Creato da: psicologiaforense il 14/01/2006
finchè vita non vi separi
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 791
 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2012 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Contatta l'autore

Nickname: psicologiaforense
Se copi, violi le regole della Community Sesso: F
Età: 62
Prov: PD
 

umorismo e satira

 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2012 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 791
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Messaggi del 19/10/2012

 

ULTIMA ORA, PSICOLOGIAFORENSE,

Post n°6844 pubblicato il 19 Ottobre 2012 da psicologiaforense

 Bambino conteso, gli psicologi: «La Pas mette a rischio l'evoluzione del piccolo»

L'alienazione parentale (Pas) rappresenta «un fattore di importante rischio evolutivo per l'instaurarsi di diversi disturbi di interesse psicopatologico». Lo afferma, dopo le polemiche per la consulenza psichiatrica che ha portato all'allontanamento da scuola del bimbo di Cittadella, un documento psicologico forense sull'alienazione genitoriale redatto da un gruppo di 25 tra psicologici giuridici, psichiatri forensi e docenti universitari. Tra questi, oltre al consulente coinvolto nella vicenda, Rubens De Nicola, figurano esperti come Ugo Sabatello e Maria Malagoli Togliatti. I firmatari del documento evidenziano che, pur essendo fuorviante un dibattito sull'esistenza o meno della Pas, è però certo che il fenomeno non corrisponde ad alcuna sindrome clinica; perciò andrebbe rinominata semplicemente come «alienazione parentale», termine con il quale - sostengono - sarà introdotta nell'elenco dei «disturbi relazionali». Vi contribuiscono - sostiene il gruppo di esperti - tre soggetti: il genitore "alienante", quello "alienato" e il figlio, ciascuno con le proprie responsabilità e il proprio contributo, che può variare di caso in caso. In ogni caso, secondo i 25 firmatari del documento, «sebbene essa non determini necessariamente una evoluzione psicopatologica in età adulta, ne è spesso l'anticamere». Per questo - concludono - «non è in discussione la necessità di intervenire, sul piano psicosociale e giudiziario, allorquando si realizzi l'esclusione immotivata di una genitore dalla vita di un figlio, non legata a comportamenti realmente maltrattanti o trasduranti da parte del genitore stesso». Gli psicologici e psichiatri forensi auspicano infine una riforma dell'esecuzione civile di questi provvedimenti «che preveda forme peculiari per i minori, in modo che siano realizzate da soggetti esperti e secondo modalità adeguate».

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

FERMIAMO LA NOTIZIA, LEI LAVORA QUI, ELEONORA CALLEGARO, 28 ANNI, LAUREATA IN MEDICINA, GIUDICE DI PACE,

Post n°6843 pubblicato il 19 Ottobre 2012 da psicologiaforense

 Disabile assunta in un ufficio pubblico
e costretta a lavorare in un sottoscala

 

Un tavolino grande quanto basta per appoggiare due fogli, uno stipetto per conservare qualche atto giudiziario e una lampada. È difficile dire che l’ambiente in cui lavora Eleonora Callegaro, 28 anni, disabile costretta su una carrozzina, sia un ufficio. In realtà è un angusto spazio ricavato nel sottoscala, all’entrata di  edificio in pieno centro a Cavarzere (VE)  all'ombra del palazzo municipale. Oggi il vecchio stabile ospita l'ufficio del giudice di pace e da luglio di quest'anno è stato assunto il nuovo commesso, una ragazza disabile che è costretta a muoversi in carrozzina. La rampa di scale, per raggiungere gli uffici al primo piano, è però una barriera insormontabile per Eleonora e al piano terra non ci sono spazi per allestire un ufficio. Così si è dovuta adattare a trascorrere la sua giornata lavorativa quasi sull'uscio del palazzo, senza alcuna tutela, tra la porta d'ingresso e l'androne delle scale. Stretta in uno spazio ridotto, esposta a qualsiasi condizione meteorologica: freddo, caldo, vento o pioggia. Nel 2011 Eleonora, che è laureata in medicina aveva partecipato a un concorso riservato a persone diversamente abili ed era risultata la prima in graduatoria. I posti a disposizione erano due: uno a Venezia e uno a Cavarzere. L'entusiasmo per aver ottenuto un posto fisso ha lasciato subito spazio alla desolazione. «Per i primi 15 giorni di lavoro - spiega - sono stata mandata al pianterreno di un altro palazzo. Ero quasi totalmente inutile, visto che il mio ufficio si trova in un altro posto. Poi sono stata mandata qui». Un vero incubo: il suo compito sarebbe quello di fare fotocopie e anticamera, archiviare gli atti e rispondere alle telefonate, ma è del tutto impossibile. «Le fotocopie le faccio in cartoleria perché qui non c'è la fotocopiatrice, anzi qui non c'è niente», afferma con desolazione. In effetti manca anche il telefono e se non fosse per la solidarietà delle colleghe, che le passano i fascicoli da sistemare, non farebbe neanche quello. «Il computer me lo porto da casa e qualcosa riesco a fare». Ma un altro problema sono i servizi igienici, ogni volta deve raggiungere il bar percorrendo una superficie sconnessa. «Ho proposto di fare le scale con il sedere, pur di raggiungere il posto di lavoro», una provocazione caduta nel vuoto. Basterebbe un montascale per arrivare all'ufficio, un attrezzo dal valore di mille euro. «Ho anche detto che sarei stata disposta a mettere la metà del prezzo, ma in Comune dicono che non ci sono soldi». È il Comune infatti che dovrebbe adeguare la struttura e permettere a Eleonora di lavorare come tutti gli altri dipendenti, ma le risorse di questi tempi sono quelle che sono. Tanto più che è arrivato il primo freddo, rimanere fermi dietro al tavolino per ore con la porta aperta è tutt'altro che piacevole. «Mi sono attrezzata con una stufetta, ma potrò andare avanti così? È questo il diritto al lavoro? Dov'è la dignità della persona?», si chiede. «Vorrei sapere cosa intendono fare. Io il mio posto non lo mollo. Penso di essere competente e di poter svolgere dignitosamente la mia funzione». Avvocati e clienti passano tutti di lì, qualcuno si indigna, altri la guardano con commiserazione. Ma Eleonora è forte e tenace, capace di reagire. «Ho scritto a tutti - afferma - al prefetto, al ministero della Giustizia, ai servizi sociali, al sindaco, ma al di là delle belle parole non ho ottenuto niente».

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963