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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - RACCOLTA DI POEMI ITALIANI MODERNI IN LINEA - MARCELLO MOSCHEN

Post n°16 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

da Saltata

 

 

Saltata. Sono stata

saltata. Una sera

lui parlerà di me,

dirà: peccato, non averla

mai incontrata,

e berrà vino di Francia

dimenticando ancora

la mia vita.

Riderà, raccontando

di altri libri e di donne

perdute nell’Oceano.

Non mi rimpiangerà.

Io che potevo cambiarla

la sua vita.

Mi ha semplicemente

ignorata.

Ha scorso veloce

la pagina accanto

(il viso infuriato)

chiudendo di scatto

il libro pregiato

in cui sono nata.

*

Avrei preferito non esserci

mai stata.

Nel vento che mi apriva

(mi inseguiva)

inseguivo un’altra pagina

(nell’aria)

che diventava, come me,

una cosa inviolata,

non necessaria.

*

Eppure avrei potuto cambiare

la sua storia. Improvvisarla.

Dentro di me la gioia, l’intesa

sibillina che ci salva,

dentro di me la voglia

dell’attesa (dentro di me)

dentro di me la nostra storia.

*

Dentro di me.

*

Dentro di me la gioia,

la strada silenziosa

senza porta.

Non andare. Non andare.

Non c’era una volta…

*

Tu insegnavi ai ragazzi

la follia. Forse per questo

ti preoccupavi di fingere.

Sognavi versi afatici,

una piccola libreria

da stringere, un sogno

di metallo, denso di cornici.

Avevi compreso di essere

inaudito, di vivere

come i suoni delle radici

o come il senso della corsa

del cavallo, verso il mondo

immenso. Non avevi amici,

se non i tuoni e le stanze

dove a volte ti creavi,

o il giallo furibondo

negli occhi di Euridice

e la borsa in cui stivavi

rivolte e danze.

Non intendevi essere felice.

*

A volte sognavi di entrare

nella pelle, di entrare

dolcemente, freddamente.

Come la pioggia

che scende dentro il mare.

Perché come il mare

sentivi di essere settembre,

di proteggere l’odore

dell’animale ribelle,

sgusciante nell’acqua luminosa.

Non chiedevi l’amore. Sognavi

di inseguirlo nell’aria

sospettosa della terra del Nome,

tra i silenzi delle cose,

dove un giorno hai dormito

come un colore. […]

*

Per questo mi sognavi.

Mi sognavi distesa

come una donna prima

dell’amplesso. Ero io

l’amore? Ero io l’attesa?

Ogni volta mi sentivi

diversa ma mi chiamavi

con lo stesso nome.

Ero la tua cantina, la tua

discesa. La tua vita,

la tua morte, irrisolta.

Così la mattina ti svegliavi

in difesa della tua sorte.

Del tuo mazzo di chiavi,

delle porte che aprivi

e chiudevi, dei tuoi scaltri

colleghi. Mi lasciavi al di là.

Come una storia noiosa,

come il furto del cuore

degli altri. Al di là di te.

Come una cosa.

*

Come una cosa.

Come le cose

del mondo che rimangono

cose. Cose ignote

e sole. Silenziose.

Tu lo sapevi da sempre

che io non ero là

ma nel dolore

delle cose, delle cose

del mondo che rimangono

cose. Io non ero là,

perché il dolore

è nella pagina piena

di cose, di cose ignote

e sole. Silenziose.

Tu lo sapevi da sempre

che io ero il nome

delle cose, nella pagina

infinita e stretta

su di sé, come una cosa.

Tu lo sapevi da sempre

che io ero là, la vita

stretta su di sé,

la dolorosa[…]

*

D’improvviso mi sono guardata.

Le braccia, le gambe

sembravano strade.

Mi sentivo percorsa

ed ero nascosta.

A me stessa, nascosta,

nel ruolo di madre.

Ho provato a parlare

per far nascere il giuoco

di chi attende risposta.

Il giuoco carnale, terroso.

Infernale.

Ho provato a parlare,

rintanata nel suolo di vene

del mio essere madre.

Oh, non ero divisa.

Mi sentivo nascosta.

A me stessa, sotto le strade.[…]

*

Era settembre ed io

volevo essere misteriosa.

Non una cosa

solitaria, una colonna

imperiosa, un diamante

nell’aria.

Volevo essere mancante.

Coperta di pelle,

come una donna.

Sono enorme ma esitante.

Pure volevo essere come

il niente tra le stelle

o come il buio

nelle ciabatte nere

e gialle.

Lei era bella e odorava

di latte e sembrava

una mano. Elegante

e ribelle. Lei diceva guarda

le mie gambe come

sono buffe, la voce

aperta non così rassicurante.

Io correvo, correvo

ero l’erba… Io ero l’erba.

Ed io?[…]

*

Non si sfugge alla pagina scritta.

*

Vedo intorno gli angoli

del foglio e non mi possiedo.

*

Non so se il mio corpo

è una donna,

un timido imbroglio,

un bimbo confuso

in soffitta.

*

Forse me lo chiedo.

*

O forse sono io

l’inutile risposta?[…]

*

Dove sarai adesso?

