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Post N° 90

Post n°90 pubblicato il 07 Aprile 2005 da adrians3

Gabrieli Moreno Locatelli e' una persona per chi lo ha conosciuto di persona e per chi lo ha conosciuto solo dopo la sua uccisIl tempo e' un invenzione degli uomini incapaci di amare: ricordo di Moreno Locatelli

 

 

 

Gabriele Moreno Locatelli e'  per chi lo ha conosciuto di persona e per chi  solo dopo la sua uccisione quel tragico ottobre di 10 anni fa,  ha sempre  rappresentato la faccia buona del mondo, quella che non guarda  le convenienze, quella che si sporca le mani  perche' sa che se l'esistente  e' pessimo , ognuno deve dare di suo in prima persona.

Su questo versante anche i gesti simbolici hanno un valore  enorme, l'utopia diventa il regno del possibile  per il solo fatto di immaginarla e gia si muove lungo cantieri che  hanno paradigmi e scenari nuovi.

E  cosi' Moreno scelse di lasciare la sua vita  quel giorno su di un ponte, in un'azione simbolica per chiedere la fine di una guerra.

Era il tempo in cui ogni sera i telegiornali ci raccontavano delle atrocita' di una guerra per la quale anche l'Occidente aveva le sue responsabilita'

Era il tempo in cui Don Tonino Bello , nel tacco d'Italia, accendava   falo' di pace per farsi scorgere inutilmente dall'altra parte del mare.

Era il tempo in cui  in molti in Lomellina scegliemmo di partire nel dicembre del 92 e nell'agosto del 93, per andare a fare interposizione nelle zone di guerra, per portare l'idea che bisognava trovare altre forme per risolvere i problemi che non  fossero lo spararsi addosso.

Era il tempo in cui  in molti si correva in giro per l'Europa  fino all'Onu a Ginevra per chiederei inutilmente di difendere, le enclaves bosniache di  Goradze e di Sebrenica.

Era il tempo in cui il nostro ministro degli esteri, Andreatta , dichiarava  che eravamo matti e anche politicamente irresponsabili perche' mettevamo in discussione  le strategie italiane nello scacchiere balcanico.(!!!)

Era il tempo  in cui si formo' a Mortara  un gruppo di 30 persone  che organizzava incontri  pubblici  sotto le vesti dei Beati Costruttori di Padova che ne avevano ideato l'iniziativa.

Era il tempo, dopo la morte di Moreno in cui per 3 anni fummo ogni ottobre in  stazione a Mortara a volantinare  a pendolari dagli sguardi perplessi il nostro amore ed il nostro ricordo per  un gesto cosi'  bello..

Era il tempo in cui una  insegnante di Mortara lascio' la citta' in un gelido inverno per  andare in una Sarajevo  assediata dai serbi e mitragliata dai cecchini a portare  cibo e indumenti per creare ponti di solidarieta' che sostituissero quelli che la guerra andava distruggendo creando voragini tra etnie e  popoli, fino ad ieri uniti.

Era il tempo in cui in una splendida serata  una bambina mortarese ora liceale si alzo' con orgoglio in piedi  in un incontro pubblico e disse " la mia maestra e' andata a  fare finire la guerra" .Silenzio, stupore,parole come pietre, esse sono ancora la', o se volete nella testa di molti.

Perche' mettiamo in rete queste righe, che sembrano datate e inattuali?

Perche' ci e' arrivata nella nostra cassetta della posta una lettera di Albino Bizzotto che ricordando  Moreno dice :

                                                                     

 Dieci anni dopo l'uccisione a Sarajevo del suo volontario Gabriele Moreno Locatelli, l'associazione padovana Beati i Costruttori di Pace attraverso le parole di don Albino Bizzotto, ricorda quel sacrificio partecipando nella capitale bosniaca alle celebrazioni volute dalla Municipalità per ricordare quello che a tutti gli effetti la gente di Sarajevo considera ormai un concittadino martire. E' lo spunto per una riflessione.

