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Messaggi del 09/05/2010
Post n°4159 pubblicato il 09 Maggio 2010 da psicologiaforense
RIFLESSIONE DELLA NOTTE
Mi chiedo sempre, e credo di non essere la sola perché questo é anche uno sport nazionale, quanto noi italiani siamo diversi e peggiori degli altri. Degli altri, intendo, confrontabili per storia e geografia. La questione dell'insulto, dell'offesa libera, del lancio della diffamazione contumeliosa, meglio se un sacco satirica (é d'obbligo per il ricevente indossare il silicio dell'autoironia, se non vuoi finire trifolato alla khomeinista) non é soltanto una questione generale e di cultura popolare, e neanche di sociologia. La colpa, se colpa c'é, e c'é, é prima di tutto dei giornalisti. Il comunicatore (GIORNALISTA, BLOGGER, ecc…) ovviamente comunica: cioé trasferisce sul ricevente delle emozioni. Senza emozioni non esisterebbero ricordi (un sapore, un odore, una madeleinette...), né permanenza della memoria, né schieramento, né partecipazione tifosa. Il comunicatore (anche BLOGGER) sa dove deve andar, come il cavallo del vecchio fiacre: deve andare là dove lo tira il vento della contumelia e dell'insulto, dell'aggressione e della ferocia. Che volete che sia la comunicazione televisiva spacciata per dibattito politico, senza l'insulto? E allora perché non catalogarlo fra le armi proprie, come quelle dei duelli regolati dal codice cavalleresco dell'omicidio sotto controllo? Da noi non alligna il coraggio, ma la VILTÀ: la libertà di aggredire senza pagare prezzi, la facoltà di ferire e uccidere potendo contare sul plauso obbligato della vittima, che é costretta a piegarsi e umiliarsi e di fronte a una canagliata che lo espone alla gogna, se non é un cretino, deve sorridere a trentasei denti e dire: mi diverto tantissimo, ben gentile, oh che bel dibattito, quanto umorismo. L'insulto é la misura della nostra servitù e quando troveremo la notizia che il dizionario dei nuovi insulti chiude per mancanza di materia prima, allora alcuni di noi stapperanno non dico una bottiglia di champagne, ma una bottiglietta di gazzosa e ci sentiremo più vicini ai Paesi Maestri di Democrazia che al Ruanda.
Post n°4158 pubblicato il 09 Maggio 2010 da psicologiaforense
L'EDITORIALE DELLA NOTTE MOLTI ricorderanno il momento in cui un gran numero di valori, fino a ieri dominanti, divennero d'un tratto sospetti. Negli Stati Uniti apparvero perfino dizionari, che avevano come scopo quello di elencare questi valori e di smantellarli: si chiamavano dizionari del “politicamente corretto”, e l'anticonformismo era la principale virtù della minoranza intellettuale che ispirava questa diffusa contestazione delle mentalità, dei comportamenti, delle parole benpensanti di sinistra. Finalmente, gli adepti del Politicamente Scorretto avevano messo in questione certezze che avevano perso il rapporto con la realtà ed erano degenerate in dogmi. Finalmente ne avevano rivelate le ipocrisie, le prigionie, la vocazione a castigare i cervelli con arroganti polizie del pensiero. Infatti, fu un momento emancipatore per il pensiero e anche l'azione politica: liberò non poche parole e concetti sequestrati, fu un'operazione di igiene mentale e filologica. L'uguaglianza, la fratellanza, la pietà, la bontà, l'altruismo: questi e altri vocaboli furono trascinati davanti al tribunale della critica e non poterono più essere impiegati senza un qualche malessere, come accade a chi si dichiara innocente e pacifico pur rubando e usando violenza. Molti fecero carriera grazie a questa capacità di denunciare quel che per decenni era vincolante: siamo eguali di fronte alla legge, siamo divisi e però fratelli, siamo obbligati verso l'altro da antichi imperativi come bontà, compassione, pace. Molti fecero carriera incriminando quello che essi stessi avevano smodatamente incensato. Ma adesso non è più una minoranza ad auspicare il Politicamente Scorretto. È una maggioranza solida, e tra le più conformiste, che esibisce speciale sicurezza ed esercita un potere quasi assoluto sui vocaboli, sulle menti. Ma quel che stupisce non è solo il degrado del vocabolario, il suo ridursi a newspeak, Nuovo Linguaggio deliberatamente immiserito e conformista, dotato di appena due-trecento parole come in Orwell. Quel che stupisce è l'ipocrisia che accomuna il cattivismo odierno e il Politicamente Corretto di ieri: sono proprio i più scorretti, proprio coloro che denunciano con più foga il buonismo o il “pietismo papalino» (Nietzsche parlava di morale schiava) a ergersi oggi in difesa delle radici cristiane d'Europa. A indignarsi che il cristianesimo non figuri nella Costituzione europea. Proprio chi esalta l'individualismo senza freni e il mercato senza regole auspica il ritorno ai basic values, ai valori della famiglia, della patria. Forse è ancora una volta la noia, che li spinge a contraddirsi così grottescamente. Forse “avranno le loro buone ragioni», ignote al cittadino comune. Facciamo finta di nulla: il nervosissimo Novecento iniziato nel '14-'18 può ricominciare.
