![](/blog/pics/area/logo_1001.jpg)
Area personale
Cerca in questo Blog
Menu
Ultimi commenti
Chi puņ scrivere sul blog
« RACCONTI ITALIANI ONLINE... | RACCONTI ITALIANI ONLINE... » |
Post n°94 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . là, a mezza costa, sulla collina nella luce tersa di fine settembre si disegna la trama dei filari delle viti Il piede affonda appena nell'erba ancora verde mentre l'occhio scorge i merli dondolarsi leggeri sulle rame, beccando rapidi la scorza, per poi svolare in altri giri tra gli alberi Sul crinale il bosco respira il cielo, limpido, quando matura l'ombra del primo autunno L'ora è colma di voli Ma ai piedi delle viti l'aria deposita Una ruggine scura, uno smog, una lebbra della stagione, che sale piano il tronco, giorno per giorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ci plastifichiamo, a poco a poco, con nuove protesi per esperire l'esterno, saggiare con altri tentacoli il fuori, senza contatto corporeo Mediamo tra noi e la realtà con strumenti artificiali, ci neghiamo il tatto, la sensualità delle mani Finché a poco a poco muterà la vista, cambieranno gli odori Così sempre più in noi, negati i sensi, quasi androidi in serie il mondo esterno apparirà una ceralacca opaca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . forse siamo al nulla-deserto di Beckett ai due rifiuti umani, accanto ad altri rifiuti (solo un albero scheletrico resiste alla distruzione) quando il dire diventa un ingorgo insensato un arrampicare sul vuoto, un non-sense tragico Perduto il senso dei gesti la parola cede In questa deriva, aggrappati su sponde distanti, si tentano ancora segnali Ma restano chiusi in se stessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ora in questa selva di oggetti ci perdiamo Ad ognuno appartiene una rifrazione di noi, una faccia possibile del nostro diamante Ma non ci rispondono, ci assediano muti, sempre più vicini, sempre più noi Quel silenzio incombe, ci interroga, la loro luce abbaglia, e mura noi Resisteremo all'assedio? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ora riposano le auto in un silenzio scintillante abbandonate nella periferia (solo qualche scricchiolio lieve percorre i profili) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . andiamo a visitarle, quasi in pellegrinaggio, per rendere omaggio, con i bambini, a sfiorare ancora i musi, ad accarezzare i sedili Forse non abbiamo sacrificato molto A questi nostri déi-meccanici Non abbiamo rivolto preghiere, libato, dedicato qualche vittima E loro ci tradirono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ora l'industria, dopo l'eccesso di distruzione, si evolve Scopre, per contrappunto, l'industria del disinquinamento, per un soprassalto di coscienza ricicla le proprie scorie (Le magnifiche sorti e progressive) Controlla quindi tutti i cicli presenti e futuri Sarà la nostra Madre Eterna (Veglierà sempre su di noi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a video, sulla scrittura verde, da programma scorre un'altra immagine, improvvisamente Interrompendo il flusso programmato, riempie lo schermo, cattura gli occhi E' un giardino di primavera, gli alberi appena potati, un vento leggero sui rami l'erba germoglia il verde d'aprile Di seguito un'altra veduta: un fiume ad arabeschi sulla piana la riva con i pioppi in fila nel vento le ombre portate dall'acqua Poi riprende lo schema dato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (a video ci trasmettono i sogni, su programma) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a poco a poco dimentichiamo il nostro corpo spossessandoci di noi ad ogni cambio di stagione, fedeli alle mode Abbiamo perso i tempi lenti, le attese dolci le ore di sole abbandonate sulle pietre calde, godere l'aria sulla pelle nelle sere, i passi pigri sul selciato, persi tra le vie Ora le sensazioni incalzano, nuove, eccitanti, mutevoli Ci sfiorano, per poterle afferrare Continuamente prodotte E al corpo non resta che una vaga percezione, una nostalgia di sé, di un'altra fisicità perduta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . e ancora continua la pena, uguale negli anni non muta, giorno dopo giorno, quasi senza un prima e un dopo (la mente dimentica i giochi, non rompe più la sequenza) con catene leggere, ineffabili, nella logica dei ritmi di produzione Tanto da dimenticare il corpo, un componente della serie, e si affievoliscono gli altri desideri, subito spenti dalla programmazione lineare, senza sosta (La memoria cede al presente) Non resta che il sogno di quiete, di silenzio: il regalo del week-end . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . morsicano piano piano, a morsi lenti, la linea delle colline Così l'occhio sì abitua a poco a poco, si adegua alla nuova veduta al nuovo lucore stirato, senza pieghe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Perduta la memoria altre immagini incombono, si stratificano, la vista cede, si abbandona, e ingloba tutto il presente Sempre pronta al nuovo (con il verde all'occhiello) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Forse è la nuova parola d'ordine, un timbro pronunciato dappertutto, e diventeremo tutti dei giunchi sinuosi, con protesi adattabili, capaci di sopportare qualsiasi evento Per una duttilità sempre più specifica, meccanicizzata, con una scelta fatta circolare in maniera sottile, tanto da penetrare in noi un po' alla volta, quotidianamente, tra le altre parole, in vista di una nuova qualità del prodotto (Ci alleneremo in palestre verde post-moderno con esercizi fisici e mentali) Per un nuovo slogan per il futuro: Flessibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a mezzogiorno le Signore smettono un attimo la manicure del mattino per poter scrivere cartoline di appello alla pace, con mani curate e con furore pacifista All'ora dell'aperitivo l'impegno riscatta la giornata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . premono sempre di più, stringono i luoghi, si ammonticchiano in pile pencolanti, penzolano quasi sulle nostre teste invadendo ogni passaggio, regalati perfino in sovrappiù sugli acquisti, con una incontinenza senza misura: i prodotti E ormai, dimenticato il gioco, giriamo in un labirinto costruito da muri sempre più alti di pacchi colorati, in sottofondo una musica giusta, in cerca con sempre più fatica dell'uscita, per respirare l'aria, e trovare un altro varco aperto per noi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . |
https://blog.libero.it/racontitaliani/trackback.php?msg=9863847
I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36