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Messaggi di Dicembre 2014
Post n°8121 pubblicato il 09 Dicembre 2014 da psicologiaforense
Palpitazioni, dolori diffusi, paure inspiegabili, fobie ... , un repertorio vario di sintomi conferma che siamo prigionieri della nostra ansia. L'origine è la paura di perdere ciò che abbiamo, di non controllare tutto o non essere all’altezza della situazione che dobbiamo affrontare. Vogliamo controllare la nostra vita, ma così facendo non la viviamo.... NOSTRA ANSIA QUOTIDIANA L’ansia è uno stato d'animo comune a tutti gli esseri umani. Ognuno di noi ha vissuto questo stato di eccitazione o smarrimento: una reazione istintiva, un allarme del corpo di fronte a una minaccia. Ma quando l'allarme continua, facendoci vivere con una tensione permanente, allora il nostro stato si trasforma da normale a patologico. PRINCIPALI SINTOMI. In generale, l'ansia è accompagnata da una sensazione di tensione interiore e difficoltà nel rilassarsi. Le persone con questo disturbo spesso si lamentano di avere mal di testa o “dolori” alle cervicali, alla schiena… Altri disturbi frequenti sono la visione che diventa confusa, la bocca secca (secchezza delle fauci), tremori, vertigini, sudorazione eccessiva, nausea, crampi addominali, palpitazioni, umento della frequenza di minzione, ecc… Oltre ai sintomi fisici, appaiono anche quelli psicologici:mancanza di forze, debolezza, fiacchezza muscolare, facile stancabilità, nervosismo, preoccupazione eccessiva per sé e per i propri cari, insonnia, voglia di piangere, disturbi alimentari... e paure irrazionali: di impazzire, di essere affetti da gravi patologie, di compiere atti inconsulti verso se stessi o gli altri, di attraversare spazi aperti oppure vuoti, bui, ambienti affollati, ascensori, aerei, ecc… TIMORI QUOTIDIANI Se l'ansia ci consuma ogni giorno è perché ci troviamo ad affrontare la vita con l'ossessione di trasformarla in un lavoro di routine, concentrate nell'acquisizione di sicurezza, continuità e stabilità. La nostra attitudine è quella di attraversare la vita, piuttosto che viverla. Il terrore di essere lasciate sole, di non essere amate, di perdere ciò che abbiamo, di morire, ammalarci e soffrire, sono i nostri tormenti interni. I cambiamenti nel lavoro e nella famiglia ci sconvolgono, come pure le incomprensioni con il nostro partner e il timore dei giudizi degli estranei. In breve, viviamo nella paura. Per questo l'ansia è il flagello dei nostri tempi e gli ansiolitici i farmaci più consumati.
Post n°8119 pubblicato il 08 Dicembre 2014 da psicologiaforense
Pur con le migliori intenzioni e per quanti sforzi facciamo, o ci sembra di fare, a volte non riusciamo proprio a capirci: con gli amici, con il partner, in famiglia, sul lavoro, nella vita sociale, e spesso persino nei rapporti tra blogger…. Perché la “relazione” è una realtà complessa e in continua trasformazione, all'interno della quale affetti, emozioni e sentimenti giocano un ruolo essenziale nel determinare atteggiamenti e comportamenti, a volte strani e incomprensibili alla ragione... ARCHITETTURA DELL'INCOMPRENSIONE TRA BLOGGER
Tutti noi ci comportiamo secondo certe nostre “regole” prestabilite… ma noi tutti sappiamo che tali regole non hanno valore assoluto, non sono infallibili. In questa prospettiva il principale ostacolo ad una buona e reciproca comunicazione è dato dalla nostra stessa tendenza a giudicare, soppesare, valutare, approvare o disapprovare comportamenti e post altrui. La relazione fra
Post n°8118 pubblicato il 07 Dicembre 2014 da psicologiaforense
A volte può capitare di tremare per uno sguardo o un tono di voce, senza sapere perché: "È una questione di chimica", pensiamo. Altre volte, possiamo sentire il bisogno di aiutare qualcuno, di entrare in sintonia con le sue emozioni, senza quasi conoscerlo. Questi sono i modi in cui si manifesta l'empatia, un potere favoloso che possiede chi è in grado di entrare nella pelle e nei sentimenti delle altre persone, catturandone i segnali emotivi. Mantenere un atteggiamento di apertura, di fiducia nella propria intuizione nei confronti degli altri, scartare le supposizioni e le prospettive egocentriche, praticare "l'ascolto sensibile", avere una forte predisposizione verso gli altri, saper riconoscere le opportunità di fronte alle avversità e, soprattutto, pensare all'altro: sono questi i tratti che costituiscono una personalità pienamente empatica, alla quale mirare...
