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Messaggi del 07/06/2010
Post n°4304 pubblicato il 07 Giugno 2010 da psicologiaforense
FURTO DI OPERE D'ARTE: E' IL DELITTO DEL 2010. SALE IL VALORE DELL'ARTE SPECIALMENTE COME MERCE DI SCAMBIO NEI NEGOZI ILLEGALI E PROFONDAMENTE CRIMINALI Le rapine nelle Galleria d'arte Moderna? Un fatto molto positivo. È l'arte che va a mettersi al centro della nostra cultura È il giorno successivo alla scoperta dell'irruzione armata in un'istituzione pubblica, difesa da sistemi d'allarme e custodi che malviventi hanno reso impotenti. Il giorno delle riflessioni e delle accuse. OSSERVO IN MERITO: Prima i furti venivano fatti nelle chiese, nelle case, nei musei meno protetti. Questo furto è qualcosa di diverso, molto legato al mutamento della nostra cultura . L'opera d'arte diventa più importante. Mostra che esistono collezionisti che sono grandi amatori, disposti a rischiare pur di possedere l'oggetto del loro desiderio. Indica anche che i ladri sono più colti di una volta, sono di un certo livello. Ma questi quadri non si possono vendere, non hanno nessuna possibilità di essere immessi sul mercato. È più probabile quindi che il furto sia stato fatto per ricatto, usando l'opera d'arte come merce di scambio. Noi stiamo passando da una civiltà a un'altra, da quella definita dai criteri di produzione, dalla visibilità del prodotto, dalla concorrenza fra una parte e l'altra del pianeta, a una società di lavoro e beni immateriali, di simboli e cose virtuali. Una società in cui la materialità si riduce e cresce la dimensione virtuale. Anche i delinquenti sono cambiati. Vanno a collocarsi negli spazi dove la nostra cultura ci porta. Quanti sono i furti che si compiono attraverso le strade informatiche, espressione del nostro tempo? È in questa prospettiva che l'opera d'arte cambia la sua valenza: perde sul terreno della materialità, cresce nel suo valore simbolico, tanto da diventare l'oggetto su cui si può puntare per ottenere una grossa contropartita. All'eventuale collezionista che fa entrare in azione un commando armato per impossessarsi di tre capolavori, pur sapendo che non può nè esporli nè venderli e deve tenere per sè per chissà quanto tempo il suo segreto, credono poco i mercanti d'arte che di questo mondo conoscono le sfumature e le ombre. L'amante d'arte che si innamora troppo, tanto da far commettere un furto così clamoroso, mi piace immaginarmelo. Ottiene l'opera che predilige e se la gode solo lui, neanche può mostrarla agli amici, alla moglie, ai figli. Ama l'opera d'arte in sè, indipendentemente da tutto. Ma la realtà è ben diversa. Un collezionista così è improbabile. Dietro vicende come questa vedo invece qualcosa d'altro, e non poco inquietante. Vedo plausibile l'ipotesi del ricatto. Forse stiamo assistendo alla nascita delle forme del terrorismo e della criminalità che contrassegneranno la fine del secolo. Il collezionista non rischierebbe mai di tenere in casa un oggetto così noto e pericoloso. Siamo entrati nel boom della cultura Questo è uno degli effetti perversi che ne possono esserne derivati. Già i musei erano poco preparati a difendersi da furti e vandalismi, ma ora sono entrati in funzione gli uomini armati. Tutta la situazione è da rivedere. E le grandi mostre, i grandi eventi cultura mettono in vetrina il valore di quanto si espone. La nostra società dà valore alle cose se valgono denaro. Ricordiamoci la mostra di Van Gogh a Roma di qualche anno fa: c'erano file interminabili, fu un delirio, un pellegrinaggio pazzesco. Andava a guardare Van Gogh anche chi mai aveva saputo qualcosa di questo pittore. Sapeva però che un quadro di Van Gogh era stato venduto per moltissimi miliardi di euro. Si andava a vedere l'oggetto che brillava di tanto denaro.
Post n°4303 pubblicato il 07 Giugno 2010 da psicologiaforense
QUELLO DEI MASCHI E' PIU' PESANTE: E ALLORA? IL CERVELLO SULLA BILANCIA UN autorevole studioso, Richard Lynn, psicologo, professore emerito dell'Università dell'Ulster, ci da' una notizia. Tutt'altro che nuova, per la verita': il cervello dei maschi e' piu' pesante di quello delle donne, le quali, verso l'eta' adulta, sarebbero superate, quanto a capacita' intellettive, dai loro coetanei maschi. Insomma, contrordine, compagni. Per il momento il sesso forte non sembrerebbe destinato a essere declassato a ex, come facevano supporre alcune scuole di pensiero che si sono spinte addirittura a parlare di inferiorita' biologica rispetto alle donne, dimostrata da numerosi fattori, tra cui la longevita' femminile e, per l'appunto, la conformazione del cervello maschile. Piu' grande, e' vero, - e di 100 grammi circa di quello femminile - ma piu' «primitivo», elemento che farebbe si' che i maschi abbiano una maggiore propensione per l'azione, per la competizione, per la mobilita', mentre le femmine manifesterebbero emozioni e sentimenti che hanno a che fare con l'accudimento e la cura della prole. Si potrebbe naturalmente seppellire sotto una risata quello che e' uno dei piu' vieti, sdruciti e abusati stereotipi che sostengono le differenze su base biologica. Un lascito da dimenticare del sapere antropologico, criminologico, psichiatrico di epoca positivistica che ha legittimato in nome della scienza disuguaglianze di potere e prevaricazioni e la presunta diversita' tra uomo e uomo e tra uomini e donne.
