Creato da: psicologiaforense il 14/01/2006
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ULTIMA ORA,FOTOGALLERY, TUTTA LA COMMUNITY NE PARLA, PAKISTANI, NOVI, MODENA, LAPIDA LA MOGLIE, TENTA DI UCCIDERE LA FIGLIA,

Post n°4749 pubblicato il 03 Ottobre 2010 da psicologiaforense

Modena: donna pakistana “lapidata” dal marito

Difendeva la figlia che si ribellava ad un matrimonio combinato. Gravemente ferita a sprangate la ragazza. Anche l’altro figlio maschio di 19 anni ha preso parte  attivamente e con ferocia alla “punizione” delle due donne.


 

 



Un dramma che ricorda la tragedia di Hina Saleem, quello accaduto a Novi di Modena, dove padre e figlio “puniscono” a sprangate una giovane che rifiuta il matrimonio combinato e poi con un sasso mettono a tacere per sempre la madre che difendeva la figlia. Quest'ultima è grave, ma non in pericolo di vita.
È accaduto attorno alle 16.30 nel cortile di un edificio di Novi di Modena, in via Bigi Veles 38.





In quella casa la famiglia, madre, padre e cinque figli, vivono da alcuni anni. La ventenne Nosheen si ribella alla decisione familiare di darla in sposa a un connazionale. In casa ci sono anche due degli altri tre figli più piccoli della la coppia, Hamad Kahn Butt, operaio di 53 anni, e Begm Shnez, 46. A colpire la ragazza con una spranga  è stato il fratello di 19 anni, Humair Butt, anche lui operaio, aiutato dal padre, che poi avrebbe impugnato una pietra con la quale colpire la moglie, di 46 anni, uccidendola. Alla scena hanno assistito alcuni vicini, che hanno chiamato i soccorsi. Sono intervenuti il 118, per una corsa verso il grande ospedale di Baggiovara. I carabinieri hanno fermato padre e figlio li hanno portati in caserma a Novi per un lungo interrogatorio: i due hanno scelto di fare scena muta ora sono in carcere.







Nel paesone della provincia modenese la comunità pakistana è grande, impiegata soprattutto in agricoltura. Sconcerta la somiglianza tra questa storia e quella di quattro anni fa nel Bresciano, per la quale Mohamed Saleem, il padre di Hina, è stato condannato a 30 anni di carcere, mentre i due cognati della vittima hanno avuto 17 anni a testa per avere aiutato il padre ad occultare il cadavere. A Novi un rifiuto di nozze combinate, a Sarezzo la voglia di vivere liberamente la relazione col proprio fidanzato italiano. In entrambi i casi, la logica del possesso fino alle più estreme conseguenze ha reso spietati assassini due padri. E soggiogate fino alla morte mogli e figlie.

 
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Commenti al Post:
educatrice2
educatrice2 il 04/10/10 alle 00:02 via WEB
il padre-assassino di HINA SALEEM nal processo disse che DOVEVA FARLO, DOVEVA UCCIDERLA, non poteva fare diversamente ed è stato solo uno strumento di ALLAH....
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luigiarusso
luigiarusso il 04/10/10 alle 00:07 via WEB
chissà se lo pensava veramente di essere stato la mano di dio
(Rispondi)
 
educatrice2
educatrice2 il 04/10/10 alle 00:03 via WEB
LA RELIGIONE USATA PER CONTROLLARE MOGLI E FIGLIE
(Rispondi)
 
luigiarusso
luigiarusso il 04/10/10 alle 00:08 via WEB
SI', a parte HINA.... Il 5 gennaio del 2002, dopo aver ucciso a coltellate la moglie ventottenne Kabira Ennaui, il muratore marocchino Abdelbaki Hakmi spiego' ai poliziotti torinesi di non essere affatto pentito: «Mi esasperava, i vestiti provocanti, il trucco, il rifiuto d'indossare abiti tradizionali, i comportamenti all'italiana». Qualche mese prima, a Sant'Antonino di Susa, un connazionale aveva risolto nel medesimo modo le velleita' occidentali della consorte Khadija. La cronaca si occupa dei fatti, ma nella narrazione perde sovente di vista i processi che li precedono e li accompagnano. Chi sono queste donne coraggio che nonostante le minacce, talvolta fatali, conducono ogni giorno la loro personale battaglia per l'emancipazione restituendoci l'immagine di un islam per niente diverso da noi? Che tipo di vessazioni subiscono tenacemente nell'ombra prima di diventare oggetto meritevole di notizia? Di quanta forza, anche religiosa, hanno bisogno per non cedere alla tentazione di accettare la tradizione soffocante in cambio della vita?
(Rispondi)
 
