MARCO PICCOLO

LA RIFLESSIONE

I guasti del consumismo

BIMBI INSICURI, CON
ESIGENZE INFINITE...

"SE MI VUOI BENE, MI PAGHI"!

Quante volte i bambini ci chiedono di portare loro un giocattolo affinché il senso di perdita, di vuoto, la solitudine che hanno provato lontano da noi, possano essere riempiti, anche solo in apparenza, dalla presenza di un oggetto transizionale, di un sostituto simbolico dell'essere lì, con loro e per loro? I bambini, però, sanno (lo sanno a livello profondo) che i giocattoli, i regali, i videogiochi,  gli articoli sportivi, i fumetti, ecc...  che compriamo loro per compensare le assenze legate al vivere e al lavoro quotidiano, non possono in alcun modo sanare i vuoti d'amore, di partecipazione, di attenzione, di educazione che gli adulti, ahimè!, infliggono a se stessi e ai bambini. A volte, poi, gli adulti non sono consapevoli del loro agire e credono fermamente che garantire ai figli beni materiali, agi, soldi, costituisca la vera funzione del genitore. «Ti do quel che io non ho avuto!» – pensano – «una bella casa, abiti griffati, vacanze, giochi e giocattoli, viaggi, la possibilità di fare sport, di frequentare una scuola da ricchi. Che cosa vuoi di più da me?». Essi inducono, così, i bambini a diventare “consumatori passivi” che, proprio come i “fumatori passivi” entrano nel gioco di “consumare ad oltranza” per comunicare, esprimere emozioni, manifestare l'affetto. Il “bambino consumatore”, quello che chiede continuamente giocattoli, quello che spende tutti i suoi soldi in tanti oggetti da collezionare, da accumulare, da usare e poi gettare, è un bambino sostanzialmente insicuro, profondamente insoddisfatto che ha adottato il codice del consumismo per entrare in relazione con se stesso e con gli altri e che può arrivare a sentirsi proprio come gli oggetti che lo circondano: un “bambino da consumare”. Un bambino i cui bisogni, desideri, esigenze, necessità affettive, sentimentali, sessuali, educative hanno un prezzo e non vanno ascritte tra quelle che possono essere soddisfatte “solamente” dall'amore incondizionato dei genitori. Un bambino che verrà tenuto a bada dagli adulti “a colpi di consumi”. Come dire: «Consuma, stai zitto e non darmi fastidio!».
Vero è che allevare un bambino è un compito di grande responsabilità, da portare e condividere non soltanto in due ma in tanti. «Per crescere un bambino – diceva il presidente dell'Unicef Arnoldo Farina – non basta una famiglia, ci vuole una comunità!». I genitori devono esigere una famiglia, una scuola, una società “a misura di bambino”, dove i consumi siano mirati soprattutto a stimolare la crescita emotiva, affettiva, psicologica.