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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°114 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

 

Dialoghi con la madre

Il fosso ha ricominciato a correre

ce ne siamo accorti adesso

che ci siamo avvicinati

all’argine degli alberi

e se non fosse che pensiamo

di portare l’acqua nella casa

non ci sarebbe altro

che la gioia di un divenire

che ricomincia dal principio.

è sempre in questo modo

il passeggiare con la madre, anzi

non esiste questo lessico

nel suo vocabolario, dobbiamo dirle

"Arriviamo fin lì! " per passeggiare.

E se per strada incontra un sorbo

se vede un selvatico ciliegio, subito

pensa di trapiantare i getti, oppure

vuol raccoglier rosmarino che cresce

contro i muri e le pietre dei fienili

e che fa un profumo denso

di resine che odorano d’incenso.

La luce in quella valle dove

scorre il fosso è già partita

e invece venendo su

per queste curve erte s’illumina

la sera scendendo verso l’alto.

Vedi le coste, non ravvicinate

come al basso, ma nel susseguirsi

di variate forme con il velo

della luce, mentre dai raggi

le nuvole passate

colgono un leggero

vento, da niente, della sera

(e poi amo l’occidente).

"Andiamo a vedere il pozzo!"

Cos’è stata, sempre, l’acqua

per noi, forse un luogo comune

al quale abbiamo prestato

la nostra fede intera,

"non possiamo vivere senz’acqua"

e allora guardiamo il pozzo

aprendo un rustico sportello

per vedere fin dove arriva

sembra torbida e bassa,

un po’ stasera

e in quell’acqua

nel fondo grigia

dice che hanno visto un rospo

che da anni s’è accasato

e delle salamandre

ci può essere una serpe

spaventàti se beviamo

o se usiamo acqua

con a monte una bestia

peggio di un lupo.

"I tedeschi i tedeschi!"

venivano su in questa pieve

che era in vista dalla strada

da dove passavano

ritirandosi da Roma per il nord.

C’è stato sempre un moto di gente

anche per questi chiusi monti

le parole che hanno lasciato di recente

la più nota era raus!

Che tradotta, forse, è il pussa via!

che noi diciamo ai rognosi cani.

"è caduto il governo."

Una volta si credeva

che immediato ci fosse

anche per le nostre sorti

un cambiamento,

adesso stiamo li a prendere

aria seduti nelle scale

e sembra che queste notizie

le ascese e le discese dei potenti

siamo convinti che non cambieranno

e le persone sempre ci saranno

agili ad adeguarsi negli incroci

con il talento dei periti leviatani.

Ma anche andare dialogando

con la madre per un prato

che ancora cerca stecchi e

bastoncini per fare le fascine

è memore degli annosi freddi

e davanti queste cataste

il fuoco nelle case

era un sole che faceva spesso

un po’ di fumo e lasciava l’acre

odore che la legna bagnata

o verde fa friggendo nei camini

e il freddo sbucava fuori

con immediati agguati.

Ma anche andare dialogando

scioglie gli accumuli e le croste

e vedendo gli animali

pecore o cavalli che semplici

seguono sperando

in pochi acini d’avena

ponendo le labbra

nei palmi delle mani

Passo io per delle zone

che forse hanno sofferto

senza saper per cosa

hanno una specie di mal di denti

se la terra fosse una bocca con le carie

sembra che non vogliano

intendere altro

se non il proprio dolore

come se fossero refrattarie

per loro impossibilità a sentire

a partecipare a cambiare

hanno una specie — altre volte —

di umore imbronciato

in questo posto dove

per sbaglio le case sono nate

saranno stati degli addii

con persone mai conosciute

sarà stato il loro

desiderio

che si ricordassero di loro

avendole appena

o forse mai viste

come poteva essere

diversamente poco più in là

delle terre contente

con gli ulivi

con gli occhi

stupiti del mare

voglio venire a star qua

ma avrò il coraggio di restare

o sarò come i pochi altri

che vi hanno fatto delle case

sembrano case nate

in un posto sbagliato

e dopo hanno lasciato

come se non li avesse voluti

questo pezzo di terra.

Se una lettera scriverti dovessi

in risposta alla tua che ho aspettato

invano guardando dai forellini

della cassetta della posta

se un bianco amore traluceva

da quei buchi di lamiera

o se un’ala della busta

usciva dalla fessura d’alluminio

io non saprei

che dirti da dove cominciare

Cosa ti posso dire?

Ah, riandare

indietro fino

alle prime righe:

come sono strane

queste porte con i vetri

dentro i quali

- facce dietro il video -

si vede gente diversa

da quella

di anni indietro.

Qual è il posto da dove

escono chiare dalle labbra

le parole non stregate o

inquinate da sguardi

o da rapidi gesti

delle braccia o delle gambe;

aspettiamo dei moti

che producano lettere

decenti; oppure aspettiamo

anche silenzi che non siano

come macerie dove il silenzio

fuma tra la polvere;

(ricevere lettere)

forse perché quegli

affetti lontani rimangono

tali perché erano come

un andare tra la folla

senza impigliarsi come fa l’aria

nei loro destini, o come fa l’acqua che

corre senza fermarsi nei posti;

forse è questa la ragione

          della felicità di una lettera

era stata fluente come il suo

passare per poche ore tra qui;

ma se si fosse impigliata

come una sciarpa tra le

spine di un roveto,

o le fosse venuto in mente

di infognarsi in

qualche gora

Dovreste processarmi

per questo fatto

di amarvi

perché siete passanti

Ed io cosa rispondervi potrò

già sentivo guardandovi negli occhi

come era un destino l’infedeltà

perché prendere tra noi confidenza,

mi domandavo se farmi vedere

interessato con questa materia

destinata a rompersi presto,

perché ne risultava un segno

che lo faceva sembrare

ipocritamente infrangibile

E poi rispondervi. Inadeguato

oramai per sedermi gustando

la mensa, per rispondervi a tono

l’opacità come un sasso

amorfo starebbe nel

torrente e voi sareste l’acqua

per un momento ho solo le vostre

rifrangenze, tale ricchezza

evapora e s’asciuga

rimane secco nel greto

e sente l’acqua

che gorgoglia molto lontana

così il vostro parlottare

acquatico per lettera

all’imprezioso sasso

L’estero più vicino

E così un mattino,

caro amico

ci troviamo in gita in

un’altra città; c’è il

vento, guardiamo

i campanelli

sulle porte delle case;

diciamo i nomi di questi

uomini che corrispondono

alle placche; ci diverte

notare come son fatti

i pulsanti per chiamare

le persone; e leggiamo

l’elenco telefonico: meraviglia,

ci siamo! E ci sono alcuni

che non ci sono;

hanno i nomi di altri

che abitano lontani;

e gli altri hanno i nomi

di loro che abitano vicino. Ma

che importa? Giriamo

per le strade e guardiamo

i muri: siamo anche curiosi dei

nomi dei morti stampati e

pubblicati: e

chi è questo qui che

è morto? Senti che nome

aveva, guarda dove abitava

Che fare? Non dovremo andare

al nostro funerale?

Non era facile

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