deontologiaetica
deontologiaetica il 04/10/10 alle 00:11 via WEB
E' IL MOMENTO DI DIRE BASTA, DI GUARDARE DI PIU' IN CASA NOSTRA, NOI CI SCANDALIZZIAMO PER LA VIOLENZA IN IRAN MA QUI DA NOI? Le storie si assomigliano tutte. Intimidazioni, avvertimenti, violenze machiste camuffate da pia devozione a cui alcune donne pakistane resistono andando avanti, un passo alla volta, piegate dalle percosse ma non dome.
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scoglioisolato
scoglioisolato il 04/10/10 alle 04:09 via WEB
Giusto, cara deonto, dovremmo guardare anche in casa nostra. Pochi giorni fa, in Italia: La sottrazione di un minore in diretta. 28/09/2010 - 23.13 Chi vi scrive ha passato l'intera giornata a seguire, in costante collegamento telefonico, la cronaca di una "sottrazione di stato". Fortunatamente, fino a questo momento, non è andata a buon fine. Siamo abituati a leggere articoli, annunci, richieste di aiuto, ma seguire con le proprie orecchie, in tempo reale, una vicenda di allontanamento coatto è roba da far diventare vecchi: voci concitate, toni alterati, pianti e singhiozzi, rumori di una casa improvvisamente invasa dalla forza pubblica e poi....la ribellione e la disobbedienza. Con questi due moti dell'anima Chiara (il nome è di fantasia), nella giornata appena trascorsa, si è salvata. Ma domani è un altro giorno, e la zingara ritorna. Lo ha promesso, minacciato, garantito. Anzi, stizzita di fronte al deciso rifiuto della ragazza 15enne che non ne ha voluto sapere di seguire una donna 50enne senza figli nè nipoti, non ha trovato di meglio che sottrarre gli effetti personali della ragazza, e portarseli via in ufficio, "tanto domani ritorno". Chissà che vita ha trascorso una che fa questo mestiere (ci rifiutiamo di chiamarla professione, rispetto a questa funzione) da 25 anni, fin da quando "la gente portava via i bimbi nei boschi, per sfuggirci". E proprio di questo ha parlato al padre di Chiara quando questi è andato a reclamare il bagaglio, minacciandolo "veda, caro signore, lei non mi deve costringere a fare cose che non voglio fare. Vent'anni fa, per evitare che la gente portasse via i bambini nei boschi prima del nostro arrivo, io mandavo qualcuno in borghese, alle quattro del mattino, così non mi facevo fregare...". Neanche i carabinieri, da lei chiamati a supporto della sua missione, hanno voluto dare seguito. La ragazza ha 15 anni, hanno detto, "se non vuol venire via non possiamo certo prenderla di peso". Ma lei, l'assistente sociale, di professione nuova zingara popolare, è stata lì, pronta ad eseguire il solito provvedimento imbecille, dalle 9 del mattino alle 7 di sera, più conciliabolo in ufficio con i suoi superiori. Però, la minaccia di "gente in borghese che vien di notte" ha avuto l'effetto di terrorizzare tutta la famigia: padre, figlia e nonni, che adesso stanno pronti di fronte a tutto. Abbiamo anche sentito la sua voce, mentre sferzava la ragazza: "qui non comandi tu, nemmeno tuo padre e i tuoi nonni, ma solo il giudice, e tu devi venire con me !". Una grande tattica, non c'è che dire. Si vede che ci sa fare, a demolire l'animo altrui. Chiara, nel pomeriggio, ha scritto al giudice, chiedendo clemenza. Da più di 8 ore era tallonata da quell'arpia, ma le parole più dure che è riuscita a scrivere sono state: "lasciatemi con le persone che voglio bene...". Domani la lettera verrà depositata in tribunale, si spera in un pò di buon senso. Merce rara, di questi tempi. Fonte: Redazione Adiantum
(Rispondi)
 