Don Bizzotto, come legge oggi gli avvenimenti di dieci anni fa?

"Quella morte non è stata vana perché grazie a gesti come quello di Gabriele Moreno l'impegno della società civile in questi dieci anni è molto cresciuto. Oggi il fatto che la società civile entri nel merito delle guerre non è più considerato un tabù, come dieci anni fa. Che le guerre siano in Bosnia, in Kosovo, in Palestina, in Iraq o in Africa, oggi la società civile, il cosiddetto movimento dei movimenti sa, con azioni dirette nonviolente e iniziative di diplomazia popolare, entrarci nel merito, prendere posizione dall'interno delle situazioni, mettendo in gioco le persone. Azioni come quella in cui è rimasto ucciso Gabriele Moreno, allora bollate come "suicide", sono diventate la sostanza del movimento per la pace. Basti pensare, per citare gli esempi più eclatanti, alle azioni dei pacifisti a Ramallah nella primavera dell'anno scorso, o il blocco dei treni qui in Italia per fermare l'imminente guerra in Iraq". 

I Beati dopo la vicenda della morte di Locatelli furono accusati da più parti di spingere la gente a compiere azioni inutili e suicide.

Credo sia necessario ristabilire la verità su quella morte. Le polemiche seguite a quella dolorosa vicenda sono stata per noi una grande sofferenza, vissuta per lo più in silenzio per rispetto della famiglia di Gabriele Moreno. Ci sono state molte calunnie e l'isolamento da parte delle altre associazioni pacifiste. Oggi, a differenza di quanto è accaduto dieci anni fa, nessuno si sognerebbe di dire che Rachel Corrie, la pacifista ventitreenne americana schiacciata e uccisa da una ruspa a Gaza mentre si opponeva all'abbattimento di una casa palestinese, era una esaltata o aveva alle spalle qualcuno che la voleva mandare a morire. Rivedere con altri occhi quanto accaduto è una questione di giustizia. Che in una esperienza ci siano realtà negative, nessun problema; i volontari che hanno lavorato a Sarajevo erano pieni di difetti come tutti gli altri. E' questo il bello, non c'è bisogno di nessun tipo di requisito speciale o eroico per affrontare le situazioni di guerra. Persone semplici e normali possono fare ciò che tutti dicono normalmente impossibile.

 

Cosi abbiamo deciso di ricordarlo ,porche un poco ci appartiene, ci  appartiene la sua voglia di non rassegnarsi.

Per questo vogliamo raccontare i primi passi del suo diario  scritto poche settimane prima  della sua uccisione, un testo cartaceo a disposizione di chiunque voglia averlo e che abbiamo rappresentato una sera al Teatro  Angelicum di Mortara:

"Non molto tempo fa un amica , che sapeva quanto amassi viaggiare, mi ha chiesto se potevo portarle una manciata di terra dei luoghi  dove sarei passato.

E' cosi ho scoperto la terra o meglio le terre, poiche' ogni paese ha piu' terre, diverse tra loro per consistenza, colore e per la stessa origine.

Mi sono sporcato le mani con la terra dei campi , con l'argilla delle grotte, con l'humus  delle foreste e la ghiaia dei viali nei giardini delle piu' belle citta' d'Europa.

Ho imparato a guardare dove metto i piedi , ad andare al di la dell'asfalto, a cercare la terra.

Arrivato qui a Sarajevo  non ho fatto fatica a trovarle la terra, E cosi' ho raccolto tre terre  ed ogni volta con piu' dolore e con piu' rabbia.

La prima terra raccolta e' stata quella della ragnatela di canali che la gente scava , con  i mezzi piu' rudimentali, per potersi allacciare agli impianti del gas ed avere in casa una possibilita' in piu' di riscaldamento per affrontare l'inverno.

La seconda terra e' quella delle radici. Non c'e' piu' legna a Sarajevo e la gente , dopo avere tagliato gli alberi, ora rivolta la terra e apre enormi buche intorno alle radici degli alberi , nei parchi e lungo i viali e cosi' strappa alla terra  anche la speranza dei germogli.