SVILUPPIAMO L'EMPATIA
Quando due persone entrano subito in sintonia, iniziano una specie di danza sottile, fatta di ritmi lenti, che li conduce a sincronizzare i loro movimenti, le loro posizioni, il loro tono di voce, il tempo in cui si parla fino alla lunghezza delle pause tra la domanda e la risposta dell'uno o dell'altro. Ci sono una serie di abilità empatiche molto elaborate, che possono essere sviluppate e perfezionate; eccone alcune: • Scolleghiamo il pilota automatico: scartiamo le supposizioni e le prospettive egocentriche mantenendo una sensibilità sincera: apriamoci mentalmente ai diversi tipi di sensibilità. • Creiamoci un clima di comprensione: lo raggiungiamo praticando l'''ascolto sensibile". Apprestiamoci ad ascoltare con interesse il bambino che corre verso di noi per dirci qualcosa, ascoltiamo il nostro partner, che desidera parlare con noi e non sa come iniziare. • Non interrompiamo: né per prendere il comando della conversazione, né per esprimere accordo o disaccordo ... L'attenzione silenziosa è un dono che ci permette di capire e far sì che l'altra persona si senta compresa. • Compiamo uno sforzo di sincerità: lasciamo che le nostre emozioni si manifestino. Non nascondiamo i nostri veri sentimenti. • Pensiamo all'altra persona: la vera empatia vuole dire sapere come si sente veramente qualcuno. Avere interesse per un'altra persona vuole anche dire saper leggere le sue emozioni. • Facciamo affidamento sui nostri sentimenti: per poter intuire quelli degli altri. Non indovineremo sempre, ma ci sarà sempre un fondo di verità.
Post n°8117 pubblicato il 07 Dicembre 2014 da psicologiaforense
Se amiamo, rispettiamo e accettiamo senza la volontà di giudicare, dominare o possedere... È allora che le nostre relazioni diventano ricche, armoniche e costruttive. Ma per realizzare un "rapporto magico" che vada oltre un semplice scambio di emozioni, richiede impegno e consapevolezza... COME CREARE E MANTENERE UNA RELAZIONE ARMONIOSA IN QUATTRO MOSSE 1. NON CERCARE DI AVER SEMPRE RAGIONE La principale causa di deterioramento delle relazioni è la necessità di far sì che l'altra persona riconosca i propri errori o pretendere di aver sempre ragione. 2. RISPETTARE LO SPAZIO DELL'ALTRO 3. ELIMINARE L'IDEA DI POSSESSO Godo della presenza del mio partner (o di mio figlio o di un'amica... ), ma non cerco di possederlo. Non posso vivere un "rapporto magico" se credo di possedere l'altra persona o mi sento in diritto di dominarla e controllarla. 4. RINUNCIARE A COMPRENDERE TUTTO
Post n°8116 pubblicato il 06 Dicembre 2014 da psicologiaforense
La depersonalizzazione che comporta un senso di estraneità da se stessi e distacco dal corpo e di conseguenza dal mondo esterno è un fenomeno che un tempo si pensava fosse caratteristico solo dei pazienti con disturbi dissociativi. Oggi invece si riconosce che compare all'interno di altri quadri clinici connessi ai disturbi d'ansia, dell'umore, isterici, somatoformi, alimentari, e così via.... La depersonalizzazione È UN DISTURBO DELLA COSCIENZA DELL’IO (coscienza dell’attività personale, dell’unità personale, dell’identità personale, dei confini tra l’io e il mondo). Quando il vissuto di depersonalizzazione riguarda essenzialmente la coscienza di sé (una persona che dica: “Mi sento come liquefatto, come se la carne colasse giù dalle ossa” oppure “ Come se la metà inferiore del mio corpo fosse morta”, oppure “Come se il mio corpo fosse in pezzi e i pezzi sparpagliati nella stanza”) si parla di DEPERSONALIZZAZIONE AUTOPSICHICA eventualmente distinguendo una DEPERSONALIZZAZIONE SOMATOPSICHICA, quando essa riguarda il vissuto somatico. Si parla di depersonalizzazione allopsichica o derealizzazione quando il vissuto concerne il mondo esterno (una persona che dica: “Mi sembra che tutto sia estraneo e diverso, che tutto avvenga automaticamente”). La persona è consapevole della esperienza di depersonalizzazione e l’esprime spesso in termini di “come se” (ad esempio, “ Come se ogni parte del mio sé fosse separata da me", "come se ci fosse un muro tra me e il mondo esterno", " come se stessi vivendo in un sogno continuo").