 
scoglioisolato
scoglioisolato il 04/10/10 alle 04:57 via WEB
E non dirmi, cara deonto, che sono andato fuori tema. Come dici tu "LE STORIE SI ASSOMIGLIANO TUTTE" ed anche in questa ci sono "INTIMIDAZIONI, AVVERTIMENTI, VIOLENZE (anche se non MACHISTE) CAMUFFATE DA PIA DEVOZIONE (non dico a cosa) A CUI ALCUNE DONNE (ed uomini) ITALIANI RESISTONO ANDANDO AVANTI, UN PASSO ALLA VOLTA, PIEGATI DALLE PERCOSSE MA NON DOMI.
(Rispondi)
 
 
 
gattoficcanaso
gattoficcanaso il 04/10/10 alle 16:31 via WEB
come sicuramente sai tutti i cosiddetti "assitenti sociali" oggi circolanti sono frutto del riciclo interno degli uffici chiusi per vari motivi. Sprovvisti di qualsivoglia titolo accademico che ne attesti l'idoneità almeno culturale... si limitano a fare i "buttafuori" di giudici che neppure leggono le carte che hanno davanti. Da anni sostengo che preferisco prendere l'AIDS che finire in tribunale per un qualsiasi motivo....
(Rispondi)
 
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 04/10/10 alle 17:34 via WEB
CIAO GATTOFICCANASO!!! Capisco il tuo punto di vista e la tua totale sfiducia però, per amore di verità, va detto che il Giudice della separazione e del divorzio e il Giudice Minorile (anche per tutelare se stessi e il loro lavoro) si avvalgono solo di consulenti che, abitualmente, sono docenti universitari o primari di neuropsichiatria infantile o psicologi forensi "accreditati". Inoltre c'è un apposito ALBO dei consulenti e dei periti presso ogni tribunale. Per quanto riguarda le Assistenti Sociali i Giudici si avvalgono di quelle dei "Servizi Sociali" che, oramai, sono tutte laureate e lavorano in èquipe specializzate con pediatra, psichiatra, psicologo, neuropsichiatra infantile, ecc....
(Rispondi) (Vedi gli altri 7 commenti )
 
 
 
 
scoglioisolato
scoglioisolato il 04/10/10 alle 17:50 via WEB
Quandoque bonus dormitat Homerus...
(Rispondi)
 
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 04/10/10 alle 18:35 via WEB
Qualche volta anche il buon Omero si assopisce.
(Rispondi)
 
 
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 04/10/10 alle 18:41 via WEB
...può capitare ma mai in tribunale
(Rispondi)
 
 
 
