Creato da: psicologiaforense il 14/01/2006
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Messaggi del 06/09/2010

 

TESTI&PRETESTI, ESSERE E BENESSERE,CIBO COME FARMACO SALUTE, MALATTIE, PATOLOGIE CARDIACHE, ICTUS, MALATTIE ONCOLOGICHE,

Post n°4630 pubblicato il 06 Settembre 2010 da psicologiaforense

TESTI&PRETESTI: CIBO COME FARMACO

MONDO INDUSTRIALIZZATO, LOTTA GLOBALE AL COLESTEROLO

Contro il «rischio globale» di malattie coronariche (ma anche oncologiche, cerebrali, ecc...) il National Cholesterol Education Program americano ha presentato le linee guida della sua lotta al COLESTEROLO. Il piano sottolinea come i farmaci per ridurre il tasso di COLESTEROLO nel plasma debbano valutare il livello di «rischio coronarico globale» del paziente, cioè la sua probabilità di avere un infarto di cuore o una morte coronarica, più che il solo valore del COLESTEROLO.
DETTO QUESTO VA RILEVATO CHE: Fumo, colesterolo, pressione e obesità sono fattori, come sopra sottolineato,  che incidono molto sul rischio di malattie cardiovascolari, e  che con la prevenzione hanno conosciuto una forte diminuzione. La stessa cosa funziona con i tumori. INFATTI più di   un terzo dei tumori può essere prevenuto mangiando meglio. Il fumo è il pericolo numero uno. QUINDI DIETA ( O MEGLIO "STILE DI VITA NUOVO" ), esercizio fisico in forma continua (almeno un'ora di camminata veloce al dì) e il controllo del peso. L'indice di massa corporea è importante: si pensi che in America e in qualche paese europeo  lo mettono nelle pagelle, perchè sta diventando un'emergenza.  Ideale resta la DIETA mediterranea, con olio d'oliva a crudo, pesce, verdure, pochissima carne, non tantissima pasta, frutta.
CIBI E BEVANDE  SCONSIGLIATE:

- burro, creme, formaggi, latte intero
- biscotti, dolci e pasticcini
- grassi idrogenati ( presenti in cibi fritti e   lavorati )
- salse, pasticci di carne, pancetta, hamburger, grasso, 
- caffè non filtrato, vino, birra,  liquori, bevande  gassate  
- rognone, fegato, anatra, agnello, gamberetti , sardine.  
 
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L'EDITORIALE DELLA NOTTE: VEGETARIANI, VEGAN, ALIMENTAZIONE, SALUTE, VITA, ANIMALI, PRESERVATIVI VEGETARIANI

Post n°4629 pubblicato il 06 Settembre 2010 da psicologiaforense

EDITORIALE

UN FENOMENO CHE FA PROSELITI: VIVERE NELLA NATURA ANCHE A TAVOLA.


Vegan, molto più che vegetariani. Bandiscono dal menù qualsiasi cosa venga da animali.

