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Messaggi del 01/10/2010

 

EDITORIALE DELLA NOTTE, PESTE BUBBONICA, MORTE, SIMBOLO, MITO, MALATTIA, SOCIETA', MEDICINA, SCIENZE, FILOSOFIA, LETTERATURA

Post n°4738 pubblicato il 01 Ottobre 2010 da psicologiaforense

L'EDITORIALE DELLA NOTTE


UN TERRIBILE BACILLO, MAI SCONFITTO...


PESTE CI RICOLGA




 

malattia tra mito e simbolo: 
il potere evocativo e la valenza simbolica della peste.

 

SI ripresentano, a intervalli regolari,  quelli che un tempo si sarebbero detti “rumori di peste”. Nessun male incuteva terrore e angoscia più della peste. “A fame, peste, bello libera nos, Domine” era l'invocazione che accomunava malattia, fame e guerra, la triade delle catastrofi che incombeva sulla società medievale. Sulla nostra, di società -appena cessato l'allarme pandemia influenza suina- continua ad aleggiare la paura di una possibile “pestilenza”, ora nuova, postmoderna, ora antica come, appunto, la peste. Per ora si parla di una decina di casi di peste bubbonica, registrati a Kehailia, ad una trentina di chilometri da Orano. Pure, questi pochi elementi contengono alcune parole chiave capaci di creare accostamenti, suggestioni, assimilazioni tra presente e passato. Orano è la dolente città-simbolo del romanzo di Camus, La peste (1947), allegoria dell'occupazione nazista e della guerra. Assente da cinquanta anni dalla nera lavagna delle malattie epidemico-contagiose, col suo corollario di ratti - veicolo vivente del bacillo - e di pulci pestigene ricompare, misteriosamente, in quest'alba di millennio ricordandoci: non c'è mai una vittoria definitiva sulla malattia. Che “si addormenta” si nasconde e si spegne; ma non muore.
E sopravvivono, quasi intatti - nonostante tutto quello che sappiamo ormai del bacillo Yersinia pestis e della sua modalità di trasmissione - il potere evocativo e la valenza simbolica della peste. Così copiosamente documentata, rappresentata e descritta: da Boccaccio, coevo della Morte nera, a Manzoni a Defoe, ad una folta schiera di cronisti, che ci hanno lasciato anche minuziose descrizioni dei quadri clinici delle forme del male e dei “segni”, come i “bubboni”, cioè gli ingrossamenti infiammati delle ghiandole linfatiche. È bubbonica la peste d'Orano, la forma più comune. Che continua a serpeggiare nel mondo, in quelle aree in cui le ospiti del bacillo - cioè le pulci - possono far conto sulla fauna di cui sono parassite: roditori, ratti, alcune specie di scoiattoli e cani della prateria. Insomma, le vittorie riportate lungo i secoli sul bacillo della “peste” - nella sua accezione più ampia - è sempre parziale: esso può restare nell'ombra per decenni e “poi svegliarsi e mandare i topi ad attaccare un paese felice”.

 
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RIFLESSIONI, PENSIERI, SCIENZA, PSICOLOGIA, MAL D'AMORE, PSICOPATOLOGIA, PASSIONE, MALATTIA, PSICOTERAPIA,

Post n°4737 pubblicato il 01 Ottobre 2010 da psicologiaforense

LA RIFLESSIONE DELLA SERA

 

LA PASSIONE È UNA MALATTIA MENTALE.


SOFFRI PER AMORE? VAI DAL MEDICO

 