 
scoglioisolato
scoglioisolato il 04/10/10 alle 19:51 via WEB
Dici? Leggi cosa scrive questa madre, e magari anche il resto su milanokatia.com L´Aquila. Due figlie sottratte e una "strana" richiesta di affido e adozione Cronache dai tribunali 02/09/2010 - 10.36 Per raccontare questa storia, nulla di meglio che riportare fedelmente la lunga lettera aperta della madre. "La vicenda che ha coinvolto le mie due creature, Marianna e Simona Scialdone, ha avuto inizio improvvisamente nel 1998. Interventi dei servizi sociali, iniziative giudiziarie, una incredibile serie di provvedimenti e infine quando sembrava che tutto volesse finire, nel 2003, e le mie figlie stavano tornando a casa, (come ci avevano assicurato alcune assistenti sociali, dopo un percorso seguito diligentemente da me e dal padre), improvvisamente e senza alcun preavviso, le mie figlie furono affidate a una coppia di coniugi ricchi e potenti residenti a San Benedetto del Tronto, i quali avevano fatto richiesta di affido e adozione proprio di “due sorelline”. Non si è mai capito e nessuno ha mai spiegato perché le bambine non dovevano tornare a casa, perché dovevano andare a vivere presso quelle due persone sconosciute, perché non veniva rispettato quanto già relazionato dai servizi sociali che ci avevano seguito fino ad allora e ci avevano assicurato di poter riavere le figlie. Una delle assistenti sociali, sorpresa per il cambiamento avvenuto nel provvedimento del giudice, infastidita dal fatto che la sua relazione scritta a nostro favore non era stata rispettata, incuriosita anche dal fatto che questa coppia era venuta fuori dal nulla per prendersi Marianna e Simona, volle fare delle indagini e si adoperò per prendere informazioni sulla coppia. Fu gentile a farmi rapporto e mi disse: “State attenti, la signora non riesce ad avere figli suoi, ha già avuto qualche aborto, hanno i soldi e hanno chiesto due sorelline da adottare !”. Appena Marianna e Simona entrarono in quella casa, la signora “…” le costrinse a chiamarla “mamma”. Le mie figlie si opponevano, piangevano, non volevano ubbidire. Ricordo il pianto e la rabbia di Simona che le rispondeva “No, io la mamma già ce l’ho”. E così, ebbe inizio una continua lotta per vederle, la donna si inventava sempre nuove scuse per non permetterci di incontrare le nostre figlie, finché arrivò un nuovo provvedimento che ci proibiva di vederle. Non si è mai saputo perché, per quale ragione le nostre figlie dovevano essere affidate alla coppia di coniugi ricchi e non potevano ritornare dalla loro mamma. Il 12 maggio 2004 è stato l’ultimo giorno che ho visto le mie creature. Ricordo lo sguardo triste che mi hanno rivolto quando le ho abbracciate per salutarle per l’ultima volta: le piccole già sapevano, già “alcuni” avevano detto alle mie figlie che non potevano tornare a casa. Rivedo la scena straziante di loro due che si voltano e mi guardano con gli occhi imploranti. E così è iniziata la parte più dura e dolorosa del mio calvario. Gli incontri con gli avvocati, le lettere ai giudici, le preghiere per avere almeno il permesso di sentirle al telefono, di avere notizie di loro, di poter far avere loro un regalo ogni tanto. Tutto mi è stato negato. Non dovevo fare più nulla per loro, né comprare un gioco, né comprare un vestito, né avere notizie sulla loro salute, perché quella donna pretendeva di diventare la loro mamma e non accettava che io potessi ancora pensare alle mie figlie. Voleva cambiarle, voleva che Marianna e Simona diventassero le bambole con cui giocare: subito dopo che le hanno portate in casa sua, senza dirmi niente e senza che loro volessero, lei ha fatto tagliare i capelli a tutte e due. Quando le vidi con i capelli corti, le guardai sorpresa e loro, dispiaciute per me, povere piccole mi dissero: “mamma, è stata “…” che ha voluto tagliarci i capelli”, come per scusarsi del loro cambiamento. Da quel giorno “la signora …” si è impadronita delle mie figlie, le ha plagiate, ha fatto credere loro che la vera mamma non le cercava più, ha preteso e insistito che Marianna e Simona la chiamassero “mamma” contro la loro volontà. Già nei primi tempi che le erano state concesse in affido, “…” si infastidiva se le bambine avevano un pensiero gentile per me e quando tornavano nella sua casa, dopo l’incontro con noi genitori, lei si faceva trovare piangente, si mostrava dispiaciuta ai loro occhi per farle sentire in colpa, per provocare sentimenti di pena nei suoi confronti. Questo è quanto Marianna e Simona mi raccontavano quando riuscivo a rivederle nei nostri incontri. Le mie figlie sono state usate per accontentare una “povera donna egoista” che tentava invano di avere figli propri; sono servite per rendere felice la coppia di coniugi ricchi e potenti che avevano ordinato e preteso le “due sorelle” ai servizi sociali di … ; hanno subito il lavaggio del cervello affinché diventassero “le figlie” della coppia, hanno subito nella loro psiche una sottile e rischiosa manovra che pian piano, sin dalla fine del 2003, le ha portate a “dimenticare” la famiglia d’origine, costrette inconsciamente a tagliare qualunque legame con i genitori, il fratello maggiore, i nonni materni e paterni. Intanto viviamo con una grande pena nel cuore, perché sappiamo che Marianna e Simona, non conoscendo la verità, continuano a credere che non le abbiamo volute, non le abbiamo cercate, che le abbiamo abbandonate. Io giuro, e le mie figlie devono saperlo che la legge cieca e assurda, i