La terza terra e' la terra dell'orrore, una terra intrisa di lacrime , la terra delle tombe, preparate in anticipo perche' non c'e' tempo, ma soprattutto preparate in anticipo perche' si sa che serviranno.

Io passo, mi chino , raccolgo una manciata di terra e penso alla violenza, alla tortura che e' quella fossa gia pronta  per dei cuori costretti ad accettare l'assurdo d'un gesto che anticipa la morte.."

 

E ancora sempre di Moreno:

Mir:

Vi prego

Gridate

Che qui la gente muore

Di granate

Di snaiper

Di malattie

Ma anche

Di paura

Di angoscia

Di disperazione

Perche' non c'e' pace

Non c'e' pane

E l'inverno arriva

E nessuno crede

Che non li abbiamo

Dimenticati.

Vi prego

Gridate.

 

Abbiamo chiesto  a MariaGrazia Bonollo dell'Ufficio Stampa dei BCP di Padova di inviarci qualche scritto che racconti di Moreno e dell'attivita' dei bcp  in quegli anni.

Li pubblichiamo sotto scusandoci per la lunghezza di questa e  mail, ma anche consci che parlare di Moreno e del suo gesto anche dopo dieci lunghissimi anni non toglie nulla al bisogno di ribellione verso l'ingiustizia.

Proprio in queste ore  l'Ansa  sta diffondendo  la notizia che una delle tante  agenzie Onu  ricorda che ogni 7 secondi  muore una persona per fame .

Ormai ci siamo rassegnati alle barbarie del nostro tempo  e neanche nei supermercati l'indignazione non si vende piu'.

Forse ha proprio ragione Albino, abbiamo bisogno di persone normali  che facciano cio 'che  tutti dicono normalmente impossibile.

 

 

Beati Costruttori di Pace

Mortara

16/10/03

 

 

La conclusione di "Mir Sada" non segna la fine del progetto "Si vive una sola pace". Dall'agosto '93 inizia, infatti, la presenza stabile di volontari, i c.d. "permanenti", a Sarajevo. Inoltre la felice conclusione, grazie anche all'opera di B.C.P., dell'odissea dei camionisti bosniaci bloccati a Stobrec dà il via, più tardi, ad un progetto di B.C.P. di Brescia a Gradacac, la piccola cittadina della Bosnia centrale, vicino Tuzla, da cui questi provenivano.[1]

Per meglio rendere la completezza e la complessità del lavoro di B.C.P. è necessario soffermarsi per qualche pagina sull'analisi  di queste attività di solidarietà dentro alla realtà della guerra.

A questo proposito è da mettere in evidenza che il lavoro dei "permanenti" a Sarajevo e a Gradacac qualifica molto il ruolo internazionale di B.C.P. Lavorare dentro la realtà quotidiana della guerra, confrontarsi e condividere i bisogni della gente e le loro contraddizioni, allacciare relazioni con autorità politiche e religiose su progetti concreti, porsi verso queste realtà con nonviolenza, trasparenza e imparzialità, sono tutti elementi che caratterizzano queste esperienze e servono per collocare la figura di B.C.P. nella sfera delle relazioni internazionali. La presenza stabile in territorio di guerra permette altresì di svolgere un'importantissima azione di monitoraggio internazionale, verificando, ad esempio, sul rispetto dei diritti umani.

.

 

 

 

 

 

Per quel che riguarda Sarajevo, ricordo che dopo "Mir Sada" un gruppo di volontari si stabilisce, turnandosi nelle presenze, a Sarajevo, dando così seguito al progetto previsto da "Si vive una sola pace". I volontari entrano in città con i voli ONU sui quali trovavano posto grazie ad accrediti per la stampa rilasciati dall'UNPROFOR (generalmente radio, televisioni e giornali locali concedono l'accredito in cambio di qualche articolo). I permanenti complessivamente sono una sessantina, e sono state contemporaneamente presenti, in alcuni momenti, fino a una decina di persone, soprattutto all'inizio del progetto. Attualmente, invece, a volte la presenza stabile può essere anche di una sola persona, o di nessuna.

