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Post n°16 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
da Saltata
Saltata. Sono stata saltata. Una sera lui parlerà di me, dirà: peccato, non averla mai incontrata, e berrà vino di Francia dimenticando ancora la mia vita. Riderà, raccontando di altri libri e di donne perdute nell’Oceano. Non mi rimpiangerà. Io che potevo cambiarla la sua vita. Mi ha semplicemente ignorata. Ha scorso veloce la pagina accanto (il viso infuriato) chiudendo di scatto il libro pregiato in cui sono nata. * Avrei preferito non esserci mai stata. Nel vento che mi apriva (mi inseguiva) inseguivo un’altra pagina (nell’aria) che diventava, come me, una cosa inviolata, non necessaria. * Eppure avrei potuto cambiare la sua storia. Improvvisarla. Dentro di me la gioia, l’intesa sibillina che ci salva, dentro di me la voglia dell’attesa (dentro di me) dentro di me la nostra storia. * Dentro di me. * Dentro di me la gioia, la strada silenziosa senza porta. Non andare. Non andare. Non c’era una volta… * Tu insegnavi ai ragazzi la follia. Forse per questo ti preoccupavi di fingere. Sognavi versi afatici, una piccola libreria da stringere, un sogno di metallo, denso di cornici. Avevi compreso di essere inaudito, di vivere come i suoni delle radici o come il senso della corsa del cavallo, verso il mondo immenso. Non avevi amici, se non i tuoni e le stanze dove a volte ti creavi, o il giallo furibondo negli occhi di Euridice e la borsa in cui stivavi rivolte e danze. Non intendevi essere felice. * A volte sognavi di entrare nella pelle, di entrare dolcemente, freddamente. Come la pioggia che scende dentro il mare. Perché come il mare sentivi di essere settembre, di proteggere l’odore dell’animale ribelle, sgusciante nell’acqua luminosa. Non chiedevi l’amore. Sognavi di inseguirlo nell’aria sospettosa della terra del Nome, tra i silenzi delle cose, dove un giorno hai dormito come un colore. […] * Per questo mi sognavi. Mi sognavi distesa come una donna prima dell’amplesso. Ero io l’amore? Ero io l’attesa? Ogni volta mi sentivi diversa ma mi chiamavi con lo stesso nome. Ero la tua cantina, la tua discesa. La tua vita, la tua morte, irrisolta. Così la mattina ti svegliavi in difesa della tua sorte. Del tuo mazzo di chiavi, delle porte che aprivi e chiudevi, dei tuoi scaltri colleghi. Mi lasciavi al di là. Come una storia noiosa, come il furto del cuore degli altri. Al di là di te. Come una cosa. * Come una cosa. Come le cose del mondo che rimangono cose. Cose ignote e sole. Silenziose. Tu lo sapevi da sempre che io non ero là ma nel dolore delle cose, delle cose del mondo che rimangono cose. Io non ero là, perché il dolore è nella pagina piena di cose, di cose ignote e sole. Silenziose. Tu lo sapevi da sempre che io ero il nome delle cose, nella pagina infinita e stretta su di sé, come una cosa. Tu lo sapevi da sempre che io ero là, la vita stretta su di sé, la dolorosa[…] * D’improvviso mi sono guardata. Le braccia, le gambe sembravano strade. Mi sentivo percorsa ed ero nascosta. A me stessa, nascosta, nel ruolo di madre. Ho provato a parlare per far nascere il giuoco di chi attende risposta. Il giuoco carnale, terroso. Infernale. Ho provato a parlare, rintanata nel suolo di vene del mio essere madre. Oh, non ero divisa. Mi sentivo nascosta. A me stessa, sotto le strade.[…] * Era settembre ed io volevo essere misteriosa. Non una cosa solitaria, una colonna imperiosa, un diamante nell’aria. Volevo essere mancante. Coperta di pelle, come una donna. Sono enorme ma esitante. Pure volevo essere come il niente tra le stelle o come il buio nelle ciabatte nere e gialle. Lei era bella e odorava di latte e sembrava una mano. Elegante e ribelle. Lei diceva guarda le mie gambe come sono buffe, la voce aperta non così rassicurante. Io correvo, correvo ero l’erba… Io ero l’erba. Ed io?[…] * Non si sfugge alla pagina scritta. * Vedo intorno gli angoli del foglio e non mi possiedo. * Non so se il mio corpo è una donna, un timido imbroglio, un bimbo confuso in soffitta. * Forse me lo chiedo. * O forse sono io l’inutile risposta?