maledetti provvedimenti del giudice, le falsità dei servizi sociali compiacenti, in accordo con la coppia che ha preteso e fatto di tutto per avere in affido proprio loro “due sorelle”, mi hanno proibito fin dal 12 Maggio 2004 di avvicinarmi a loro. Marianna e Simona Scialdone hanno il diritto di conoscere la verità sulla tragedia che le ha coinvolte. Prego Dio che loro possano rendersi conto che dal mese di Maggio dell’anno 2004 la mamma sta lottando per loro e per avere giustizia ad ogni costo. E sto lottando anche contro il tempo, perché temo che le mie figlie possano essere adottate da un giorno all’altro, costrette a loro insaputa e senza che se ne rendano conto a cambiare il loro cognome. Purtroppo il Tribunale per i Minorenni di … ha già dichiarato l’adottabilità delle mie figlie. Né io madre, né il padre siamo stati chiamati per essere ascoltati sull’adozione, come se del padre e della madre si volesse negare l’esistenza, ma “stranamente” mio figlio maggiore è stato ascoltato perché vorrebbero concludere con la richiesta di adozione avanzata dalla coppia di coniugi che insistono per adottarle. “Stranamente”, è stato detto a mio figlio che le sorelle Marianna e Simona stanno bene dove stanno e “la cosa più importante è che avranno una eredità”. Mio figlio ha risposto che le sorelle non hanno bisogno dell’eredità di quelle persone. Il 25 ottobre 2008 ho presentato denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila contro coloro che reputo responsabili: 1) contro la coppia che ha ottenuto le mie figlie come se fossero merce per …, 2) contro una serie di assistenti sociali che hanno prodotto false relazioni sullo stato di affidabilità prima e adottabilità dopo delle mie figlie, 3) contro gli specialisti che hanno prodotto relazioni compiacenti, 4) contro i magistrati che forse hanno preferito non vedere il marcio nel loro ambiente e hanno emesso l’assurda sentenza che ha permesso che le mie creature mi fossero rubate. Da oltre un anno la Procura della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila ha in esame la mia denuncia, la mia memoria e le mie richieste. Solo da pochi mesi sono stata invitata ad esporre la mia causa in Procura a L’Aquila, sono stata ascoltata e ora sono in attesa che il Procuratore Capo di L’Aquila, dopo aver esaminato gli atti che finalmente il Tribunale per i Minorenni di … gli ha consegnato, si pronunci per incriminare e processare i responsabili dell’assurda irragionevole ingiustizia che mi ha strappato le figlie per consegnarle quasi come “pacco postale” nella casa dei signori che ne avevano fatto richiesta. Ora tutte le mie speranze sono riposte nelle mani del Procuratore Capo della Procura presso il Tribunale di L’Aquila. Sarà lui a decidere se fermare il Tribunale per i Minorenni ed aprire un capitolo nuovo per ridarmi le mie figlie e la mia vita. Intanto vivo ogni giorno in trepida attesa di una buona notizia da parte della PROCURA di L’AQUILA e nella speranza che mi sia ridata la gioia di abbracciare finalmente le mie figlie, mi si dia la possibilità di incontrarle e parlare con loro, per rassicurarle che nessuno della famiglia le ha mai abbandonate. Solo così Marianna e Simona sapranno la verità, potranno finalmente capire che quella donna che ha preteso di essere chiamata “mamma”, che ha carpito egoisticamente con l’inganno la loro fiducia, che ha approfittato del fatto che loro erano piccole e dovevano per forza soccombere agli eventi programmati con astuzia". Fonte: milanokatia.com
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psicologiaforense
psicologiaforense il 04/10/10 alle 21:57 via WEB
ho letto..... ma io non ero lì, nè mi risulta fosse stato chiamato altro psicologo forense. CMQ La Signora S. e il suo contesto familiare e sociale, sono stati reputati, da un tribunale specializzato, coadiuvato dagli operatori dei Servizi Sociali territorialmente competenti gravemente pregiudizievoli per le minori ai sensi degli artt. 330, 330 c.c. per le seguenti motivazioni............ Ora il Procuratore dell'Aquila Dott. Alfredo Rossini non ha ravvisato elementi, in tutta la vicenda, che abbiano una sia pur minima valenza penale.
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scoglioisolato
scoglioisolato il 04/10/10 alle 22:40 via WEB
Carissima Psyco, non mi riferivo certamente a te e ti chiedo scusa se per caso avessi ingenerato questo dubbio. Comunque gli ultimi sviluppi della vicenda sono questi: Caso Marianna e Simona Scialdone, si muovono la Procura di Ascoli e la Cassazione Cronache dai tribunali 03/10/2010 - 14.31 Si riaccende il caso di Marianna e Simona Scialdone, le due bambine che, a seguito di una sottrazione giudiziale dalla casa familiare, furono improvvisamente affidate a una coppia di coniugi benestanti residenti a San Benedetto del Tronto, i quali avevano fatto richiesta di affido e adozione proprio di “due sorelline”. Grazie alla campagna di protesta della mamma, e grazie alla segnalazione di nuovi elementi indiziari, la procura di Ascoli Piceno ha aperto un`indagine per verificare la sussistenza di illeciti passaggi di denaro per l`improvviso trasferimento delle due figlie (oggi ragazze più che adolescenti) a S.Benedetto del Tronto, presso una famiglia accusata di aver effettuato una sorta di "ordinazione" specifica. La Cassazione ha accettato il ricorso dei genitori, e adesso aumentano le speranze per loro di poter riabbracciare le due figlie. Fonte: Redazione ADIANTUM
(Rispondi)
 