In Italia i VEGETARIANI sono più di tre milioni e se si considerano anche i «simpatizzanti» il numero raddoppia. Una tendenza che ha avuto un impennata dopo mucca pazza e che con uno sponsor del calibro dell'ex ministro Umberto Veronesi è destinata a crescere ancora. In questo mondo di alimentazione «non violenta» occorre distinguere diverse anime. I VEGETARIANI mangiano i prodotti degli animali, come i latticini e le uova, mentre i vegan (o vegetaliani) rifiutano qualsiasi cosa provenga dall'amico a quattro zampe e concentrano la loro alimentazione su cereali, seitan (proteine a base di glutine di frumento), frutta e verdura. Il rifiuto per i derivati animali è totale è comprende anche la lana, la seta, la pelle, cosmetici. Da qualche anno ci sono anche i preservativi «VEGETARIANI» in cui il latte di mucca, utilizzato durante la lavorazione industriale del lattice di gomma, viene sostituito dalla polvere di cocco. Un pianeta di oltranzisti che spesso si confondono con un'altra categoria di persone che allarga ogni giorno le fila, ossia gli ortoressici, coloro che sviluppano una fobia per tutti i cibi che considerano «non sani» e che passano ore a pianificare un'alimentazione salutisticamente corretta. Un vero disturbo alimentare che ha iniziato a colpire negli Stati Uniti e che si sta diffondendo rapidamente anche da noi. Un esempio di «malato» è il vecchio Thorne di Beautiful, Clayton Norcross, che ha svelato i sintomi di questo malessere durante il reality «La Fattoria». Il biondo attore ha perseguitato tutti con la sua ossessione per un regime alimentare «perfetto». Difficile distinguere ortoressici e vegetaliani se non per il fatto che nelle scelte dei secondi è determinante la motivazione etica, la volontà di non far del male a niente che abbia «occhi». E infatti gli organizzatori del raduno di Torino (concerti, buona cucina, ma anche conferenze e informazione) spiegano che vivere vegan significa scegliere di non fare del male: agli animali, all'ambiente, ai popoli del Sud del mondo. «Un inno alla vita, che fa star bene con se stessi e con gli altri». Una vera lobby, ormai, quella dei vegetaliani che indirizza anche le scelte di acquisto. Tanto che un colosso come la Timberland ha annunciato all'associazione animalista PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) che non venderà più prodotti contenenti lana merino australiana, sino a che non cesseranno i maltrattamenti negli allevamenti e il trasporto di animali vivi. Una decisione presa anche da altre marche, come la statunitense Abercrombie & Fitch. Per capire meglio questo mondo c'è il libro «Diventa vegan in 10 mosse», di Marina Berati e Massimo Tettamanti (Edizioni Sonda, 2005). Mentre lo studio su «Ecologia della nutrizione: Valutazione dell'Impatto Ambientale di diverse tipologie di alimentazione» spiega i motivi «ecologisti» di questa filosofia alimentare. «Negli ultimi anni sono stati pubblicati alcuni interessanti articoli sull'American Journal of Clinical Nutrition, dai quali risulta che le diete a base vegetale sono ambientalmente migliori delle diete a base di carne», afferma Tettamanti. Una dieta punitiva? Non secondo chi li fa che si concede anche qualche sfizio come gli «Hot veg» (wurstel di seitan con maionese di soia o ketchup o senape), i «Burger» (burger di soia con lattuga, pomodoro e maionese di soia o ketchup ). Tra i fan dello stile di vita Vegan molti nomi famosi. Primo fra tutti Paul Mc Cartney che ha allevato in questo credo anche i suoi figli tanto che Stella Mc Cartney, astro della moda londinese, è famosa per aver progettato da Gucci una linea di accessori tutti in eco-pelle e tessuti naturali. Il suo rifiuto di usare prodotti animali è totale tanto che viaggia solo su aerei che abbiano sedili non di vera pelle. Ma la lista dei «VEGANI» è lunga e include anche un campione di Wrestling come Chris Campbell, Edwin Moses (oro nei 400 m a ostacoli alle Olimpiadi di Montreal nel 1976 ed a quelle di Los Angeles nel 1984), i musicisti Bryan Adams e Peter Gabriel, la tennista Martina Navratilova molte attrici di Hollywood come Tea Leoni, Rosanna Arquette, Daryl Hannah. le modelle Naomi Campbell e Jasmine Le Bon e altre modelle famose (VEDI FOTO QUI SOTTO). Un elenco lunghissimo continuamente aggiornato dalle associazioni vegane e vegetariane alla ricerca di facce note che aiutino la loro missione.

 




 
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RIFLESSIONI, PENSIERI, SUGGESTIONI, COSTUME, MODA, FEMMINISMO, FEMMINILE, PIEDI, TACCHI, EMANCIPAZIONE FEMMINILE, UOMO, DONNA,

Post n°4628 pubblicato il 06 Settembre 2010 da psicologiaforense

LA RIFLESSIONE


Ondeggiare sui tacchi come sul ponte del Titanic

Finite le tette in libertà, tramontati i mocassini college, le timberland e gli anfibi unisex, seppelliti i moncler e i bomber, cancellato il minimalismo. A tornare, a far parlare di sè, a unire? dividere? in appassionate discussioni planetarie ecco invece i tacchi alti. Corsi e ricorsi storici, ci insegnavano al liceo, ma riferendosi forse a qualcos'altro. I tacchi alti, però, assai più degli altri revenant, fanno parte del patrimonio storico femminile. Generazioni e generazioni di bambine si sono allenate alla professione di donna saccheggiando le scarpiere delle madri e scalpicciando poi rumorosamente per casa: ogni tanto franavano giù, ma avevano ossa morbide, non si facevano un gran male, al massimo una stortina, sanabile con un impiastro domestico, chiara d'uovo sbattuta. I tacchi di adesso però sono altra cosa e l'apprendistato infantile non basta più a scansare l'intervento dell'ortopedico: i tacchi di adesso sono perlopiù di metallo, acuminati stiletti al titanio di 12, 14, anche 16 centimetri, su cui si ondeggia come sul ponte del Titanic dopo l'impatto fatale con l'iceberg. Soltanto le più accorte, quelle che hanno fatto un preventivo training guidato o autogestito, riescono a non stramazzare. Però però... Il tacco alto è una tortura deliziosamente appagante, perchè snellisce caviglie e polpacci, regala verticalità principesche, stimola fantasie erotiche. Vedendoti su quei tacchi lui immagina di salvarti spalancando le braccia oppure fantastica di giarrettiere occultate sotto la gonna e magari anche di frustini nascosti nella borsetta. Il tacco alto altissimo trampolesco seppellisce il femminismo e risuscita - forse - la femminilità, nella sua ambigua versione postmoderna.