Forse esci dalla doccia

cercando inutilmente

le ciabatte colorate

e stai pensando

a principesse distratte,

perché è estate

e il giuoco dell’amore

è divertente. E prendi

dalla borsa rossiccia

l’asciugamano, bagnando

le tue carte.

Sento di vederti nell’estate

infinita, non è strano?

Di prevederti.

Ma tu lo sai, siamo matte.

E con certe pretese!

Di cambiare la vita,

di metterla da parte.

Per sentirla soffrire

e farle la corte.

*

Ora guardi la ferita

stupito, ci scommetto,

la tua piccola ferita

sul braccio destro,

immaginando. Come

facevi da bambino

pensando al segreto

nascosto nell’involucro

di gesso.

Tu ora sei per me

quel segreto, al di là

del bianco inespresso.

Dove sarai, dove sarai

adesso?[…]

*

Te ne andavi nelle domeniche

lievi, le strade quasi deserte,

i lampioni ancora accesi,

compravi quattro cinque

giornali sorteggiando.

Ti imponevi di non leggerli,

di attendere il movimento

del mondo, il cui nome

è Arianna. Prendevi un bus

immaginando.

Raggiungevi la casa infinita,

dalle finestre buffe nel loro

grigio, ti stendevi sul letto

stringendo la carta sudata,

ancora immaginando, ti venivano

versi possibili, il cui nome

è Arianna. Quasi parlavano

nel bianco.

Aprivi gli occhi non distinguendo

più il viaggio dal labirinto,

la borsa era lì, con i biglietti

da tempo staccati,

sentivi come un lieve

respiro nell’ombra, tutti

gli anni erano passati.[…]

*

Perché hai temuto di essere

diverso. E hai tentato

segni sulla carta solo

per rinunciare a dire:

Ecco, è così…

E hai sognato alberi di carta

per vantarti di essere fiabesco.

Perché hai pensato di avere

paura di te stesso e per sfida

hai gridato al padre

imperioso: Ho paura…,

rotolandoti come un dispetto

sotto l’albero di pesco.

Perché anche tu sei

un nascosto, un latitante,

sei una cincia, ovunque

nidificante, e assalti

il gesto che non comprendi.

E ogni sera attendi il sonno

per dimenticarti.[…]

*

Avrei voluto sfiorare le tue

gambe, con lingua accaldata

premere sul petto e ingoiarti.

E poi ripensarti mentre

mi guardi e fra te dici

che è strano amarmi.

Avrei voluto piegarmi su di te

e aprirmi, come se la vita

dipendesse da questo, aprirsi,

come se la vita dipendesse

da te mentre dici

che è strano amarmi.

Avrei voluto che tu diventassi

una presenza terribile, in me,

che tu diventassi sangue

e terra. Con superba danza

avrei voluto dire che esisti,

come se la vita fossi tu,

come se tu fossi

la mia stessa esistenza.

Avrei voluto essere un ricordo

d’amore per te ma ora

io non riesco a ricordarmi.[…]

*

Miracoli. Giardini. Tu che rincorri

la nuvola magica. Poi altari. Un ramo

d’olivo e il filo bianco di lana.

Ancora: non arriva nessuno. Ancora:

non è strano? Immagina, mi dico.

Immagina la gara. La stanza.

La penombra.

La spada. E quel crogiuolo di nomi

e di sangue che è il mostro.

Figlio del toro bianco dalla lingua

stregata. Vocabolario sfuggente.

Di parole senza sesso.

Immagina, mi dico, l’immensa

sciarada quando lui colpirà.

Ancora: il filo non si tende.

Ancora: non è strano?

Dove sarai adesso, quale stupida

mano ha sospeso il tuo nome?

Se tu fossi morto…

al di là… Se tu fossi morto

io avrei più un senso?

Appoggiata a questo ingresso.

La mano alzata, buffa,

nel mio cuore.

*

Mi sono addormentata su quest’isola

bianca e non so come sono arrivata

fin qui. Ricordo solo di essere uscita

dalla mia stanza, stupita.

Ma era un sogno. Io sono Arianna.

Un uomo nel sogno mi precedeva.

Là fuori. Era lui che mi aveva

salvata. Lui si era occupato

di me, trascinandomi via.

Ma via da che cosa? Io non ero

morta. Così ho gridato.

L’ho visto voltarsi d’un tratto

poi più nulla. Mi sono svegliata.

*

Qui sono Arianna. E l’uomo

è fuggito sulle navi bianche

o è rimasto lì, voltato, in me.

Lui era lo stesso che aspetto

da sempre, il filo ben stretto

nel pugno. Lui verrà e non sarà

un sogno. Lo ha promesso.

Così mi dirà come sono saltata

fin qui.

Qui sono Arianna, per sempre.[…]

*

[…]Ti chiedevo:

dimmi come si fa, voglio

essere una preda nell’erba.

Non sapevo che tutto accade

sempre nell’invisibile.

Cerca di capire. Io volevo

essere acerba, un grido

appena udibile, quasi

un’assenza[…]

*

[…]Ti chiedevo:

sono io, questa? Io, così

invisibile?

*

Sono io

*

Io?

*

Il poema è un sortilegio

impossibile. Puoi vederlo

tu stesso se distogli

lo sguardo. Cerca

di capire. Tutto insiste

aspettando al di là

della parete, tutto è

da sempre disponibile

e insiste[…]

*

 

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