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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - SCELTA DI POESIE ITALIANE MODERNE IN LINEA - MARCELLO MOSCHEN
Post n°17 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Vedi, qui tutto è già accaduto. Gli uomini stanno provando a rilassarsi. Il giorno ha gli occhi aperti e il sole è un istante. Fa stare tutti zitti. Come se davvero non esistessi. Vedi, anche tu sei distante e involuto. Irritante, mentre firmi il tuo patto. Come se non mi vedessi, come se io fossi la notte, esatta e perversa, introversa, come l’unghia del gatto. Vedi, tutte le parole vivono ormai lo sfratto, come se davvero non esistessi, come se mai avessimo avuto un senso e qualcuno da sempre provasse a contarci. (D’un tratto penso che se riuscissi a emergere diventerei pulsante. Prova a pensarci. Avresti due cuori. Come tua madre prima che tu nascessi)[…] * Ma è tua o è mia la maschera bianca, la maschera inquieta di Arianna? * Stanotte ti ho sognato, tu eri bianco e mi toglievi il trucco con le mani. Mani da luna, mani da ladro. Svegliandomi ho sentito in me un respiro, come se un altro mi vivesse nel respiro. Così ho pensato al nostro piano, al filo appeso al chiodo del bancone, come previsto. Fine del labirinto, fine del fato. Ho detto: non puoi aver perso il filo del discorso. Il copione andava letto, non recitato. * Che cosa abbiamo sbagliato? (Lo chiedo anche adesso al mio fiato mentre cospiriamo) * Darti del tu, così. Non è strano? Non sono strani anche i gatti che fuggono, qui, dentro di me, e mi dicono: E’ ora? Ci sono consigli stupendi, a volte, negli occhi dei gatti. E’ ora di andare, lo so. Ma dove? Qui non ci sono porte. Andare dove? Io non sono la morte. * Hai mai pensato di essere Dio? Io sì, sempre, se il filo intrecciato che la vita degli uomini omette è la scrittura infinita. Tu lo sai, perché come gli altri lo hai saltato. Il filo che tiene e salva la vostra sortita di marionette sono io. Sono io costretta all’attesa, l’impercorribile, la dipanata che anche se letta è da sempre saltata. * Tu ladrone poeta. Tu lo sapevi da sempre che in questa pagina saltata è la tua vita. * Antonio? * Tu con il viso infuriato… sul bancone dei libri. Tu ragazzo distratto e represso… * Antonio…
Dove sarai adesso?
NCE, 1996 (2° ed. I Quaderni del Battello Ebbro-L’Albatro Edizioni, 2000)
da Infinita
I. Stanotte abbiamo parlato di gesti diversi, di possibili creazioni, immersi nello spazio udibile, tra i corpi assorti nel sonno. Ho respinto l’idea di un desiderio mai sazio, che imponga ribellioni, Tu hai fatto un cenno con lo sguardo alla ragazza che ci dorme accanto e che tenta verso il confine l’impossibile richiamo. "Elena rischia di perdersi", hai detto infine, e il tuo disegno di donna si è mosso (già assonnato) nella luce del faro che scivolava: il nostro è stato un sonno agitato.[…] III. Ecco la valle: non confonderla con uno spazio d’intese, dove il verde e il giallo formano canali da percorrere. Senti ancora impensabile la strada da qui a lì e i traguardi parziali che nessuno di noi ha ancora colto. Tutto è vulnerabile per questa via; gli stessi sguardi che incontrano animali (in volo o in fuga) o un volto. IV. Cediamo perfino la nostra distrazione alla conca dai grandi raggi, alla tensione di formule in ascolto, ai nostri passi. Nascosti dentro i sessi, ci confondiamo con i giorni per credere che siano noi stessi, inventiamo forze sconosciute per ritrovare i vicoli, le baracche. Entriamo con tanti altri nudi, nelle docce. V. Cediamo i nostri giuochi di marionette ai cunicoli di sabbia ed erbe o alle rocce. Ripetiamo i nomi delle cose perché intendiamo e essere tra queste. E dall’alto senti impensabili le nostre stesse risposte, se ciò che si rinserra senza minacce noi lo dobbiamo ripetere. Senti ancora attendere la voce, mentre hai tra le mani frutta di terra e mi guardi e credi di sorridere. NCE,1990
da Albergo a ore
L’albergo non ha finestre. Né potrebbe averne, mi pare. Percorri da anni le buie ringhiere e sali o scendi gli innumerevoli piani.
CORRIDOIO Non comprendo ancora il nostro significato. Se camminiamo tra porte inseguite da porte, ripenso (ridendo) a ciò che siamo. Tu aspetti il boato, le fiamme, l’odore del gatto bruciato, la nostra vera sorte. Io non so dove ci conduciamo. * Forse davvero tavoli e sedie parlano un linguaggio cifrato, oltremondano. Io non so se il tempo ha già tracciato le svolte, se il cammino che resta non sarà illimitato. * Sono pensieri, Sara, che non ti ho mai confessato. Ma se camminiamo sfiorando le braccia alla donna sudata, all’omino fissato, se nel buio inseguiamo (oltre al gatto) la traccia del bambino scocciato che ruba le scarpe, puoi pensare anche tu alla formula usata per stanare di fatto l’inquilino assediato. * Il cliente è da sempre sfrattato. Lo dice il contratto. Noi possiamo seguire l’eterna sfilata e sorridere appena dei tanti che non hanno sporcato. E’ la solita scena e non ha significato. I garanti lo sanno che anche il nostro sorriso fa parte del giuoco. * Forse davvero dovremmo fermarci in un unico corpo abbracciato, bloccare il trasloco, produrre dissensi. Diranno che nulla è mutato? * Sara, che ne pensi?
NCE, 1992
translations
OVERLOOKED
Overlooked. I’ve been overlooked. One night he will talk about me, he will say: what a pity, I never met her, and will drink French wine forgetting my life once again. He will laugh, telling about other books and women lost in the Ocean. He will not regret me. Me that could have changed his life. He simply ignored me. He quickly skimmed the page next to me (fierce look on his face) abruptly closing the precious book in which I was born. * I wish I’d never been in there. In the wind that opened me (chased me) I chased another page (in the air) that became, like me, an inviolated unnecessary thing. * And yet I could have changed his story. Improvise it. Inside me the joy, the sibylline understanding that save us, inside me the wish for waiting (inside me) inside me our story. * Inside me. * Inside me the joy, the silent road with no way out. Don’t go. Don’t go. Once upon no time… * You taught youths craziness. Maybe that’s why you strove to make believe. You dreamed of aphasic verse, a little library to hold tight, a dream of metal, full of frames. You had understood you were unheard, you were living like the sounds of roots or the sense of the horse’s run, toward the endless world. You had no friends, but the thunder and the rooms where you sometimes created yourself, or the furious yellow in Euridice’s eyes and the bag where you stowed revolts and dances. You weren’t looking for happiness. * Sometimes you dreamed of deep into the skin, deep into it tenderly, coldly. Like the rain going deep into the sea. Because like the sea you felt you were September, you felt you protected odour of the rebellious animal, slipping away in the luminous water. You weren’t asking for love. You dreamed of chasing it in the suspicious air of the land of the Name, among silent things, where once you slept like a colour. |
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36