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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°122 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

Le stanze

Quanti sonni consumati

in queste stanze...

Poi un giorno le stanze

passeranno, ne costruiranno

altre, ma solo i sogni resteranno.

 

Il ciliegio giapponese

C'è il mandorlo,

l'albero che fiorisce

appena qualche giorno

e poi si spoglia del colore

per i frutti,

come tutti gli amori mortali.

C'è l'albero del fico

che non mette mai fiore,

è subito frutto,

come la madre di Dio.

C'è il ciliegio giapponese

che quasi non conosce frutto, è solo fiore,

come l'amore di Dio.

 

Il canto

Quando canti sento il mondo

Tutto aperto entrarmi dentro:

minacciato da un dolcissimo male

si rifugia intero nel mio corpo.

"Vattene, vattene via..."

gridano gli anni,

ma è tardi, il canto è entrato

dentro fino al cuore.

 

 

L'amore fiore

Tu sei i miei occhi,

io sono la tua voce,

oscura è la storia dei corpi

fioco rumore di anime

sfogliate come pagine,

non successivi capitoli d'una leggenda

di giorni nell'orbita

del sole e della luna,

ch'io non sono ancora

e che più tu non sei,

nomi di lingue morte e spente letterature,

voci di pastori d'Asia e di angeli

in lotta nell'oscurità per venire alla luce

della mia e della tua volontà

di stringersi a questo tempo

nell'attimo in cui lo sguardo del sole

e della luna in eclisse

si amarono e irruppe ladra

la morte sulla pelle

per il nostro vagabondaggio

in questo giardino dove nessuno

coglierà frutti, amore fiore,

desiderio perpetuo

di Adamo che dorme e Dio lo guarda

e pensa alla donna.

 

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°121 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

I nomi

Metteva nome Stanley a fiumi

che nessuno conosceva.

E sulle carte vergini dell'Africa

città e cascate apparivano

evocate da quell'esperto di nomi.

L'esploratore non rivelò mai

la formula delle sue evocazioni,

ma a volte, alzando il capo

in città a leggere i nomi

delle vie, in me rivive

quell'amore per gli sconociuti

prigionieri nel sonno delle pietre,

nell'incoerenza dell'acqua.

 

 

 

Sono qui, Signore, qui

Sono qui, Signore, qui,

mi troverà il tuo coltello?

 

Gli occhi

Gli occhi invecchiano

prima delle mani,

le ambizioni dinastiche

dei sensi cedono

alla signoria della notte

come se materia e forma

trovassero l'araldica

conciliazione di uno stemma.

Così negli occhi Dio governa

il mondo, motore immobile,

tregua fra oppositori e fedeli

alla signoria di Amore,

alto sulla vetta

dei corpi che vanno già

vestiti di cenere.

 

L'eleganza

Gli stili delle epoche, i sovrani

che non mutano nome ma numero

nella successione al trono,

sono gli anni del corpo.

Le prove del sarto ritagliano,

su stoffe che non copriranno

per sempre, il disegno d'una

figura incapace di pose

per l'artigiano severo

che fascia e cuce e rammenda

i guasti del tempo.

C'è, dentro quell'irrequietezza

davanti allo specchio, il sogno di un'eleganza

definitiva,

liberata dalla civetteria

della storia.

 

 

 

 

Il ritardo (Premio Lorici Pea 1986)

Per otto anni il mio orologio

ritardava un minuto e mezzo

ogni sette giorni.

Poi una mano lo aprì, e ora

anticipa di un minuto e mezzo

ogni sette giorni.

Risanato cammino, operato

invece che al cuore, al tempo.

E' una convalescenza da tutti

i ritardi sommati nelle mie arterie,

gli antipodi forse camminano così.

Si è spostato l'asse celeste del

cervello, di qualche grado in meno

inclinato sul piano della morte,

gioca con orbite di stelle più lontane.

Per fare i conti di quanto

debbo restituire di anni rubati,

scrivo queste operazioni.

