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Messaggi del 26/12/2014
Post n°8133 pubblicato il 26 Dicembre 2014 da psicologiaforense
Il tragitto della coppia da coniugi-genitori ad unicamente genitori é perlopiù pervaso da un'infinità di sentimenti. Nel momento della separazione vi é normalmente delusione e rabbia; nelle fasi processuali spuntano il rancore, la rivendicazione, la ricerca dell'auto affermazione, desideri punitivi; dopo la separazione subentra o si accentua il risentimento, la ritorsione, la contesa dei figli, i sentimenti a sfondo depressivo variamente elaborati.... LA RELAZIONE PERSISTENTE Un cenno a parte merita, per la sua rilevanza, quel fenomeno che noi chiamiamo "relazione persistente" ovvero il prolungarsi sine die delle condizioni di lotta o di conflitto. Queste situazioni, a volte, dipendono dal persistere di cose in sospeso, o da animosità reciproca o da frustrazioni con relativo desiderio di vendetta altre volte il mantenersi di una situazione di crisi é connesso a problematiche profonde, irrisolte che investono l'uno ma spesso ambedue i membri della coppia. Mi riferisco a quei fattori che possono influire nell'indurre una coazione a ripetere, come ad esempio l'aver identificato nel proprio partner una figura genitoriale con cui esistevano problemi irrisolti. In tal caso il conflitto non potrà essere interrotto dalla separazione perché la lotta ha un significato di interminabilità. Altrettanto dicasi di quelle coppie che si erano costituite all'insegna della ricerca di una sicurezza attribuita all'esistenza della coppia stessa. La fine del rapporto apre voragini di angoscia alle quali si può riparare solo mantenendo in vita un simulacro della coppia, quella che ora esiste in funzione del persistere del conflitto. Di solito la relazione persistente si esprime attraverso due modalità comportamentali: l'attaccamento e l'ostilità. Con l'attaccamento il soggetto si mantiene in una posizione di attesa che l'altro, di solito il coniuge abbandonante, compia atti riparativi. In questa attesa é ovvio che difficilmente potranno instaurare nuovi rapporti affettivi e saranno del tutto incapaci di realizzare quell'allontanamento emotivo che é la chiave di una buona separazione. L'ostilità diventa la conseguenza della posizione precedente: il soggetto é chiuso dentro la delusione e la sconfitta, anche se non ne é del tutto consapevole e questo si rivelerà attraverso moti ostili e distruttivi. Ciò spiega perché in queste coppie abbondino, a distanza di anni dalla separazione le recriminazioni, i rimproveri, le critiche, le accuse di maltrattamenti, di irresponsabilità e tutto ciò costituisce il terreno più fertile per lo svolgimento di giochi più o meno letali che vedranno impegnate queste due persone, iper coinvolti i figli, attivati avvocati e giudici. In questi casi non viene neppure presa in considerazione la necessità di incontrarsi e di collaborare se non altro per tutelare i figli infatti l'incontro o lo scontro sono in realtà fine a se stessi. E' comune lo squilibrio marcato tra i problemi esistenti e la pervicacia, la rigidità con cui i due ex partner si fronteggiano. Gli stessi legali molto spesso rimangono sconcertati di fronte alla cieca intransigenza del loro assistito.
Post n°8132 pubblicato il 26 Dicembre 2014 da psicologiaforense
Speranza, felicità, futuro, qualità della vita, umanizzazione della società, mondo su misura dell'uomo... VITA E SALVEZZA Il termine salvezza, classico nell'universo di discorso della fede, può sembrare assente dal linguaggio contemporaneo e poco significativo per l'uomo di oggi. Non è però assente dalla nostra cultura e dalla nostra vita il problema della salvezza. A questo problema rimandano espressioni molto più familiari alla nostra sensibilità, come: speranza, felicità, futuro, qualità della vita, umanizzazione della società, mondo su misura dell'uomo, ecc.; si tratta di espressioni che rivelano la consapevolezza, magari implicita, ma profondamente radicata nella psicologia collettiva, del fatto che l'identità dell'uomo, la sua autentica realizzazione, una vita umana individuale e collettiva desiderabile e degna devono ancora essere raggiunte, che l'uomo vive quindi, come singolo e come collettività una vita non pacificata, non libera, non felice, una vita penosamente coartata da limiti a tutti i livelli, una vita insomma che ha bisogno di essere liberata, elevata, qualitativamente migliorata, in una parola, salvata. Questa consapevolezza è una esperienza in certo modo universale, anche se diversamente strutturata nelle varie culture e situazioni storiche personali e sociali. È una domanda che insopprimibilmente sale dalla vita, a cui l'uomo può dare di fatto le risposte più diverse e contrastanti ma che non può eludere.
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Inviato da: Nuvola_vola
il 09/01/2019 alle 19:15
Inviato da: moltiplicazeri
il 16/12/2018 alle 17:51
Inviato da: monellaccio19
il 01/11/2018 alle 07:57
Inviato da: Brillante.Nero
il 06/09/2018 alle 23:51
Inviato da: casadei.lisetta
il 24/04/2018 alle 10:49