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umorismo e satira

 

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Messaggi del 10/03/2013

 

STORIE DI ORDINARIA INCIVILTA', COSTUME & SOCIETA', TENDENZE, INDIFFERENZA, CINISMO, MILANO, DONNE & UOMINI

Post n°7240 pubblicato il 10 Marzo 2013 da psicologiaforense

TANTO, COSI', SOLO PER CONCLUDERE BENE LA SERATA...



L'AMBULANZA CHE BLOCCA IL PASSAGGIO E LE URLA INDIGNATE DELLA SIGNORA CON LA PORSCHE

   

Una sera della scorsa settimana. Verso le 9, una sirena. È un'ambulanza: corre per alcune piccole vie del centro e si infila in uno stretto passaggio che non porta da nessuna parte, se non a un portone e a un piccolo parcheggio sotterraneo. Le persone a bordo  scendono di corsa, tirano fuori una barella, qualche strumento di soccorso e si infilano nel portone. Sono in codice rosso: quando l'emergenza è massima. Mentre i soccorritori spariscono dentro il portone e salgono le scale di gran carriera, capita che un paio di macchine debbano uscire dal parcheggio e si trovino quindi momentaneamente bloccate. Alle nove di sera il disappunto è comprensibile: ma, purtroppo per gli automobilisti, in assenza degli ambulanzieri non c'è nulla che si possa fare. Succede a tutti, ogni tanto; e di solito ci si dispone ad aspettare. Se c'è un appuntamento che dovrà ritardare, una rapida telefonata aiuta a sistemare ogni cosa. Nel frattempo, per i più sensibili, ci sta pure un pensiero gentile alla persona infortunata; e magari anche un ringraziamento mentale a quei volontari che si stanno adoperando per la sua salute. Così nella normalità. Non per tutti, evidentemente.Una delle due macchine bloccate è una Porsche, guidata da una signora di mezza età, che non si sa capacitare di questo inconveniente. Come, proprio lei, con la sua bella macchina, bloccata come se fosse una volgare Cinquecento? Non sia mai. La signora scende, controlla, si agita. Si domanda chi siano quegli incivili che, per soccorrere qualcuno, si sono permessi di rubarle minuti preziosi. Ma non può prendersela con nessuno: tutti gli uomini dell'ambulanza sono all'interno, impegnati nella loro operazione di soccorso. Dura poco, per fortuna. Dopo una manciata di minuti, il gruppo degli ambulanzieri scende dalle scale con il malato in barella. Mentre tre di loro si attardano nell'androne, per permettere il trasporto più sicuro, l'autista li precede di qualche istante. Non l'avesse mai fatto: non appena uscito dal portone, trova la signora che gli intima di spostare il suo ingombrante mezzo di trasporto. L'uomo è talmente sorpreso che risponde soltanto una mezza frase. E allora la signora non ci vede davvero più: con gli occhi fuori dalle orbite, gli dice che lo denuncerà per occupazione di suolo pubblico. Proprio così, come fosse di fronte a una bancarella che vende oggetti di frodo senza permesso. Il volontario la guarda e, con calma educata, la invita a prendere pure nota della targa. Poi va ad aiutare i colleghi, impegnati nella carico del malato a bordo dell'ambulanza. Il mezzo riparte nella notte, le sirene al massimo. E a noi non resta che raccontare, con molta tristezza e malinconia, questo piccolo episodio di ordinaria inciviltà.

 
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LA RIFLESSIONE DELLA DOMENICA SERA, IDEE, OPINIONI, PAROLE, SUGGESTIONI, PENSIERI... PER UN ALTRO GIORNO

Post n°7239 pubblicato il 10 Marzo 2013 da psicologiaforense

RIFLESSIONE, PENSIERI, IDEE, OPINIONI, CITTÀ DELL'ANSIA,  SUICIDIO, GIOVANI, CRESCONO I PROBLEMI PSICHICI,  SOLITUDINE IN FAMIGLIA,  COMPETITIVITÀ,  CRISI, DISOCCUPAZIONE, DISAGIO....  

UN DOMANI DI VENTO

 

 

Nelle città del Nord, in particolare nel Triveneto, aumentano  i tentativi di suicidio e il disagio psichico. Fra gli imputati: la famiglia che si disgrega, la crisi economico-finanziaria, la disoccupazione,  la società tutta dedita al successo e alla competizione esasperata, principi trasmessi anche dalla scuola e dai mezzi di comunicazione. I giovani del Nord  vivono con un tasso di ansia molto elevato. È il fenomeno più diffuso, superiore a quello della depressione. Viviamo in città in cui è stata valorizzata  soprattutto la competitività. Che ha come prezzo l'ansia. Inoltre,  i problemi di rapporti familiari si riflettono sui figli, che lamentano l'assenza dei genitori troppo presi dal lavoro per dedicare loro la giusta attenzione. Si crea così un vuoto psicologico che viene riempito soltanto dal web…. A questo punto il confronto con la propria solitudine diventa drammatico.