Post n°4157 pubblicato il 09 Maggio 2010 da psicologiaforense
Con quelle facce un po' così
Il bollettino della repubblica di Cialtronia, della quale siamo sudditi attoniti, assegna un riconoscimento alle persone che nel corso della settimana hanno cercato di risollevare il morale del popolo con esibizioni strepitose di facce di tolla. Terzo premio (Faccina di Tolla) all’ex ministro Scajola. L’uomo dalla lingua irrefrenabile che diede del «rompicoglioni» al professor Biagi e persino a Galileo.
FONTE: LA STAMPA
Post n°4156 pubblicato il 09 Maggio 2010 da psicologiaforense
IL CORSIVO DELLA DOMENICA
I bravi bambini giocano allo stupro Ultima moda a scuola 10 12 ragazzini simulano la violenza a una bambina sotto lo sguardo degli insegnanti
QUELLO su cui sto riflettendo riguarda bambini nei due mondi della “fiction” e della vita. La contraddizione é assoluta, totale. Nei programmi tv e nei film i bambini vivono festosamente accanto agli adulti, in aggregazioni, comitive, famiglie e avventure in cui il rapporto é armonioso, i bambini sono adorabili, gli adulti sono protettivi, saggi bambini più grandi si occupano dei più piccoli, i fratelli si armonizzano con le sorelle, i bambini chiamano amici e allargano il cerchio intorno agli adulti. Dall' altra parte dello schermo c’è la realtà. Ad esempio, in una scuola media di Yonkers, quartiere di classe media della periferia di New York, si gioca “allo stupro”. Si chiama proprio così “playing a rape game”. Il gioco inizia con sguardi. Alcune bambine bloccano la “vittima” designata e, con uno sgambetto, la buttano a terra. Poi il “branco (pack)” fa “il gioco” cercando di simulare quello che si fa in uno stupro, ma al modo in cui si gioca alla guerra. La bambina se sta al gioco mima la sua difesa. Poi tutti si alzano ridendo e tornano ad altri giochi. E sono gli stessi insegnanti i loro difensori che hanno letteralmente impedito alla polizia di “interferire con la scuola”. Data la giovane età dei “colpevoli”, forse hanno fatto bene. Ma questi giochi esprimono una cultura che giovanissimi e ragazzini sentono di ricevere dagli adulti. Anticipano un comportamento che aspetta solo la pienezza della forza fisica per maturare. Questa finzione tra realtà e rappresentazione della stessa non é il peggiore dei giochi?
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Inviato da: Nuvola_vola
il 09/01/2019 alle 19:15
Inviato da: moltiplicazeri
il 16/12/2018 alle 17:51
Inviato da: monellaccio19
il 01/11/2018 alle 07:57
Inviato da: Brillante.Nero
il 06/09/2018 alle 23:51
Inviato da: casadei.lisetta
il 24/04/2018 alle 10:49