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Post n°98 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
VIAGGIO Anche le biancorosse ragazzine all’unisono cromatico e di modi, che servivano ai tavoli della CAMST appena fuori la stazione di Mestre; i taxisti allineati nel sole, lungo il marciapiede, i gomiti ai finestrini; gli abitués da una vita, coi minimi riti confidenziali. Non sono spariti solo perché con Mariella riprendo il treno. "Anche qui" diceva l’amico di una volta "si vive e si ama".
Da "La casa di via Saragozza" TRASLOCO 1958 La mia rivoluzione copernicana: aprì le cateratte all’età delle angosce inesprimibili e senza chiara origine. Ma c’erano, nel nuovo bagno, le buchette per il sapone. Così non mi parve di perderla, perdendola, la vecchia casa di via Saragozza. SFOLLAMENTO Uscivo da un casermone, a Piticchio. Una macchina ferma, sul portone, friggeva. Avevo – io o qualcuno – scordati su i guantini, di lana blu, a gattini. Mia proprietà. Ma era il terzo piano e così raro a quei tempi avere un’auto. Tutto premeva intorno a me. Partimmo, io con dentro, però, un’idea, la prima, di ingiustizia e di perdita. * Solo, a Piticchio, un mattino, nel sole, treenne problematico, volevo con un temperino svellere, buttato a ginocchioni tra due case strette di vicolo in discesa, le fondamenta della mia. All’intorno c’erano, si diceva, "i partigiani della Maiella": una sciccheria, pensavo, quasi con questa stessa parola. Poi, altri tredic’anni sarebbe stata ancora, la terra, senza Angela. Ma era scritto, con certi pensieri che, prima ancora di nascere, era persa. |
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