Qualcosa, dopotutto, vorrà pur dire se il lessico “specialistico” ruota così irresistibilmente intorno al campo semantico della medicina. Soffrire per amore, avere il batticuore o il cuore infranto, essere consumati, o, addirittura, pazzi d'amore. O, ancora, febbre d'amore, amore morboso, amore malato. Per non ricordare che alcune espressioni correnti che rimandano a stati patologici di diversa intensità, dall'innocua febbre alla tachicardia, per arrivare addirittura alla malattia mentale, usata comunemente come metafora per descrivere l'esaltazione del sentimento d'amore, tanto che persino nella nostra contemporaneità così smaliziata una delle dichiarazioni più diffuse è “ti amo da impazzire”.
A  confermarci ora che l'amore, in certi casi, è, o può essere, una malattia è una ricerca che sarà pubblicata in novembre sulla rivista The Psycologist 2010.  Non è una novità. La più aggiornata esegesi psicologica e psichiatrica  non solo parla di  “mal d'amore” ma anche dimostra che tale patologia   è ampiamente sottovalutata. Avere il cuore infranto, “consumarsi” per un amore non corrisposto, si traduce in una vera e propria sindrome  psicofisica, accompagnata da una costellazione di sintomi che comprendono, secondo gli stadi: manie, depressione/esaltazione, crisi di pianto, mutamenti d'umore, pensieri ossessivi, insonnia, perdita d'appetito, immagini ricorrenti e persistenti, pulsioni superstiziose e ritualistiche, incapacità di concentrazione, disordini compulsivi e ossessivi, come il ripetuto controllo della posta elettronica per verificare l'arrivo di messaggi o la dipendenza dal telefono. Ce n'è abbastanza per configurare la presenza di quello che secondo i criteri medici riconosciuti è indicato come un quadro tipico psicopatologico. Eppure, negli ultimi due secoli questa vera e propria malattia ha smesso di essere diagnosticata come tale e mai  troviamo  un paziente inviato dal medico generico in quanto malato d'amore. E, forse, lo stesso malato non avrebbe le parole per raccontarla, la sua malattia, e ricorrerebbe alla semantica volgarizzata e impoverita della medicina e della psichiatria (depressione, paranoia, stress, disturbi alimentari, insonnia, ecc…).
Il tempo dirà se è arrivato il momento di medicalizzare il mal d'amore e se entrerà come nuova entità nosologica nella classificazione Internazionale delle malattie (ICD) o nel DSM passando dalle mani dei poeti, pittori, degli scrittori, degli sceneggiatori, dei filosofi, dei cantanti pop in quelle degli psicoterapeuti e degli psichiatri.

 
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antropologia culturale, scienze, festa d'autunno, induismo, navaratri, rama, religioni, riti, tradizioni, costumi, società

Post n°4736 pubblicato il 01 Ottobre 2010 da psicologiaforense

FESTA D'AUTUNNO

Se quello astronomico è cominciato qualche giorno fa, in India l'autunno si festeggia a partire da oggi. Per nove giorni e nove notti, in ogni regione con riti differenti e complessi, si celebrerà il Navaratri, la festa induista del raccolto dedicata alla divinità femminile creatrice Durga. È questo un periodo di rinnovamento interiore ed esteriore in cui il bene trionfa sul male, un'occasione per digiunare e offrire doni alla dea ma anche per rinnovare guardaroba e gioielli.

Preghiere e festeggiamenti culminano nel decimo giorno con la festività di Dusserha (nella foto, una devota), in cui si celebra la vittoria del sovrano divino Rama contro il demoniaco Ravana, rapitore di sua moglie. Fantocci del malvagio sconfitto sono bruciati in tutte le strade, a simboleggiare la volontà di lasciarsi il male alle spalle.

 
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SCIENZA, NELLO SPAZIO NON SIAMO SOLI, NASA, GLIESE 581g, PIANETA ABITABILE, SISTEMA SOLARE, PIANETI EARTH-LIKE

Post n°4735 pubblicato il 01 Ottobre 2010 da psicologiaforense

Individuato il pianeta Gliese 581g: si trova a 20 anni luce da noi

Nello spazio c'è un'altra Terra

Su Gliese 581g c’è l’acqua liquida, grazie a una distanza dalla stella madre che regala al pianeta la giusta energia, e c’è l’atmosfera, grazie a una sufficiente forza di gravità del pianeta per trattenerla. A questo punto non ci sarebbe da stupirsi se Gliese 581g ospitasse qualche forma di vita, pur trattandosi probabilmente di una vita molto differente da quella che possiamo ipotizzare: la presenza di acqua e di atmosfera sono infatti considerati i due fattori più importanti, anche se non unici, per l’abitabilità. La scoperta, pubblicata sul Astrophysical Journal, ha fatto scalpore perché si tratta del pianeta più simile alla Terra mai individuato intorno a un’altra stella, tanto da essere celebrato come il primo luogo al di fuori del sistema solare che potrebbe per primo ospitare la vita.
CARATTERISTICHE – Dista da noi circa 20 anni luce, ovvero un’enormità, ma in termini astronomici è relativamente vicino. La sua massa è all’incirca da 3,1 e 4,3 quella della Terra e il suo raggio è stimato essere tra 1,2 e 1,4 volte il raggio terrestre. E’ roccioso e il suo periodo orbitale è pari a meno di 37 giorni. Il fatto che si tratti del primo pianeta a essere considerato abitabile non significa assolutamente che sia l’unico: i pianeti cosiddetti Earth-like (simili alla Terra) sono molto ricercati dagli astronomi e il fatto che siano riusciti a individuarne uno in relativamente poco tempo fa supporre che il numero di sistemi con pianeti potenzialmente abitabili si aggiri intorno al 10-20 per cento.

 
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