 
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LA CARICATURA DI DIO

Post n°7237 pubblicato il 10 Marzo 2013 da psicologiaforense

SI racconta che Nietzsche, aggirandosi ormai folle per Torino, si rivolgesse ai passanti dichiarando: "Sono Dio e ho fatto questa caricatura". Nel dire "questa", indicava se stesso.....

UNA MALATTIA DI NOME NIETZSCHE

“POC'ANZI sono passato vicino alla Mole Antonelliana, l'edificio più geniale che sia stato forse costruito - strano, esso non ha ancora un nome - per un assoluto impulso verso l'alto, - non ricorda nient'altro se non il mio Zarathustra. L'ho battezzata ''Ecce homo'' e l'ho circondata nel mio spirito con un immenso spazio libero”. Così scriveva Friedrich Nietzsche  che com'è noto, amava la «quieta e aristocratica» Torino, i suoi portici «spaziosi», le sue piazze «severe e solenni», le strade tagliate ad angolo retto che «sembrano correre direttamente alle Alpi»: ma in tanta severità e in tanta solennità quell'edificio incongruo e altissimo dev'essergli sembrato assolutamente straordinario. E affascinante. Quando Nietzsche arriva a Torino, nell'aprile del 1888, il cantiere della Mole è in piena attività. Il vecchio Antonelli (ha ormai novant'anni) non si muove più di casa, e la direzione dei lavori è affidata al figlio Costanzo. L'edificio è pressochè completato, perlomeno in altezza, ma i lavori di rifinitura sono ancora lunghi: per un'ironia del destino, finiranno soltanto nel settembre del 1900, un mese dopo la morte di Nietzsche a Weimar. Della Mole Nietzsche deve aver colto l'intrinseca follia. Antonelli la comincio' nel 1863, ma da almeno dieci anni ne coccolava in cuor suo il progetto: costruire l'edificio in muratura più alto del mondo. Nel corso degli anni, Antonelli non si curo' troppo della destinazione della Mole (prima sinagoga, poi museo nazionale): gli importava soltanto che crescesse ogni giorno di più. Sulla sua inutilità, non possono esserci dubbi: ed è facile immaginare il vecchio architetto che se la ride mentre la sua creatura sale verso il cielo. Nietzsche aveva colto la situazione, e ne era rimasto affascinato. Nel Crepuscolo degli idoli, scritto a Torino, osserva che l'architetto «deve rendere visibile l'orgoglio, la vittoria sulla gravità, la volontà di potenza»: aveva in mente la Mole. E un'eco della Mole si puo' cogliere anche quando Nietzsche scrive, nel pamphlet contro Wagner, che l'arte di cui c'è bisogno dev'essere «irridente, leggera, fuggitiva, divinamente indisturbata, divinamente ingegnosa, che come una pura fiamma avvampa entro un cielo sgombro di nubi». NIETZSCHE, che giunse a proclamare la cucina piemontese «la migliore del mondo», mangiava spesso al ristorante «Della Pace», in via Rossini, a due passi dal cantiere: dobbiamo immaginarcelo che cammina, un poco ricurvo, i baffoni spioventi, un soprabito marrone e un cappello a cencio, e improvvisamente alza gli occhi al cielo provando la meraviglia e l'entusiasmo di un bambino. Il piccolo NIETZSCHE, del resto, amava giocare con le costruzioni: in un breve abbozzo autobiografico del '59 ricorda che «ancora piccolissimo costruii una piccola cappella. Più tardi vennero splendidi templi con vari colonnati, alte torri con le scale a spirale e infine castelli». E che cos'è la Mole se non un castello che salendo diventa una torre?

 
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UN PACEMAKER CONTRO L'ANORESSIA, NOVITA' IN MEDICINA, DISTURBI ALIMENTARI, RAGAZZE ANORESSICHE E BULIMICHE

Post n°7236 pubblicato il 10 Marzo 2013 da psicologiaforense

Eccezionale. Nei casi estremi in cui nessuna cura ha risolto anni ed anni di rifiuto del cibo nei pazienti anoressici più gravi può essere risolutivo inserire nel loro cervello un pacemaker che stimola i centri neurali di ansia e umore.

QUANDO LA NEUROCHIRURGIA DA' CORPO ALLA SPERANZA

I risultati sono veramente sorprendenti ed insperati. Alcune delle pazienti hanno ricominciato a mangiare, hanno preso peso e la qualità della loro vita è radicalmente cambiata anche sotto il profilo relazionale e familiare.  La entusiasmante notizi pubblicata sulla rivista Lancet, è il risultato di una sperimentazione clinica svolta in Canada su sei pazienti gravemente anoressiche presso la University Health Network. Il pacemaker è uno stimolatore che si impianta nel cervello e che è già in uso su pazienti con morbo di Parkinson, e in sperimentazione per altre patologie (depressione, Alzheimer, ecc...). Gli esperti hanno impiantato l’apparecchiatura nel cervello delle pazienti e medntre tre hanno goduto solo di lievi miglioramenti le altre  tre hanno superato la situazione di grave criticità in cui si trovavano hanno preso peso e stanno conducendo una vita pressochè normale . Ovviamente si tratta di una terapia estrema perché implica un intervento chirurgico ma è pur vero che l’anoressia se non curata nei primi anni dalla diagnosi diviene sempre più difficile da gestire e molte pazienti rischiano la morte.