 
 
 
scoglioisolato
scoglioisolato il 04/10/10 alle 22:46 via WEB
(segue) Ora forse è più chiaro a chi mi riferivo......
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servoarbitrio
servoarbitrio il 04/10/10 alle 00:14 via WEB
appunto storie tutte eguali, ma lì nella ricca provincia modenese i problemi di questa famiglia si sapevano. E' stato un delitto annunciato! Eppure nessuno ha fatto niente.
(Rispondi)
 
auroraml
auroraml il 04/10/10 alle 00:17 via WEB
Schiave di un giogo che non ha nulla a che vedere con il credo e tutto con il maschilismo, il paternalismo. la CULTURA tribale che anche noi abbiamo conosciuto. La scusa addotta dagli aggressori e' sempre uguale, il rispetto della fede, le usanze tradizionali, il Corano. Anche se come HINA, Kabira, Khadija e la ventisettenne libica Darin Omar, uccisa a Milano dal consorte le vittime sono musulmane. Anche se l'islam, come il cristianesimo, non e' una religione fai-da-te che ciascuno puo' adattare alle proprie frustrazioni.
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LUNA.PIENA40
LUNA.PIENA40 il 04/10/10 alle 00:36 via WEB
MARX SOLEVA DIRE: LA RELIGIONE E' L'OPPIO DEI POPOLI! PENSIERO QUANTO MAI AZZECCATO SPECIE QUANDO SI ENTRA NEL FANATISMO. CHISSA' QUANTI CASI SI VERIFICHERANNO E NESSUNO NE PARLA... SERENA NOTTATA.
(Rispondi)
 
pippo_217
pippo_217 il 04/10/10 alle 01:09 via WEB
Non so perchè ma mi tornano alla mente Pavlov ed i suoi esperimenti...
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 04/10/10 alle 15:11 via WEB
Tu dici? Il "riflesso condizionato", il "condizionamento classico", ecc...? Può avere qualche attinenza.... CIAO, fammi sapere come stai!
(Rispondi)
 
anonimo.sabino
anonimo.sabino il 04/10/10 alle 09:35 via WEB
Forse parliamo troppo di "rispetto delle altre culture", a beneficio dell'incultura; e abbiamo paura di condannare la barbarie, nel regno dell'ipocrisia.
(Rispondi)
 
 
psicologiaforense
psicologiaforense il 04/10/10 alle 15:06 via WEB
Proprio così carissimo ANONIMO. In sommatoria negativa, come commenta sopra Servoarbitrio, si tratta di "delitto annunciato". I due assassini -nel senso più dispregiativo del termine- avevano già minacciato, maltrattato, perseguitato... Il capo famiglia era noto,nel ricco e opulento paesotto di Novi, come padre-padrone. La scuola, gli insegnanti, i carabinieri, i vicini di casa, i servizi sociali del comune, l'autorità giudiziaria, gli stessi Pakistani che qui formano una comunità molto vasta, l'Imam.... sono rimasti spettatori passivi in attesa che il dramma si consumasse.
(Rispondi)
 
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