Post n°8115 pubblicato il 06 Dicembre 2014 da psicologiaforense
LA MODELLA PIÙ BELLA DEL MONDO? UNA BIMBA: KRISTINA PIMENOVA
E' considerata “la bambina più bella del mondo”. Top model affermata a soli 9 anni, per alcuni è cresciuta troppo presto. E le sue foto fanno polemica...
![]() Dopo le sferzanti e brutali accuse online la mamma della “bambina più bella del mondo” si difende: “Foto provocanti? Kristina è una bimba felice e privilegiata!” (…) “Devi essere malato per vedere nelle foto di mia figlia qualcosa che abbia a che fare con il sesso. Devi farti visitare da un dottore, è il momento di curarti”. Chiara, sintetica, diretta. “Sono immagini innocenti, non ho mai chiesto a Kristina di Poi racconta una giornata tipo della sua Kristina: sveglia alle 7, scuola alle 8. Dopo la scuola, in palestra per la ginnastica ritmica. “Mia figlia è brava ed è contenta di ciò che fa. Non è forse il nostro dovere di genitori individuare i talenti dei nostri figli e permettere loro di svilupparli nel modo migliore?”.
Post n°8114 pubblicato il 04 Dicembre 2014 da psicologiaforense
Amy, 14 anni, il suo account in qualche giorno è stato letteralmente preso d'assalto da maniaci di tutte le età... le sue foto sono finite in tantissimi siti porno, a ulteriore riprova, tra l'altro, dei rischi che i minori corrono navigando su internet.... La pedofilia è il male più evidente del nuovo millennio, che si alimenta in internet. La "rete dei balocchi" è diventata terreno di caccia di mostri malati che la percorrono a caccia di vittime da molestare... AMY, TRAPPOLA PER PEDOFILI E PREDATORI SESSUALI Il suo nome è AMY e all'apparenza sembra una adolescente come tante. Non è particolarmente bella, è bionda, ha lo sguardo “innocente” e un fisico slanciato… Una giovanissima teenager che come milioni di altre ragazze in tutto il mondo indossa i tacchi, veste alla moda e naviga in rete anche nei social network in cui molti sperano di allacciare relazioni sessuali o sentimentali. Eppure
Post n°8113 pubblicato il 03 Dicembre 2014 da psicologiaforense
Si può vivere in una quotidiana insicurezza, accettando paure, esitazioni, dubbi, angosce? Sì, ma talvolta siamo chiamati all’impegno di rischiare.... Il contesto in cui viviamo è attraversato da uno strisciante senso di insicurezza, le cui origini si trovano sia nei fenomeni devianti e criminali, sia nelle instabili e sempre più precarie condizioni dell'esistenza odierna. Però l’insicurezza che ci devasta è principalmente quella che deriva dal non aver fiducia in noi stessi....
C'è un'insicurezza di fondo in ogni persona, che è frutto di una cosciente e consapevole accettazione dei limiti insiti nella natura umana. Ma questa insicurezza, che segna e condiziona il destino dell'uomo dalla nascita alla morte, può essere origine della sua grandezza se lo rende conscio del suo limite e se lascia in lui la volontà di uscirne. Trovare le vie di uscita dall'insicurezza, è guardare al futuro. Bisogna trasformare l'insicurezza di oggi in vigilanza operosa, e riconoscere esplicitamente i rischi che ogni situazione comporta, NON per evitarli ma per fronteggiarli. Invece si nota (ed è un altro segno di decadenza del nostro tempo), che la responsabilità nel fronteggiare l'insicurezza va cedendo, e la paura di rischiare sta prevalendo nella nostra esistenza. La via del rischio è lunga e difficile in ogni campo, e la vittoria non potrà mai essere totale e definitiva: c'è sempre l'imprevedibile, si aprono nuovi sviluppi, ci sono dei cambiamenti inattesi. Ma se viene meno la volontà e il coraggio di affrontarli, se questa coscienza del rischio si affievolisce, allora è il declino. Disinteresse e paura del rischio sono espressioni di inerzia, e incidono su ogni aspetto della nostra esistenza.
Post n°8112 pubblicato il 02 Dicembre 2014 da psicologiaforense
Cos'è la bontà? L’essere buono? Forse la virtù di chi è d’animo sensibile e gentile, incline a volere e a fare il bene del prossimo; non in qualsiasi maniera, purchessia... bensì con delicatezza e premura, con prestazione generosa disinteressata e cordiale. Altrimenti non c'è bontà, o è qualcosa di smozzicato e malriuscito...
