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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°135 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

SUONO UNO

 

C’è questo lungo perdersi della poesia nel suo nulla

in un’attesa del tempo che la trasformi in pensiero

come l’assolo folle, amoroso, d’una chitarra, nel tempo

in un’attesa del tempo che la trasformi in passato

nei primi versi d’un canto, ma non umano, quasi

il tamburo leggiadro della notte, il canto notturno dei grilli

il suono eterno, vergine, delle fontane, il fischio dei treni nel buio

un rumore di aghi di pino e di ghiaia sotto le scarpe

di due ballerini in un muto, senza musica, senza silenzio.

Un’estate di notte in un giardino di pini, un ricordo

in un inverno gelato con gli occhi socchiusi, stupito

c’è questo lungo perdersi della poesia nel ricordo

in una memoria notturna, con occhi espressivi, da muta

racconta con le mani un’aria d’opera sentita nella casa dei padroni

le hai prestato le mani, le muovi appena, tenendo chiusi gli occhi

 

 

 

 

COPENAGHEN

 

Tu non puoi immaginare che male io senta qui in fondo al cuore

nella fragile potenza della sera di Copenaghen

nella stazione di Copenaghen, con i sognatori europei

antichi suonatori di trombone e gente nera e sorrisi

e un grande orologio che aspetta il tuo sguardo di sole.

Ma in sere povere – potrebbero aspettare

qualche diverso interprete,

il barboncino Marx con il piattino al parco Tivoli

o un sorriso danese e un pedigree

o un fattorino pazzo o qualcosa di biondo

oppure un cowboy canterino –

andremo ad Elsinore e sbarcheremo ad Helsingborg

 

 

L’AUTISTICA

 

Gennaio ha un grado di meno negli occhi

un semitono nei colori in meno una voce di meno

e gli occhi come stagni di non sai quale stagione

di non sai quale età,

la luce grigia limpida d’inizio d’una serie di cieli

s’allarga nello spazio e diventa una storia

chiama un gloria taciuto a un pomeriggio già tardo

e già scuro, a cespugli

s’espande come acqua pluviale come grazia

della vita sensibile d’un’anima, d’un’anima segreta.

Ora il corpo coincide soltanto in timidissimi sguardi

con gli alti delle fughe del cielo – il corpo, lo sguardo –

con un pensiero impossibile, con una forza immane

di non pensiero ad altezza di nuvole,  e l’anima è lì

e in pensieri meccanici, amorosi, fino al centro dei luoghi

serali, al respiro dei luoghi serali, in un giardino grigio.

La fine del silenzio di questa voce inappartenente

è un canto povero per il mondo appena creato

per la vita che insegna le sillabe, l’umiltà della genesi del mondo

e per la voce di questa luce bassa vegetale

del mistero profondo che ora si chiama inverno

e pomeriggio e ottica e flora

 

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