 

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°120 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

Folle

Pane. Chiamami pane,

pane, pane, molte volte

dimmi pane.

Perché tu sia a folle in me

la moltiplicazione

dei pani.

 

Astrologica

Se fossi donna non amerei che me stessa

nell'acqua,

se fossi uomo non amerei che la donna

che si ama nell'acqua,

se fossi acqua sarei l'acqua dlla donna

che si ama.

Ma l'uomo è fuoco e soffre,

non è amare d'acqua il suo che basti,

non è l'Oceano che abbraccia la Terra,

alito delle foglie marcite

che nutre le foglie vive.

La donna saprebbe non morire,

non può compiere la sua volontà

perché l'uomo la vide bagnarsi

con le sue compagne, scherzare,

non aver fretta, non percepire il tempo,

non aver bisogno di niente,

non chiedere altro che quello che ha;

e l'uomo fu sbranato dai cani

per averla vista nuda giocare

un giorno sull'acqua.

Perché l'occhio che guarda e s'interroga?

L'uomo è un intruso,

venne con lui il desiderio,

l'acqua e la terra non lo sapevano

quando venne sul vento il fuoco.

 

 

L'anima

Alcune volte ho pensato all'anima

che trattengo come la sabbia

nel risvolto dei pantaloni,

come la terra che non si stacca

dalla suola delle scarpe,

come una macchia di frutta

di stagione: la fragola

nonva più via, nemmeno le ciliegie,

ma la più terribile è la pesca.

Anche i cachi, le mele e le pere

facevano impazzire mia madre,

ma solo l'erba era come la pesca.

Ci si può macchiare anche di pioggia, rimane l'ombra dell'acqua,

una piccola zona più scura.

Dei colori solo l'acqua

diventa odore di muffa:

le stagioni non laciano odore.

Ho cercato d'immaginare

quale parte fdel viso porteremo,

come sarà ftta l'anima,

se avrà un naso, degli occhi, una bocca.

A che serviranno gli altri sensi,

se restano solo colori?

 

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°119 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

Versi sul Male

Del Male fa bene la lucidità,
la coscienza eroica
di tentare un'azione
parallela alla vita, scelta da noi,
contro natura e contro corrente,
terra esclusa dalla carte geografiche,
tutta solo nostra.
Quel che illumina del Male
è il lampo d'eternità del nostro sì,
lo so che cosa sei,
non mi sbaglio, anzi,
ti voglio perché ti riconosco.
E' così che del Bene si compie
una strana e più vasta libertà,
quando lo si riscopre come
nostalgia di un'altra Itaca,
che dalle braccia tenere di Circe,
sospinge verso il mare aperto,
a evadere dalla terra del Male.

 

DA L'ESPERIENZA ANTERIORE, I DISPARI, MILANO 1973

Da un belvedere della val di Magra

Una volta, io lo so,

qui c'è stata la gioia.

L'aria ne trema ancora.

Ancora non si è spento lo stupore

della valle

a vedersela un giorno andar via.

 

 

 

DA VERSI OCCIDENTALI (1976)

La visita

Quando venivi a casa mia

dimenticavi spesso qualcosa

- un pettine degli orecchini due anelli -

Ma mi mentivi sempre,

la tua non era volontà di rimanere:

tu volevi andartene sì,

ma tenendomi nel giro del tuo corpo.

Eri eterna allora.

Se aprivo un cassetto

o spostavo una sedia

Mi volevi circondato dalle tue apparenze.

Solo così potevi correre dall'altro,

dirgli "amo solo te".

Fu così che la tua menzogna

santificò questa casa,

perché ora che sei come morta

tutto cambia,

tu che mentivi ora sei

quella che ha sempre detto la verità:

per gli oggetti si passa da questo mondo

al nulla, a colui che ora

porta alle dita i tuoi anelli,

che ha nei capelli il tuo pettine

ai lobi i tuoi orecchini spaiati.

Giocavo poco fa coi tuoi oggetti:

stavano in una mano,

non hai più altezza misura

non sanno più dire dove sei.