Post n°4302 pubblicato il 07 Giugno 2010 da psicologiaforense
TIGRE CONTRO TIGRE
Lo scatto di una vita, un bel colpo di fortuna quello capitato all'autore di questa foto all'interno del Parco Nazionale del Ranthambhore nel Rajasthan, India. Un giovane maschio (di spalle nell'inquadratura) ha osato soffiare il pasto a una veterana della riserva, una femmina di 14 anni chiamata Machali. Per quasi un minuto l'anziana tigre (Panthera tigris) ha difeso la preda, un cervo sambar, dalle grinfie dell'avversario a suon di zampate, morsi e unghiate. Ma alla fine si è arresa alla forza dirompente del maschio cedendogli il pasto. In base a recenti stime la popolazione di tigri in India si è drammaticamente abbassata a 1350 esemplari, poco più di un terzo rispetto alle 3700 che si pensa fossero presenti nel paese 8 anni fa.
Post n°4301 pubblicato il 07 Giugno 2010 da psicologiaforense
Un grattacielo ad Abu Dhabi, la Capital Gate, è stato riconosciuto l'edificio più inclinato del mondo dal Guinness dei primati, spodestando così la Torre di Pisa. Lo riporta oggi la stampa degli Emirati Arabi Uniti. La torre Capital Gate, ancora in costruzione dalla Abu Dhabi National Exhibitions Company, alta 160 metri e a 35 piani, è parte di un complesso nella capitale degli Emirati e gli architetti che l'hanno progettata l'hanno voluta pendente a partire dal 12° piano.
Post n°4300 pubblicato il 07 Giugno 2010 da psicologiaforense
IL MIO EDITORIALE DELLA NOTTE
INFORMARE SINCERAMENTE E DIRE LA VERITA’ ANCHE AL PAZIENTE ONCOLOGICO TERMINALE?
Da qui la necessità di porre particolare attenzione alle comunicazioni verbali ed extraverbali che si inviano al paziente. Sempre e solo all'interno di uno stretto e proficuo rapporto curante-curato, il malato deve ricevere tutte quelle informazioni che gli permetteranno di affrontare nel miglior modo possibile la malattia. E’ superfluo ribadire, a tal proposito che il paziente non va mai lasciato in balia a dubbi, paure, supposizioni, sospetti che sono, per certo, un fattore negativo e distruttivo. In questa stessa prospettiva si colloca anche il cosiddetto problema di tacere o schermare la verità al morente. In molti Paesi questo non avviene più: al paziente si comunica la diagnosi vera, le probabilità di vita, il tempo presumibile di sopravvivenza. Da noi permangono, al riguardo, comportamenti diversificati all'interno di una tendenza generalizzata a mimetizzare la realtà. E’ infatti esperienza comune il vedere il moribondo e quelli che lo circondano recitare tra loro la commedia del «nulla è cambiato », «la vita continua come prima », «tutto è ancora possibile ». Sembra quasi che si voglia ripresentare, in forma moderna, un'antica concezione tabuistica secondo la quale pronunciando determinate parole (cancro, perdita della speranza, agonia, dolore, sofferenza, morte , ecc... )si verrebbe a renderle «attive ». In effetti l'annoso problema se dire o tacere la verità al malato appare più fittizio che reale. Ogni paziente, infatti, fa caso a sé, non si può generalizzare: in alcuni prendere consapevolezza che il proprio organismo ha messo in atto un programma di morte può mettere drammaticamente in atto un programma di vita. In altri il conoscere intempestivamente ed improvvidamente la « verità» può indurre a comportamenti suicidari, abbandonici, a ricercare o a richiedere forme di eutanasia, ad abbandonare ogni terapia, a sprofondare nella depressione più cupa sprecando il tempo che resta da vivere prigionieri di un incubo fatto di vuoto e di solitudine. Così impostato il problema, appare evidente che ad ogni paziente bisogna dire ciò che vuole e può sapere. Pare chiaro anche che lo schermo difensivo che cerchiamo di erigere tra il paziente e l'idea della morte serve, in realtà, a proteggere più noi che il diretto interessato. Ma questa «commedia degli inganni» snatura i rapporti tra malato ed operatori sanitari, ha alti costi psichici ed è fonte di non pochi effetti negativi. In conclusione, è importante che il medico sappia porsi in una situazione di «ascolto empatico» e di «identificazione comprensiva» con il proprio paziente e che, dopo aver posto ogni cura nell'ottimizzare il rapporto curante-curato, risponda serenamente alle domande del malato, senza pericolose fughe in avanti, comunicandogli quella «verità del momenta attuale» che desidera conoscere e che può sopportare.
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Inviato da: Nuvola_vola
il 09/01/2019 alle 19:15
Inviato da: moltiplicazeri
il 16/12/2018 alle 17:51
Inviato da: monellaccio19
il 01/11/2018 alle 07:57
Inviato da: Brillante.Nero
il 06/09/2018 alle 23:51
Inviato da: casadei.lisetta
il 24/04/2018 alle 10:49