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Del Bello

Post n°26 pubblicato il 22 Agosto 2010 da qtvr

A onor del vero stavo ragionando del bello nell'arte... sì lo so che per molti solo il bello è sinonimo di arte. Ma il bello è dato da sensi soggettivi e cultura personale. 

Si può credere che il gusto di un osservatore possa essere influenzato da fattori ideologici e culturali che lo limitano nella sua funzione recettiva. Così come uno che abbia mangiato troppi cibi piccanti o speziati diventa insensibile ai sapori più lievi.

Ogni opera d'arte ha più livelli di lettura e alcuni di essi chiamano in causa il nostro gusto: ovvero una componente soggettiva della percezione basata sull'esperienza.
Quando osserviamo un'opera d'arte visuale già di primo acchito può darsi che essa catturi la nostra attenzione in senso positivo oppure no. Nel primo caso, diremo che "ci piace". 

E' questo il momento in cui in genere si formula un giudizio istintivo, che in realtà è un pregiudizio, cioè si basa su una serie di condizioni preesistenti e non sull'effettiva conoscenza dell'opera. In genere, si dice che un'opera "piace" perché un certo insieme di forme, colori, proporzioni, movimenti, suggestioni presenti in essa hanno colpito favorevolmente la nostra sensibilità. Ma questo non vuol dire che ci piace l'opera, semmai che ci piace la nostra sensibilità, e ci mancherebbe altro: di norma, nessuno dispiace a se stesso riguardo ai gusti.

Insomma, quando esprimiamo un giudizio istintivo su un'opera d'arte, in realtà stiamo considerando quegli elementi di noi stessi che abbiamo ritrovato, o non ritrovato, nell'opera. 
Oppure, come si è visto, esprimiamo un'affinità con l'artista, o un distacco, che può essere di carattere politico, caratteriale, sessuale; infine, possiamo esaltare o denigrare l'opera in base ai nostri pregiudizi culturali. In tutti questi casi, avremo usato l'opera d'arte come un oggetto di compiacimento narcisistico, che tanto più ci piace quanto più riflette ciò che siamo. Che è molto diverso dall'averla capita e apprezzata ma è pur sempre una bella emozione.

 

 

il Chagall delle meraviglie

 

 

 

 

 

da Il transito instabile
L'opera d'arte, dalla necessità di crearla all'errore di distruggerla
di MALESI IN BLU