Per loro saresti l'aria il vuoto

se non ci fossi io a tradirne la fiducia

per trafugare un giorno

la sua immagine per te.

Perché tu allora romperai

l'incantesimo,

restituirai te stessa

agli oggetti a questa casa a me.

 

 

 

 

 

 

 

Da IL RE, LE PAROLE, MANDURIA, LACAITA (1980)

Il filo delle bugie

A me la mia vita non piace

e non posso cambiarla.

Mi sforzo allora di farmela piacere

e qualche volta mi dimentico,

dico che la vita è bella.

Ma la vita degli altri

mi sta sempre davanti

e mi viene una gran malinconia

perché nessuno riesce a mentire

davanti ame che so mentire qualche volta

così bene da dimenticare

che mi sto inventando la vita.

Andrà a finire che perderò

il filo delle bugie, delle verità

e una cosa nascerà simile

alla necessità di odiare qualcuno che amo

nella speranza che male e bene

non mentano più e smettano

di sembrare diversi.

 

La coperta del letto

Il mio amico Bruno se n'andava

da bambino in bicicletta cantando

in una lingua che non c'è.

Gli piaceva che la gente che passava

lo credesse sempre uno straniero.

Io, con la gran coperta del letto dei miei

sulle spalle, da bambino mi credevo re,

in cucina ricevevo personaggi,

decidevo le guerre e le paci,

facevo politica mondiale.

Questa storia è andata a finir bene

perché non è finita: non abbiamo

più smesso di giocare.

 

L'acqua

Quando ho sete faccio scorrere

a lungo l'acqua, vorrei poterla

bere più fresca, sempre più fresca.

Mi è capitato di non potermi decidere

e rimanere col bicchiere vuoto in mano,

pensando all'acqua che berrei

se attendessi ancora un po'.

E' una differenza così leggera,

da riempire il mare nell'attesa:

c'è qualcosa di così mortale

nell'acqua, che ieri ho tremato

sentendo un bambino dire "ho sete".

 

 

La cella

Signore - se credessi in Dio direi -

Signore, fammi il mondo

una cella così perfetta

che possa starci solo

la mia anima.

Signore, allarga la mia anima

al mondo,

fa ch'io ne esca solo il giorno

in cui non potrò

più incontrare altri che te.

Signore, prendi il mio sesso,

fa che né femmina né maschio

possa più capire,

nascondimi, fammi solo

parola di Dio.

I capelli

A sera a me la barba

è diventata dura e nera,

i tuoi capelli di zucchero filato

invece non si sono mossi,

non li spettina il vento,

chi sei?

Poeti e peccati

Tante sono le lingue del mondo,

solo il silenzio non c'è;

tu sai che poeti e peccati

saranno rimessi,

sono io, aprimi!

 

"Dio non parla"

Dio non parla,

è un poco divino

dimenticare una lingua.

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°118 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

Mutamenti

Oggi sono quel che potrei essere,
un foglietto bianco
caduto per terra
nella sala d'attesa della stazione.
Quanto manca ?
la domanda è mutata in
Quanto ho fatto ?
Imito la clessidra,
so capovolgere dritto e rovescio,
vuoto e pieno,
bianco e nero,
perdo peso,
sono diventato più leggero.

 


Nevicata dal treno sulla pianura padana

 

Sotto la terra bianca come il cielo
c'è il mio pane della gratitudine
per la via percorsa, per i temuti pericoli,
le paure e le lunghe attese che svanirono
consumate tutte a poco a poco,
le carte del mazzo tenute nelle mani,
ormai già tutte in ordine sul tavolo,
una mano già nuda.
Quel paesaggio sono io,
assaporo la panoramica dall'alto
di me così piccolo diventato grande,
restano solo poche stazioni,
posso guardarmi attorno con calma,
perdere tempo, ne ho vissuto tanto,
a ripensare tutto quel bianco
che oggi mi abbacina gli occhi:
il mondo con la mia vita dentro
mi aspettava a occhi chiusi.
E chiudendoli così s'assapora
d'un nuovo amore il bacio,
da una bocca bella e tremante.