Le iniziative pratiche che vengono realizzate si contraddistinguono sempre per essere "azioni di pace", rivolte soprattutto al rispetto dei diritti umani, alla costruzione della democrazia e della libertà nel rispetto delle differenze. Viste in quest'ottica, le azioni diventano strumentali rispetto all'opera di pacificazione, di interposizione nonviolenta e di diplomazia popolare. Gli ambiti di lavoro sono:

·        la diffusione dell'idea di pace

·        la ricostruzione del tessuto delle relazioni sociali cercando di favorire i contatti tra le diverse comunità e operando imparzialmente a favore di tutte

·        l'azione presso le forze sociali e politiche al fine di mediare le posizioni e favorire il processo di moderazione, la scelta dei canali di dialogo e il confronto politico

·        la realizzazione di forme di contropropaganda o di propaganda a favore della pace.

I progetti concreti che vengono realizzati sono principalmente i seguenti:

·        distribuzione di aiuti umanitari

·        attivazione di un servizio postale da e per Sarajevo in sostituzione di quello ufficiale reso inattivo dalla guerra

·        approvvigionamento di acqua a persone in particolari difficoltà

·        gemellaggi fra scuole italiane e di Sarajevo

·        adozioni a distanza di famiglie

·        iniziative di riconciliazione fra le parti

·        fornitura di macchinari e materiali per l'ospedale

·        fornitura di medicinali a persone bisognose.

Essi sono stati realizzati con la collaborazione di circa una ventina di volontari bosniaci che hanno assicurato il proprio servizio presso l'ufficio di B.C.P. a Sarajevo e condiviso l'impegno dei volontari italiani.

La più interessante e particolare delle attività realizzate per Sarajevo è senza dubbio quella della posta. Si tratta di un'iniziativa non strettamente umanitaria, in quanto agisce sull'isolamento a cui la città è sottoposta. Essa ha permesso ai cittadini di Sarajevo, sotto assedio e quindi con poste e telefoni completamente disattivati, di mettersi in comunicazione con i parenti profughi all'estero. Dall'estate del '93 a oggi il servizio ha assicurato la distribuzione, in entrata ed in uscita, di circa 800 mila lettere, mettendo in comunicazione i sarajevesi con i parenti sparsi in 42 paesi diversi in Europa, America, Asia, Africa, Australia. Con le lettere sono stati portati ai destinatari anche considerevoli aiuti in denaro provenienti dai parenti residenti all'estero: con un viaggio venivano portati dai 100 ai 150 milioni di lire, per una cifra complessiva di almeno 5 miliardi, dei quali l'associazione non ha trattenuto nulla per le spese organizzative, utilizzando anzi spesso i propri fondi per le spese di spedizione delle lettere in tutto il mondo.

Inizialmente, specie quando il numero delle lettere trasportate negli zaini dai volontari ha cominciato ad aumentare a causa del diffondersi della notizia a Sarajevo, l'ONU sollevava obiezioni e non facilitava il passaggio. Inoltre la richiesta di riconoscimento come organizzazione umanitaria presso l'UNHCR a Zagabria non aveva avuto seguito. Anche il rilascio dei pass-press incontrava delle difficoltà, poiché i funzionari ONU avevano capito che tutti quegli italiani erano dei volontari e non dei veri giornalisti. Con il passare del tempo il servizio è stato accettato anche dall'UNHCR, che oggi ha ufficializzato il servizio e ha inserito B.C.P. fra le organizzazioni umanitarie a cui rilascia il proprio lasciapassare.