[…] * Dove sarai adesso? Forse esci dalla doccia cercando inutilmente le ciabatte colorate e stai pensando a principesse distratte, perché è estate e il giuoco dell’amore è divertente. E prendi dalla borsa rossiccia l’asciugamano, bagnando le tue carte. Sento di vederti nell’estate infinita, non è strano? Di prevederti. Ma tu lo sai, siamo matte. E con certe pretese! Di cambiare la vita, di metterla da parte. Per sentirla soffrire e farle la corte. * Ora guardi la ferita stupito, ci scommetto, la tua piccola ferita sul braccio destro, immaginando. Come facevi da bambino pensando al segreto nascosto nell’involucro di gesso. Tu ora sei per me quel segreto, al di là del bianco inespresso. Dove sarai, dove sarai adesso?[…] * Te ne andavi nelle domeniche lievi, le strade quasi deserte, i lampioni ancora accesi, compravi quattro cinque giornali sorteggiando. Ti imponevi di non leggerli, di attendere il movimento del mondo, il cui nome è Arianna. Prendevi un bus immaginando. Raggiungevi la casa infinita, dalle finestre buffe nel loro grigio, ti stendevi sul letto stringendo la carta sudata, ancora immaginando, ti venivano versi possibili, il cui nome è Arianna. Quasi parlavano nel bianco. Aprivi gli occhi non distinguendo più il viaggio dal labirinto, la borsa era lì, con i biglietti da tempo staccati, sentivi come un lieve respiro nell’ombra, tutti gli anni erano passati.[…] * Perché hai temuto di essere diverso. E hai tentato segni sulla carta solo per rinunciare a dire: Ecco, è così… E hai sognato alberi di carta per vantarti di essere fiabesco. Perché hai pensato di avere paura di te stesso e per sfida hai gridato al padre imperioso: Ho paura…, rotolandoti come un dispetto sotto l’albero di pesco. Perché anche tu sei un nascosto, un latitante, sei una cincia, ovunque nidificante, e assalti il gesto che non comprendi. E ogni sera attendi il sonno per dimenticarti.[…] * Avrei voluto sfiorare le tue gambe, con lingua accaldata premere sul petto e ingoiarti. E poi ripensarti mentre mi guardi e fra te dici che è strano amarmi. Avrei voluto piegarmi su di te e aprirmi, come se la vita dipendesse da questo, aprirsi, come se la vita dipendesse da te mentre dici che è strano amarmi. Avrei voluto che tu diventassi una presenza terribile, in me, che tu diventassi sangue e terra. Con superba danza avrei voluto dire che esisti, come se la vita fossi tu, come se tu fossi la mia stessa esistenza. Avrei voluto essere un ricordo d’amore per te ma ora io non riesco a ricordarmi.[…] * Miracoli. Giardini. Tu che rincorri la nuvola magica. Poi altari. Un ramo d’olivo e il filo bianco di lana. Ancora: non arriva nessuno. Ancora: non è strano? Immagina, mi dico. Immagina la gara. La stanza. La penombra. La spada. E quel crogiuolo di nomi e di sangue che è il mostro. Figlio del toro bianco dalla lingua stregata. Vocabolario sfuggente. Di parole senza sesso. Immagina, mi dico, l’immensa sciarada quando lui colpirà. Ancora: il filo non si tende. Ancora: non è strano? Dove sarai adesso, quale stupida mano ha sospeso il tuo nome? Se tu fossi morto… al di là… Se tu fossi morto io avrei più un senso? Appoggiata a questo ingresso. La mano alzata, buffa, nel mio cuore. * Mi sono addormentata su quest’isola bianca e non so come sono arrivata fin qui. Ricordo solo di essere uscita dalla mia stanza, stupita. Ma era un sogno. Io sono Arianna. Un uomo nel sogno mi precedeva. Là fuori. Era lui che mi aveva salvata. Lui si era occupato di me, trascinandomi via. Ma via da che cosa? Io non ero morta. Così ho gridato. L’ho visto voltarsi d’un tratto poi più nulla. Mi sono svegliata. * Qui sono Arianna. E l’uomo è fuggito sulle navi bianche o è rimasto lì, voltato, in me. Lui era lo stesso che aspetto da sempre, il filo ben stretto nel pugno. Lui verrà e non sarà un sogno. Lo ha promesso. Così mi dirà come sono saltata fin qui. Qui sono Arianna, per sempre.[…] * […]Ti chiedevo: dimmi come si fa, voglio essere una preda nell’erba. Non sapevo che tutto accade sempre nell’invisibile. Cerca di capire. Io volevo essere acerba, un grido appena udibile, quasi un’assenza[…] * […]Ti chiedevo: sono io, questa? Io, così invisibile? * Sono io * Io? * Il poema è un sortilegio impossibile. Puoi vederlo tu stesso se distogli lo sguardo. Cerca di capire. Tutto insiste aspettando al di là della parete, tutto è da sempre disponibile e insiste[…] *
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