20/04/10 alle 00:10 via WEB
La ricerca del guerriero perduto. La vera lezione dello <scandalo Somalia>
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bibiosa il 20/04/10 alle 00:12 via WEB
e' chiaro che esiste un inesplorato cuore di tenebre, in ogni guerra
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estinette il 20/04/10 alle 00:20 via WEB
Devo studiare politica e la guerra in modo che i miei figli abbiano la possibilità di studiare la matematica e la filosofia, la navigazione, il commercio e l’agricoltura, per poter fornire ai loro figli la possibilità di studiare la pittura, la poesia e la musica.
John Adams
(Rispondi)
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dottoresottile il 20/04/10 alle 00:16 via WEB
ESPRIMO IL MIO TOTALE GRADIMENTO PER QAUESTO POST COSI' INEDITO ED ORIGINALE MA VADO SU UN VETTORE PARALLELO........................
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estinette il 20/04/10 alle 00:22 via WEB
Il modo più veloce di finire una guerra è perderla.
George Orwell
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dottoresottile il 20/04/10 alle 00:17 via WEB
Il rischio e' grande che l'attenzione si concentri tutta sulle colpe e che il ripensamento della GUERRA non cominci mai, come sostiene sulla Stampa Luigi Federici, ex comandante dei carabinieri: regna in molti italiani <l'autoflagellazione nazionale>, e per i denigratori <poco importa se le armi sono superate, se i soldati non sono addestrati, se le navi e gli aerei non sono a livello di quelli europei, se i trattamenti economici del personale sono inadeguati. Questo non importa a nessuno o quasi a nessuno>. Questo importa molto, invece. Importa per il mondo di guerre anomiche, cui conviene prepararsi. Importa per il morale dei soldati, che senton parlare ipocritamente di PACE e son gettati nel caos contaminante di conflitti criminogeni non spiegati. Importa per un'Europa che voglia difendere le virtu' in cui crede, lo ius belli che ha inventato, e venir ancora in aiuto all'orfano o all'affamato, alla vedova o alla vittima dei moderni genocidi
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estinette il 20/04/10 alle 00:24 via WEB
Finché la guerra sarà considerata una cosa malvagia, conserverà il suo fascino; quando sarà considerata volgare, cesserà di essere popolare.
Oscar Wilde
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Rosecestlavie il 20/04/10 alle 00:25 via WEB
Se non è patrimonio di utilità nazionale ditemi cos'è questo blog?
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marietta1971 il 20/04/10 alle 00:36 via WEB
"La storia non è fatta di pietre o di parole, ma di persone. Ci fu mai una regina di nome Elena, e il suo volto mosse mille navi? Ci fu un guerriero di nome Achille che in un accesso di furore compì stragi tra i nemici? E che dire di Ettore, Odisseo, Priamo, Paride, Agamennone, Menelao? Sono esistiti? Li ha inventati un poeta?
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luceinfame il 20/04/10 alle 00:40 via WEB
chi voglia dfendere le virtù in cui crede e lo ius belli che ha inventato, deve venire ancora in aiuto all'orfano o all'affamato, alla vedova o alla vittima dei moderni genocidi.
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