 


Ritorno al mare

 

Il tuo tempo è diventato
il va e vieni del prigioniero nella cella,
l'attesa del pendolare
che ogni giorno spia la fuga
nell'orologio grande
allo stesso marciapiede.
Ritorna sui numeri dei binari
un'antica matematica di arrivi e partenze,
è ancora un gioco
contare i minuti per le coincidenze,
da bambino sempre sognavi di fuggire
da Ferrara per tornare al mare.
Era la via della felicità
il viale della stazione.
Nato sull'acqua
oggi ti parrebbe di tornare laggiù
ma non sai se i ritardi
siano fame di arrivare
o paura di scoprire
che tutto quell'azzurro è evaporato
e il mare non c'è più.

 


Specchi e specchiere

 

Sempre mi tremano le mani
quando curo la barba allo specchio.
Non solo per la difficoltà di guardarmi
capovolto e spingere le forbici
a medicare il cedimento all'informe
oltre i luoghi possibili,
dove non sarò mai,
ma per il gesto che di nuovo mi tradirà,
perché la guancia che a destra m'appare
la ritroverò con la barba curata a sinistra.
Allo specchio non serve la memoria,
si cura di un altro volto
che non è più questo.
Il viso che fu amato per sempre una volta
lui lo sa, lui lo è,
e non lo rivelerà,
in ogni luogo della terra
porta male romperlo.
La sua strenue fedeltà prepara la mente
all'ultimo ritratto,
dolce vendetta delle specchiere
- avran mutato sesso intanto quegli specchi
per meglio amare il volto amato -

 

 


Vecchi e nuovi specchi

Specchi dove non mi stanco
di guardarmi sono
le stazioni di provincia,
i vagoni di seconda classe,
i vecchi che trascinano sporte a rotelle,
i depositi di biciclette incatenate a pali,
la gente che aspetta in coda un autobus
e intanto scruta lontano
e non vede nessuno arrivare.
Ma a volte mi sorprendo a guardarmi
in specchi diversi e più antichi
quando rileggo un verso
che mi folgorava trent'anni fa,
"Felicità raggiunta si cammina
per te sul fil di lama"…
Ecco, a cinquantasette anni
la vecchia voglia d'incanto mi riprende
di chiamare e dirteli quei versi
che mi fanno ancora tremare,
ma sarebbe lo stesso errore
anche con te,
non aver ancora imparato
che fugge la gioia dal tuo nome
e non si cattura la tua ombra.

 


Vecchio Dio

Dio, oggi non ho nessuna voglia
di sentirti scorrere nel sangue,
e faccio di tutto per non sentire
come pulsi alle orecchie,
vecchio sangue del mio Dio che s'attempa,
e si fa sempre più stanco e lento
finché un giorno cadremo insieme.
Levarsi la mattina e levarti con me,
accudirti, rivestirti, profumarti,
questi gesti di antica confidenza
di carcerati in così poco spazio,
lisi come abiti, frusti come parole
d'auguri ai compleanni,
le stesse che useremo capovolte
come stoffe per condoglianze,
che fatica si fa a tenerti in piedi,
mio vecchio Dio incolpevole, viziato,
capriccioso, sempre più sordo,
che non s'accorge di ripetersi
o forse finge e a volte riesce
a farsi credere unico e fedele,
deciso a restarmi accanto
per amore solo per amore,
e non perché non sa dove andare.
Ma intanto mi lasci qui a ricordare
il giovane Dio che eri,
che non aveva caldo né sete
e pattinava leggero sul ghiaccio
del Nulla cantando senz'ombra,
senza colpe da temere,
né premi da attendere,
il bel niente che eri
senza eco di me,
immune da questa leucemia
dell'eternità che mi beve il sangue.
Sei la mia subdola malattia, Dio mio,
febbre e nebbia che sale
dall'argine consumato del mio tempo.

 
 
 
 
 

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