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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°94 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

AVVISO

STIAMO LAVORANDO PER VOI

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

là, a mezza costa, sulla collina

nella luce tersa di fine settembre

si disegna la trama dei filari delle viti

Il piede affonda appena nell'erba ancora verde

mentre l'occhio scorge i merli dondolarsi leggeri

sulle rame, beccando rapidi la scorza,

per poi svolare in altri giri tra gli alberi

Sul crinale il bosco respira il cielo, limpido,

quando matura l'ombra del primo autunno

L'ora è colma di voli

Ma ai piedi delle viti l'aria deposita

Una ruggine scura, uno smog, una lebbra della stagione,

che sale piano il tronco, giorno per giorno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Ci plastifichiamo, a poco a poco,

con nuove protesi per esperire l'esterno,

saggiare con altri tentacoli il fuori,

senza contatto corporeo

Mediamo tra noi e la realtà

con strumenti artificiali,

ci neghiamo il tatto, la sensualità delle mani

Finché a poco a poco muterà la vista,

cambieranno gli odori

Così sempre più in noi, negati i sensi, quasi androidi in serie

il mondo esterno apparirà una ceralacca opaca

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

forse siamo al nulla-deserto di Beckett

ai due rifiuti umani, accanto ad altri rifiuti

(solo un albero scheletrico resiste alla distruzione)

quando il dire diventa un ingorgo insensato

un arrampicare sul vuoto, un non-sense tragico

Perduto il senso dei gesti la parola cede

In questa deriva,

aggrappati su sponde distanti,

si tentano ancora segnali

Ma restano chiusi in se stessi

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ora in questa selva di oggetti ci perdiamo

Ad ognuno appartiene una rifrazione di noi,

una faccia possibile del nostro diamante

Ma non ci rispondono, ci assediano muti,

sempre più vicini, sempre più noi

Quel silenzio incombe, ci interroga,

la loro luce abbaglia, e mura noi

Resisteremo all'assedio?

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ora riposano le auto in un silenzio scintillante

abbandonate nella periferia

(solo qualche scricchiolio lieve percorre i profili)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

andiamo a visitarle, quasi in pellegrinaggio,

per rendere omaggio,

con i bambini, a sfiorare ancora i musi,

ad accarezzare i sedili

Forse non abbiamo sacrificato molto

A questi nostri déi-meccanici

Non abbiamo rivolto preghiere, libato,

dedicato qualche vittima

E loro ci tradirono

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ora l'industria, dopo l'eccesso di distruzione,

si evolve

Scopre, per contrappunto, l'industria del disinquinamento,

per un soprassalto di coscienza ricicla le proprie scorie

(Le magnifiche sorti e progressive)

Controlla quindi tutti i cicli presenti e futuri

Sarà la nostra Madre Eterna

(Veglierà sempre su di noi)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

a video, sulla scrittura verde, da programma

scorre un'altra immagine, improvvisamente

Interrompendo il flusso programmato,

riempie lo schermo, cattura gli occhi

E' un giardino di primavera,

gli alberi appena potati, un vento leggero sui rami

l'erba germoglia il verde d'aprile

Di seguito un'altra veduta:

un fiume ad arabeschi sulla piana

la riva con i pioppi in fila nel vento

le ombre portate dall'acqua

Poi riprende lo schema dato

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(a video ci trasmettono i sogni, su programma)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

a poco a poco dimentichiamo il nostro corpo

spossessandoci di noi

ad ogni cambio di stagione, fedeli alle mode

Abbiamo perso i tempi lenti, le attese dolci

le ore di sole abbandonate sulle pietre calde,

godere l'aria sulla pelle nelle sere,

i passi pigri sul selciato, persi tra le vie

Ora le sensazioni incalzano, nuove, eccitanti, mutevoli

Ci sfiorano, per poterle afferrare

Continuamente prodotte

E al corpo non resta che una vaga percezione,

una nostalgia di sé,

di un'altra fisicità perduta

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

e ancora continua la pena, uguale negli anni

non muta, giorno dopo giorno,

quasi senza un prima e un dopo

(la mente dimentica i giochi, non rompe più la sequenza)

con catene leggere, ineffabili,

nella logica dei ritmi di produzione

Tanto da dimenticare il corpo, un componente della serie,

e si affievoliscono gli altri desideri,

subito spenti dalla programmazione lineare, senza sosta

(La memoria cede al presente)

Non resta che il sogno di quiete, di silenzio:

il regalo del week-end

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

morsicano piano piano, a morsi lenti,

la linea delle colline

Così l'occhio sì abitua a poco a poco,

si adegua alla nuova veduta

al nuovo lucore stirato, senza pieghe

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Perduta la memoria altre immagini incombono,

si stratificano,

la vista cede, si abbandona,

e ingloba tutto il presente

Sempre pronta al nuovo (con il verde all'occhiello)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Forse è la nuova parola d'ordine,

un timbro pronunciato dappertutto,

e diventeremo tutti dei giunchi sinuosi, con protesi adattabili,

capaci di sopportare qualsiasi evento

Per una duttilità sempre più specifica, meccanicizzata,

con una scelta fatta circolare in maniera sottile,

tanto da penetrare in noi un po' alla volta, quotidianamente,

tra le altre parole,

in vista di una nuova qualità del prodotto

(Ci alleneremo in palestre verde post-moderno

con esercizi fisici e mentali)

Per un nuovo slogan per il futuro: Flessibilità

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

a mezzogiorno

le Signore smettono un attimo la manicure del mattino

per poter scrivere cartoline di appello alla pace,

con mani curate e con furore pacifista

All'ora dell'aperitivo l'impegno riscatta la giornata

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

premono sempre di più,

stringono i luoghi, si ammonticchiano in pile pencolanti,

penzolano quasi sulle nostre teste

invadendo ogni passaggio,

regalati perfino in sovrappiù sugli acquisti,

con una incontinenza senza misura: i prodotti

E ormai, dimenticato il gioco,

giriamo in un labirinto costruito

da muri sempre più alti di pacchi colorati,

in sottofondo una musica giusta,

in cerca con sempre più fatica dell'uscita,

per respirare l'aria,

e trovare un altro varco aperto per noi

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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