C’è chi è sensibile al destino degli altri e cerca di procurar loro tutto il benessere possibile e di evitargli tutto ciò che li può fare soffrire… la bontà, infatti, è una disposizione interna che consiste nell'uscire da se stessi orientandosi verso gli altri. Secondo i credenti per essere buoni basta essere uomini (nel miglior senso della parola) perché il Creatore, formando il cuore dell'uomo, vi avrebbe infuso anzitutto la bontà come segnacolo della natura divina. In realtà non è così. Ad esempio: consideriamo spesso gli altri responsabili delle nostre disavventure? Siamo capaci di accogliere quello che succede senza diventare irritabili? Siamo capaci di invecchiare rimanendo flessibili? Ci impegniamo ad esprimere il nostro punto di vista con chiarezza ma anche con gentilezza? lo qui parlo della bontà. La quale non si identifica con la carità, sebbene tra le due ci sia strettissima relazione. La bontà, virtù naturale, offre alla carità un vasto ambito di realizzazioni pratiche. E a sua volta la carità, virtù soprannaturale, eleva a sé la bontà, le offre motivazioni trascendenti, un'efficacia spirituale di comunione assai estesa, una forza nuova. Così una qualità "inattuale" come la bontà può rivelare un potere dirompente soprattutto nell'epoca odierna, in cui i rapporti fra esseri umani sono sempre meno autentici e sempre più formali. E’ la bontà che rende la vita degna di essere vissuta e ogni attacco rivolto contro di lei è un attacco contro le nostre speranze.
Post n°8111 pubblicato il 01 Dicembre 2014 da psicologiaforense
I bambini esplorano, indagano e fanno domande aprendo in questo modo nuove finestre sul mondo. Le domande consentono loro di stabilire connessioni nel mistero della vita e capire in che modo si inseriscono nel quadro complessivo. La velocità del loro sviluppo personale dipende dal numero e dalla qualità delle domande che pongono, e dalla loro determinazione a dare un senso all'esistenza. CARO GESÙ, LA GIRAFFA LA VOLEVI PROPRIO COSÌ O È STATO UN INCIDENTE?
I bambini imparano prestissimo a fare domande. Se avete figli piccoli, assisterete quotidianamente a questo processo al contempo straordinario, bizzarro, sbalorditivo, impressionante ed efficace. Crescendo, però, tendiamo a smettere di fare domande e iniziamo a offrire risposte. Smettiamo di pensare. La nostra curiosità per gli enigmi della vita scompare. Dal momento che padroneggiamo una piccolissima parte del nostro ambiente, lo accettiamo per dato. Siccome smettiamo di farci domande, perdiamo la capacità di scoprire schemi nuovi. Gli investigatori sono diversi, e questo spiega perché i romanzi gialli affascinano così tanti lettori. I detective, come il Commissario Montalbano, nati dalla fantasia, sono spinti a trovare la risposta a una particolare domanda: chi è stato? E giungono alla soluzione pensando all'impensabile e percorrendo piste apparentemente senza sbocco. Quando finalmente arrivano alla risposta, questa è originale e inattesa. Gli investigatori - e alcuni scienziati - sono fra i pochi adulti che ancora pensano come bambini amano fare domande e approfondire le proprie conoscenze. Fare domande... e non sposare automaticamente l'opinione comune, né accettare acriticamente ciò che ci viene detto o che vediamo scritto (bufale, notizie infondate, frottole, fandonie, panzane, voci, rumors, pettegolezzi, leggende metropolitane, stupidaggini, ecc...) è un'attività che porta occasionali intuizioni grazie alle quali è possibile ribaltare la realtà e salire a un livello di esistenza più elevato. L'indagine svela un mondo insospettato e sotterraneo, un reame intrigante in cui ciò che credevamo buono in realtà non lo è, dove si nasconde ogni sorta di collegamento, dove un evento apparentemente insignificante può scatenare una valanga, dove intuizioni fulminanti fanno capolino e increspano lo "stagno" lutulento delle banalità, delle risposte ovvie, dei pensieri già fatti e pronti all'uso.
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Inviato da: Nuvola_vola
il 09/01/2019 alle 19:15
Inviato da: moltiplicazeri
il 16/12/2018 alle 17:51
Inviato da: monellaccio19
il 01/11/2018 alle 07:57
Inviato da: Brillante.Nero
il 06/09/2018 alle 23:51
Inviato da: casadei.lisetta
il 24/04/2018 alle 10:49