 
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IL DECLINO DELLA VIOLENZA, IL MONDO NON E' MAI STATO COSI' BUONO, E' L'EPOCA PIU' PACIFICA DELLA STORIA

Post n°7235 pubblicato il 10 Marzo 2013 da psicologiaforense

Ci crediate o no, e so che la maggior parte di voi non ci crede, nel lungo periodo la violenza è diminuita e oggi viviamo probabilmente nell’era più pacifica della storia della nostra specie. E’ un fatto indubbio, visibile su scale che vanno da millenni ad anni, dalle dichiarazioni di guerra alle sculacciate ai bambini.....

LA VIOLENZA NEL CUORE

Oggi seguiamo con morbosità ma anche con compassione e sofferenza le indagini sull’omicidio di una ragazza da parte dello zio Michele o forse della cugina Sabrina, ci sentiamo parte del tentativo di salvare la vita ad una bambina malata di cuore, ci commuoviamo vedendo un anziano che raccoglie la frutta da terra al mercato e ci indigniamo di fronte ai maltrattamenti degli animali. Non è sempre stato così. Il 13 ottobre 1660 un uomo politico raffinato come l’inglese Samuel Pepys annotava nel suo diario, non senza una certa ironia, le incombenze della giornata: «Sono stato a Charing Cross per vedere il generale maggiore Harrison che veniva impiccato e squartato e, mentre questo avveniva, lui sembrava allegro quanto può esserlo qualsiasi uomo in quelle condizioni. E’ stato ucciso e la sua testa e il suo cuore sono stati mostrati al pubblico e, a quel punto, ci sono state molte grida di gioia… Da lì sono andato a casa e ho portato il capitano Cuttance e il signor Sheply alla Sun Tavern e ho offerto loro delle ostriche». Nessun segno di sgomento, tanto che pasteggiò serenamente, nonostante l’esecuzione di Thomas Harrison, condannato per aver partecipato al regicidio di Carlo I, fosse stata particolarmente cruenta: l’uomo che era stato al fianco di Oliver Cromwell venne parzialmente strangolato e poi sventrato, castrato e infine decapitato.  Ma se all’inizio dell’età moderna la pena di morte veniva comminata per reati quali il pettegolezzo, il furto di cavoli, la raccolta di legna nei giorni festivi o la critica ai giardini del re, ancora nel 1822 in Inghilterra i reati punibili con la morte erano 222, tra cui il bracconaggio, la contraffazione, il furto di una conigliera o l’abbattimento di un albero. Negli ultimi due secoli non solo è diminuito il numero dei reati puniti con la pena capitale ma questa è stata bandita in quasi tutto l’Occidente e negli Stati Uniti, dove resta in vigore seppur non in tutti gli Stati, il numero di esecuzioni cala ogni anno. E’ accaduto perché è drammaticamente cambiato il valore che diamo alla vita, un mutamento intellettuale e morale che nasce prima ancora dell’Illuminismo con lo sfinimento delle guerre di religione, come quella dei Trent’anni, al cui termine la popolazione tedesca si era ridotta di circa un terzo.  La nostra storia è accompagnata dalla violenza, quella delle crociate, delle stragi di eretici, delle torture dell’Inquisizione, e dall’idea che fosse più importante salvare un’anima che una vita. Definitiva per capire lo spirito dei tempi resta la frase attribuita a Simone di Montfort, che guidò la crociata contro gli albigesi nel 1209 e che alle porte di Béziers, prima di massacrare l’intera popolazione comprese le donne e i bambini, rispose così ai soldati che gli chiedevano come avrebbero fatto a distinguere i cattolici (la maggioranza) dagli eretici catari: «Uccideteli tutti, Dio sceglierà i suoi». L’evoluzione della cultura mondiale passa attraverso i sacrifici umani, per motivi religiosi o di superstizione, che accomunano civiltà lontanissime tra loro: dagli aztechi ai dayak del Borneo, dall’Africa all’India (dove le vedove hanno seguito i mariti defunti sulla pira per secoli) all’Europa punteggiata dai roghi delle streghe. Quell’Europa nella quale ancora nel 1700 la tortura giudiziaria veniva usualmente praticata da tutti.  Ma la vera rivoluzione sta nel declino della violenza nella nostra esistenza quotidiana, che non è più dominata dalla paura costante di essere rapiti, violentati o uccisi, tanto che possiamo permetterci il lusso di studiare, programmare, sognare e preoccuparci di invecchiare.   In un’epoca in cui ci sconvolgono il bullismo o una sculacciata non abbiamo idea di come venissero cresciuti ed educati i più piccoli: la punizione corporale violenta è stata la norma per secoli. Ancora alla fine del Settecento nei nascenti Stati Uniti venivano picchiati con bastoni o fruste il 100% dei bambini e la giustizia non faceva distinzioni: nello stesso periodo in Inghilterra una bambina di sette anni fu impiccata per aver rubato una sottoveste. 

SCELTI PER VOI
Il libro della settimana: Steven Pinker, Il declino della violenza, Mondadori, 2013

 
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