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Post n°72 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
(Démone all’uomo l’indole) Non è trovare un senso a questa vita che la rende più bella o meno amara La felice ignoranza già fuggita è più savia d’ogni arte che s’impara * Io non ho conosciuto mai l’amore né mai l’amore ha conosciuto me Di chi sia stata la pena maggiore è ignoto a tutti, e ignoto anche il perché * Alle prime intemperie settembrine l’amara nostalgia del non goduto discorda con le pratiche divine della rassegnazione, del rifiuto * Per l’ennesima volta differita si fa beffe di me l’Apocalisse: tempesta breve, già quasi ammansita quella che il cuore estrema mi predisse * È un battello deserto la mia vita, una nave fantasma mai partita Immobile dal mare del Pensiero scruta le rive il bianco passeggero * Linfe ed umori in un’arsura stretta, la morta gora ha tutto prosciugato: dalle liquide vene del passato allo scarno domani che mi aspetta * Allénati all’insonnia virginale, agli esercizi dell’onnipotenza, alle intemperie di un’adolescenza eterna,al tuo Peccato Originale
(io giaccio sola) Animae meae dimidium , dove sei? Di te nessuno mi reca novella Dovrò chiedere forse alla mia stella? Vedendoti ti riconoscerei? * Perché non sei con me, sul mio balcone, a godere l’ozioso privilegio del concerto fra i rami di ciliegio e la carezza della Perfezione? * Sono già nella bara certi giorni mio sudario il Silenzio: questo manto di perla che mi avvolge come un velo lago montagna cielo * In the deepest of the Heart in the thick of His old Park there is no Light but Dark * ...Così insoluto resterà l’enigma (che non interessa a nessuno) Ero l’uomo che non sapeva amare o che la sorte condannò al digiuno? * Chi raccoglie dal grembo della notte le mie grida d’aiuto ininterrotte? S’adempie all’alba la condanna atroce: altro di me non resta che la voce * Benché dilaniato dall’artiglio del drago morirò senza un grido, da ragazzo educato
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Post n°71 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
(il giorno è un dito) Saliva alla mansarda dalla scala a spirale quella luce beffarda, un alone irreale * All’alba opaca un velo ottunde la memoria da una morsa di gelo riemergi alla tua storia * Non mi visita più come una volta il Demone dell’Intima Armonia: diserta il mio sentiero,cede il passo alle invasioni di Malinconia * Non fu della colomba il volo arcano che vidi,alto suggello dell’Evento ma l’obliquo sbandare del gabbiano sinistro come il mio presentimento * Le sere sono molto silenziose qui nel mio regno di magie nervose di mostri pronti a stringerti d’assedio, di larve inquiete, d’inesausto tedio * È povera di eventi questa vita E l’altra lo sarà forse del tutto: una lunga domenica sbiadita senza gustare della noia il frutto * L’ultimo desiderio? Una sorpresa! Dàtemela come il fumo al condannato che compaia qualcuno inaspettato- che un evento giustifichi l’attesa
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Post n°70 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
(Anacreonte) (fanciullo che con occhi di fanciulla) Svelami, o Musa, il volto della Grazia quella tremenda luce che mai sazia * Restavo solo in compagnia del sole, della brezza sull’onde,sulle aiole sulla scia di quel trepido sorriso che m’aveva annunciato il Paradiso * Non sciuparlo quell’esile figmento, quella grazia incarnata in filigrana, quel lieve segno,quel presentimento d’azzurro che a inseguirlo s’allontana * Neppure lo sfiorai: fredda una luce gli diffondeva intorno il vago alone che a credere nei sogni meglio induce velando dei contorni la visione * Innamorato resto di un’immagine e il mondo è fatto solo di persone Scenderò nella gelida voragine col sorriso beffardo delle icone * Al congedarsi dai volti che amiamo, è senza speranza il senso della distanza che tanti ne ha dissolti * Morire non dovrai di solitudine da una coltre di tenebra fasciato ma risvegliarti docile alla tiepida brezza d’un sogno, come appena nato