Ricordo infine, che proprio per meglio relazionarsi a livello istituzionale, B.C.P. è un'organizzazione umanitaria riconosciuta dal tribunale di Sarajevo dal settembre '93. Nello statuto depositato presso la Corte Superiore di Sarajevo gli obiettivi di B.C.P. sono la raccolta e distribuzione di aiuti umanitari, l'aiuto a persone particolarmente bisognose, il collegamento fra profughi e persone disperse, la raccolta e la distribuzione di posta e pacchi, il lavoro sull'educazione pedagogico-culturale dei cittadini. E' specificato inoltre che l'azione si rivolge alle vittime della guerra a agli altri cittadini della Bosnia Erzegovina. Si tratta quindi di un riconoscimento soprattutto dell'attività umanitaria dell'associazione padovana.

 

 

 

 

Un momento molto difficile per il lavoro dell'associazione a Sarajevo è stato quello della morte di Gabriele Moreno Locatelli, il volontario ucciso il 3 ottobre '93 da un cecchino sul ponte Vrbanja durante un'azione di pace. L'azione di interposizione "Ponti al posto di frontiere" che stavano tentando di realizzare cinque dei dieci volontari presenti in quel momento a Sarajevo era simbolica e consisteva nel portare su quel ponte, che delinea la linea di fronte dove si affrontano milizie e truppe bosniache (l'Armja,), croate (l'HVO) e serbe, un pane simbolo di pace e due messaggi, uno religioso e l'altro politico e consegnare il tutto alle parti. I pacifisti portavano con sé anche una bandiera della pace e un mazzo di fiori per la prima vittima di quella guerra. L'azione era stata comunicata a tutte le parti in conflitto, che l'avevano accettata, anche se è evidente che in guerra qualsiasi garanzia ha un valore limitato. Essa si collegava idealmente con quella realizzata due giorni prima a Mostar, dove 21 religiosi fra cui il vescovo di Gerusalemme mons. Capucci, don Albino Bizzotto e padre Fabrizio Forti avevano tentato di attraversare la linea del fronte interno alla città interponendosi fra le parti (croati e musulmani) in un momento di duri combattimenti. La preparazione di quell'azione a Mostar era durata più di un mese attraverso relazioni molteplici con i vari responsabili politici, militari e religiosi a Spalato (responsabili della cooperazione italiana, console, vicario generale della diocesi di Hvaar e dirigenti dell'UNHCR), Medjugorie (comandante spagnolo dell'UNPROFOR), Mostar (vescovo Peric, e un incontro, attorno allo stesso tavolo, con il responsabile civil militare della parte croata Pusic e con quello civile e quello militare della parte bosniaca Alikadic e Zlatan) e Zagabria (direttori generali dell'UNHCR, vescovo ausiliare, ministro degli interni croato, Caritas internazionale).

Visti gli obiettivi della seguente trattazione, non è questa la sede per approfondire gli aspetti etici e le polemiche causate della tragica morte di Moreno Locatelli. Ciò che preme di più sottolineare ora è il tipo di proposta politica che sottostava a quel gesto simbolico ed estremo. Il documento politico che i cinque volontari di B.C.P. (oltre a Moreno Locatelli c'erano padre Angelo Cavagna, Luca Berti, Pierluigi Ontanetti e Luigi Ceccato) portavano con sé sul ponte Vrbanja per consegnarlo, assieme a quello religioso, alle parti, consisteva in un "appello ai governanti del mondo" a:

·   sospendere subito ogni azione o minaccia di guerra;

·   inviare immediatamente forze ONU di interposizione con finalità e metodi di polizia internazionale; riformare l'ONU per farla diventare veramente ONU dei popoli abolendo il numero di membri permanenti del consiglio di sicurezza e il diritto di veto; applicare l'art. 43 della Carta ONU cedendo parte degli eserciti all'ONU stessa; incrementare le "forze ONU disarmate" con l'impiego di obiettori di coscienza e volontari nonviolenti;

·   organizzare subito un soccorso mondiale di aiuti umanitari;

·   aprire i tavoli di discussione per le trattative di pace ai rappresentanti delle forze sociali e religiose veramente espressive del sentire della gente, nonché ai premi Nobel per la pace.

 

 

·   

 
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