 
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LA SENTENZA: SEPARAZIONE, DIVORZIO, AFFIDAMENTO DELLA PROLE, GENITORI SEPARATI, FIGLI CONTESI, FIGLI NEGATI, PADRI, MADRI,

Post n°4627 pubblicato il 06 Settembre 2010 da psicologiaforense

Se al padre separato s'impedisce di vedere i figli, scatta il risarcimento

MA CHI RISARCISCE I FIGLI... MI CHIEDO IO?

Figli negati? Il coniuge cui vengono rese difficoltose le visite va risarcito per il mancato affetto. Lo rileva la Cassazione nell’accordare tremila euro di risarcimento ad un papà romagnolo la cui ex moglie aveva «pretestuosamente negato l’esercizio del diritto di visita» della figlia quattordicenne. Secondo piazza Cavour, oltre alla condanna prevista dall’art. 388 c.p. che punisce la mancata esecuzione dolosa del provvedimento del giudice, il coniuge cui viene negato questo diritto deve avere il risarcimento del danno morale per il «rapporto difficoltoso» con la prole.

Già la Corte d’appello di Bologna, nel dicembre 2007, aveva condannato la moglie a quattro mesi di reclusione e a risarcire l’ex marito con tremila euro per avere reso difficili i rapporti con la figlia. Inutilmente la signora ha protestato in Cassazione, tentando di farsi annullare il risarcimento del danno che, a suo dire, avrebbe dovuto essere stabilito in sede civile. La Sesta sezione penale (sentenza 32562/10) ha bocciato il ricorso della donna, che fra l’altro sosteneva che non era stato provato «il danno effettivo».
I giudici hanno evidenziato che è legittimo il risarcimento del danno visto che era stato «reso difficoltoso il rapporto» tra padre e figlio. Oltre a risarcire l’ex marito, dovrà anche pagare le spese processuali da lui sostenute per il procedimento in Cassazione per una somma pari a duemila euro.

 
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LINGUA ITALIANA, PAROLE, EUFEMISMI DA PAURA, DIVERTISSEMENT, PATRIO IDIOMA, SESSO, FARE LA VITA, VENERE CALLIPIGIA,

Post n°4626 pubblicato il 06 Settembre 2010 da psicologiaforense

Cantando con le lucciole sulle note dell'eufemismo

COME SI DICE...

Una parola che è tornata a comparire sui giornali è “lucciola” (l'insetto che girovaga di notte), per prostituta di strada. “Noi siam come le lucciole / viviamo nelle tenebre”: la popolare canzonetta di Bixio-Cherubini la facevano cantare persino le suore nei collegi, ignorando di che si trattasse. È uno dei tanti eufemismi che concerne la sfera del sesso, ricca di queste forme. Le interdizioni variano da momento a momento storico, sociale, culturale. Oggi ad esempio non sono più usate reticenze tipo i puntini di sospensione, con solo indicata la lettera iniziale (“quella donna, una p...”). E suonano antiquati termini generici ed elusivi come “una di quelle” , “fare la vita”, “fare il mestiere”, “una peripatetica”, “una donna di facili costumi”, “una donnina allegra”. Come avrebbero potuto i manuali di storia dell'arte parlare di Venere “dal bel sedere” o “dalle belle chiappe”...! Al massimo un toscano avrebbe detto “dalle belle mele”. Si è preferito usare, con un saputo eufemismo, una parola greca, Venere “callipigia”. Spesso l'eufemismo è anche un fatto di gentilezza, di cortesia. Di un uomo completamente stupido si dice che è “debole di mente”: non a caso “imbecille” in origine voleva dire semplicemente debole, fiacco. Se parlo di un amico i cui affari vanno malissimo preferisco difatti raccontare di lui che “è in gravi difficoltà economiche”. C'è anche l'eufemismo da paura. Per il timore superstizioso di chiamare per nome uno iettatore dico “colui che non si nomina”. L'interdizione da paura ha radici antichissime, deriva dalla concezione sacrale del potere della parola: nominare l'essere temuto vuol dire richiamarlo alla vita, farlo comparire, scatenarne il potere. Erano impronunciabili i nomi di divinità, di demoni, nomi tabù. “Cribbio”, “perdinci”, “perdiana” sono tutti modi per evitare di nominare, in questo caso, il nome di Cristo o di Dio. Gli eufemismi da paura. Esistono nella nostra lingua quasi duecento modi verbali di morire: comincio l'elenco, e non lo completerò, non basterebbe lo spazio a disposizione. A parte i modi popolari (schiattare, crepare, tirare le cuoia, tirare il calzino, lasciarci la ghirba, la pelle), ci sono i dialettali (andare a rincalzare i cavoli, firmare il passaporto ecc.), ci sono i neutri, gli asettici burocratici (defungere, mancare, decedere, trapassare, scomparire), e le attenuazioni del tipo spirare, spegnersi, esalare l'ultimo respiro, passare a miglior vita, passare nel numero dei più, andare al creatore, andare all'altro mondo, rendere l'anima a Dio.

 

 
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