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Post n°69 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
(creatura leggera il poeta) Passeggiavo, padrone del paese, felice come un bimbo, come sempre – più di sempre, poi ch’era luna piena – nel buio luminoso di sorprese * Come una mano l’edera ghermiva la fronte gialla della casa; un sogno insisteva a chiamarmi. Si stupiva l’anima, ancora colta di sorpresa * Mi scortano i gabbiani in paradiso questa sera – varcata la collina uno spasimo affanna il calmo volo – poi, l’approdo insensibile improvviso * Dall’ultimo di maggio il lago è assai salito il cigno a mezza sponda ha un fremito stizzito * Se di mattina, a la stagione estiva, non mi trovate in casa né in giardino scendete verso il lago qui vicino: sono in canoa, chiamatemi da riva * Anche quest’anno non c’è un altro cuore che con me si rallegri della prima fiorita del ciliegio. Il suo candore solo dell’ape cattura la stima * Viene il giorno che acquista compiutezza la tua vita, e così la solitudine – Non ti domandi più che cosa sia quel che ti manca – basta la Poesia
(Primavera vestita di fiori) Quest’ultima di marzo giornata solatìa la dedico senz’altro pensiero alla Poesia ... M’ha colto di sorpresa, ignaro anche dell’ora e l’anima s’è arresa al lieve incanto ancora ... In un letto di foglie ho steso il corpo ansante Turbe,dolori e voglie dissolti in un istante ... Da un intimo rifugio un gallo strilla roco Indugio,triste un poco, nel vicolo canoro ... Mi chiamano le strida dell’anatrella pazza che intrepida svolazza verso l’imbarcadero ... Le primule di Antonia ho visto sul sentiero frivoleggiar con timide violette del pensiero ... Fende l’acqua dorata, come un candido strale, la sagoma chiomata d’un battello trionfale ... E tutto questo è dato un lunedì splendente in dono ad un poeta di già convalescente
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Post n°68 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Saffo) (dolceamara invincibile (fiera) ) La tua grazia leggera (un altro inganno) m’illude coi suoi vezzi – in primavera, la stagione più futile dell’anno * Nella faretra aveva quella sola quasi invisibile freccia Parlava con accento intimidito Neppure seppe d’avermi colpito * "Il tuo corpo è reale?" gli chiedevo mentre l’anima al sogno trattenevo Per alleviare la sua grave pena spezzare avrei dovuto la catena * Lo strale di Cupido era nascosto nella curva innocente delle ciglia Fremeva l’arco – l’ultimo avamposto cadde abbattuto dalla meraviglia * Venne un giorno a trovarmi. Ero malato del mio solito male. Disadorno trovò l’arredamento dl locale. S’affacciò, si ritrasse spaventato * Come la neve, l’amore quest’anno un’altra volta m’ha ingannato Fittizio il suo candore: era la brina che mascherava il prato * Rimane nella stanza della musica l’eco del tuo diteggio all’imbrunire Poche stridule note, cauti accenni di un addio che si vuole differire
(sofferenza è disciplina) Fin qui il mio tempo è stato l’attesa di un momento Ora ‘il coltello sento che fu profetizzato’ * La vita se n’è andata resta la sua sembianza, del giorno un simulacro nella stanza * Io sono qui, come un’icona triste E la vita a chiamarmi poco insiste * M’aveva soltanto sfiorato, stranamente leggera... M’accorsi verso sera della lama affondata nel costato * Il disastro non è, come si crede, conflagrazione, apocalisse, schianto è crollo silenzioso, disincanto dell’anima che abiura alla sua fede * Non so da quanto il grigio è il mio colore È un palazzo di pietra la memoria; anni di piombo grevi, senza storia, sulla cella deserta del mio cuore * E m’appare d’un tratto la mia vita effimera corolla già sfiorita
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Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36