In genere, la concezione dell'arte come possibile veicolo di tendenze malvagie, antisociali o comunque negative si sviluppa in quel contesto culturale che vorrebbe far coincidere, a forza, etica ed estetica: in parole povere, vorrebbe che il Bello fosse, sempre e comunque, strumento del Bene; altrimenti, vuol dire che non è Bello, ma che la sua bellezza è solo "apparente", non sostenuta dalla Verità, e perciò malsana, pericolosa, una "seduzione del Male" da avversare e combattere. Il problema dell'etica è che non ce n'è una, ce ne sono molte, solitamente legate ad un preciso contesto sociale, storico, umano, geografico (anche se quest'ultimo aspetto va, in tempi recenti, perdendo d'importanza). Non solo, ma la concezione stessa dell'etica è soggetta a evoluzione, rivoluzione e spesso anche involuzione, poiché in certi momenti storici le tendenze peggiori dell'essere umano - come il razzismo, la violenza, lo sfruttamento - trovano regimi pronti a farsene un vessillo, e ideologi disposti a caldeggiarne l'applicazione. Chi ha una concezione dell'arte "asservita" a un'etica predica, in realtà, l'impiego dell'arte come mezzo propagandistico di certe idee politiche o religiose, un'idea ch'è stata assai popolare soprattutto nel Ventesimo secolo.
Le uniche fedi politiche o religiose che impediscono a chi vi partecipi d'essere un artista, sono quelle che vedono l'arte come uno strumento del male o come un nemico da combattere. Una simile concezione dell'arte è stata propria di alcune fedi, di certe ideologie in dati periodi, e lo studio di questo fenomeno può essere utile a comprendere come l'unica cosa che può distruggere l'arte e il bisogno umano di produrre arte (un bisogno che è sempre esistito nei secoli) sia l'ignoranza. Vi sono alcune ideologie che, tuttavia, non possono servirsi dell'arte come strumento di propaganda, in genere perché hanno una prospettiva ideologica lontanissima dalle concezione artistica del proprio tempo. 
Un caso storico, abbastanza noto, è quello del regime instaurato a Firenze dal frate Girolamo Savonarola tra il 1494 e il 1498. Mentre l'illuminato dispotismo mediceo aveva abbellito la città con un gran numero di capolavori d'arte a soggetto sacro e profano, la repubblica proclamata dal frate ebbe un rapporto con l'arte che può essere definito come del tutto ostile, non solo per quanto concerne l'arte profana, ma anche per l'arte sacra. La spiegazione è abbastanza semplice: la visione religiosa del Savonarola e dei suoi seguaci, i cosiddetti "Piagnoni", era lontanissima dagli ideali dell'arte sacra contemporanea . Perciò i grandi artisti residenti a Firenze, emigrarono in quegli anni in altre città, compreso Michelangelo Buonarroti, sul quale la predicazione del frate aveva avuto un certo influsso (che si rivelerà tuttavia in opere ben più tarde, come il Giudizio Universale in Cappella Sistina). Inoltre i "Piagnoni" si resero responsabili della distruzione di un gran numero di opere d'arte, ritenute oscene, in occasione del "falò delle vanità" del 7 febbraio 1497 .
I casi di distruzione di massa di opere d'arte, sempre legati a motivi ideologici, dimostrano poi come un regime di nuova instaurazione possa avere difficoltà a confrontarsi con l'arte preesistente, mostrando spesso una feroce intolleranza: c'è da allibire leggendo i resoconti delle distruzioni operate dai moti protestanti del Cinquecento in Inghilterra, Olanda, Germania e altrove, quando immensi roghi e folle armate di sassi e martelli annientarono in poche ore quadri, codici miniati, statue, vetrate di intere regioni. Una simile furia iconoclasta si ripeté in occasione della Rivoluzione francese: roghi di giorni e giorni incenerirono ad Avignone nel 1793 i polittici di Simone Martini, di Lippo Memmi, del Giovannetti, e sforzi immensi vennero incanalati per demolire edifici che anche solo vagamente potevano essere considerati simboli del vecchio regime, come l'Abbazia di Cluny. Notre-Dame, a Parigi, si salvò per puro caso.Ma anche questi fenomeni, come tutti quei fatti collegati alla difficoltà di capire l'arte, hanno il comun denominatore dell'incomprensione, del fatto che chi distrugge quelle opere non le capisce, e non le capisce perché non le conosce. Quando parlo di "conoscenza" in questo contesto, mi riferisco alla visione della bellezza che è nell'opera d'arte, che può non essere sempre facilmente accessibile, specie se si esprime attraverso modi e forme lontani, se non antitetici, alle tendenze dominanti del gusto dell'epoca. Tant'è vero che non è detto che vi sia bisogno di rivoluzioni o sommosse per distruggere opere d'arte importantissime; per esempio il grande ciclo pittorico di Sant'Egidio, o il coro della basilica di San Lorenzo, entrambi siti a Firenze, furono distrutti semplicemente perché non piacevano più . Quando un'opera d'arte, concepita in un preciso momento storico, è troppo lontana dal gusto contemporaneo, può subire questa sorte senza colpa.

Damien Hirst

 
Rispondi al commento:
lachouette
lachouette il 08/10/10 alle 11:10 via WEB
Si, sarà pur sempre una bella emozione, ma è alquanto limitativa e non ci permette di cogliere l’opera nella sua vera completezza, o a distorcercerne il messaggio, perché contrario al nostro sentire. E non solo, ci porta purtroppo ad esprimere giudizi che possono compromettere l’esistenza di un artista. Se per esempio (è solo un semplicissimo esempio) un pittore raffigura un paesaggio alpino ed io non amo particolarmente tali situazioni, se mi limito a quello che è di mio gusto o mi riflette, esprimerò un giudizio sicuramente negativo dicendo che non mi piace e negandomi così la possibilità di fruire di ciò che quella rappresentazione mi poteva dare, magari nuove sensazioni, o conoscenze. Quindi di conseguenza classificherò in modo discriminante tale opera e mi negherò emozioni che potevano essere molto più ampie e questo solo perché mi sono limitato a me stesso. Stessa cosa accadrà nel caso io colga un messaggio che è contrario a ciò che è da me sentito. Mentre per fruire pienamente dell’arte in se e per goderne, secondo il mio modesto parere, dovrò spingermi oltre, dandomi la possibilità di crescere e di arricchirmi con essa e di avere quindi la possibilità di arrivare a godere di quella bellezza universale a cui tutti hanno diritto di accedere, ma per arrivarci avranno anche il dovere di provare a capire aprendosi ad ogni espressione. Buona giornata. :-)))
 
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