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MECCA

 

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TRE GRADI DI DIGIUNO

 

  

TRE GRADI DI DIGIUNO

Esistono tre tipologie di digiuno: ordinario, speciale e straordinario.

   Mentre il digiuno ordinario consiste nell’astensione dal cibo, dal bere e dalla soddisfazione sessuale, quello speciale nel tenere le orecchie, gli occhi, la lingua, le mani, i piedi e tutti gli altri organi, liberi dal peccato. Il digiuno straordinario, invece, si compie quando il cuore si allontana dai pensieri indegni e mondani e pensa solo a Dio, Grande ed Eccelso. Questo tipo di Digiuno è rotto, quando si pensa a qualcosa di diverso da Dio, Grande ed Eccelso, e l’altro mondo. È rotto anche, quando ci si concentra su questioni mondane, eccetto quelle che conducono a fini religiosi, dal momento che sono rivolti all’altra vita e non a questo basso mondo.

   Chi ha esperienza della vita spirituale, ritiene che sia un peccato preoccuparsi tutto il giorno dei preparativi per rompere il digiuno, perchè quest’ansia deriva da una mancanza di fiducia in Dio e nella Sua promessa di sostentamento.

   A questo terzo grado appartengono i Profeti, i veri santi e chi vive in intimità con Dio. La loro condotta non può essere esaminata dalle parole, perché la loro vera natura si rivela nell’azione, che consiste nel dedicarsi a Dio, Grande ed Eccelso, trascurando tutto tranne Lui. È questo il significato del seguente versetto del Corano: “Di’ o Dio e poi lasciali al loro vuoto chiacchiericcio” (6:91).

 

 

LETTURA DEL CORANO

 

LETTURA DEL CORANO 

 

 

MOSCHEA DEL PROFETA A MEDINA

 

MOSCHEA MEDINA

 
 

 

 
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LA VITA DEL PROFETA MUHAMMAD DI HAMIDULLAH

Post n°22 pubblicato il 27 Agosto 2009 da habiba1977
 

I caratteri distintivi di questa religione sono due:

1- Un equilibrio armonioso tra lo spirituale e il temporale, tra il corpo e lo spirito, che consente un pieno godimento dei beni della terra, e, nello stesso tempo, impone sul fedele dei doveri verso Dio come la preghiera, il digiuno e la carità.

2-     L’universalità della chiamata: i credenti erano chiamati a diventare fratelli e uguali  senza nessuna distinzione di classe, razza o lingua. La sola superiorità riconosciuta è quella personale, basata sul timor di Dio e sulla pietà.

Quando molti musulmani migrarono in Abissinia, i leader dei clan pagani mandarono un ultimatum alla tribù del Profeta, chiedendo che fosse ostracizzato e consegnato nelle loro mani. Ogni membro della tribù, però, sia musulmano sia pagano, rifiutò di piegarsi a questa richiesta. Dopo aver ricevuto questa risposta negativa, i leader dei Quraysh decisero di iniziare un boicottaggio contro la tribù: nessuno doveva rivolgere loro la parola, commerciare o legarsi in matrimonio. Anche la tribù araba degli Ahabish, abitanti dei sobborghi ed alleati dei capi della Mecca, si unirono al boicottaggio, provocando una desolata miseria tra le vittime più innocenti: bambini, donne e uomini vecchi, malati e deboli. Anche se molti morirono di stenti, tuttavia nessuno mostrò mai l’intenzione di consegnare il Profeta (pace e benedizioni su di lui) ai suoi nemici. Un altro zio del Profeta (pace e benedizioni su di lui), chiamato Abu Lahab, partecipò al boicottaggio con i pagani, abbandonando di fatto la sua tribù. Dopo tre anni di boicottaggio, durante i quali le vittime furono obbligate a mangiare anche le poche pianticelle aride che crescevano nel deserto, quattro o cinque non musulmani, appartenenti a diversi clan, denunciarono pubblicamente il boicottaggio come ingiusto. Nello stesso tempo il documento, che siglava l’accordo di boicottaggio, fu trovato, come il Profeta aveva predetto, mangiato dalle formiche, che lasciarono intatte solo le parole Dio e Muhammad. Anche se il boicottaggio cessò, tuttavia a causa delle privazioni morirono Khadija e Abu Talib, il capo del clan e zio del Profeta. Ora era divenuto capo del clan Abu Lahab, che rimase sempre un nemico acerrimo dell’Islam.

A questo periodo risale la Mira‘j, ossia l’ascensione al cielo del Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui). A suo ritorno dalle regioni celesti il Profeta portò come dono ai musulmani la preghiera islamica, che può essere intesa come una sorta di comunione tra l’uomo e Dio. A questo proposito è necessario ricordare che nell’ultima parte della preghiera islamica i fedeli utilizzano come simbolo del loro trovarsi alla presenza di Dio le parole di saluto tra Dio e il Profeta: “Che la pace sia con te, o Profeta, come la misericordia e la benedizione divina. Che la pace sia con te e con tutti i retti servi di Dio”.

La notizia della Mira‘j però aumentò l’ostilità dei pagani della Mecca e il Profeta (pace e benedizioni su di lui) fu obbligato ad abbandonare la sua città natale per cercare rifugio in qualche altro luogo. Si recò dal suo zio materno a Ta’if, ma ritornò subito alla Mecca, perché gli abitanti della città lo scacciarono lanciandogli delle pietre, che gli provocarono profonde ferite. Successivamente però l’annuale pellegrinaggio alla Ka‘ba portò alla Mecca persone da ogni parte dell’Arabia. Il Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) tentò di persuadere le diverse tribù a dargli ospitalità e a consentirgli di proseguire il suo insegnamento. Però, anche se circa una quindicina di tribù, a cui il Profeta (pace e benedizioni su di lui) si rivolse, risposero in modo ostile, egli non disperò. Alla fine incontrò alcuni abitanti di Medina che, essendo vicini dei Cristiani e degli Ebrei, avevano qualche conoscenza dei Profeti e del messaggio divino. Costoro erano anche a conoscenza del fatto che entrambe queste religioni stavano aspettando l’arrivo di un profeta. Gli abitanti di Medina, quindi, decisero di non perdere quest’opportunità e si convertirono all’Islam, promettendo al Profeta (pace e benedizioni su di lui) l’aiuto di cui i musulmani avevano bisogno. L’anno successivo gli domandarono di stringere un’alleanza e gli chiesero anche di inviargli un musulmano, che conosceva bene gli insegnamenti dell’Islam. La missione, condotta da Mus‘ab ibn ‘Umayr, ebbe pieno successo ed egli guidò un contingente di settantatre nuovi convertiti alla Mecca durante la stagione del Pellegrinaggio. Questi invitarono il Profeta e i suoi Compagni ad emigrare nella loro città, promettendo loro un rifugio sicuro. Segretamente e in piccoli gruppi gran parte dei musulmani emigrò a Medina. Successivamente a questi avvenimenti i pagani della Mecca non solo confiscarono le proprietà degli emigrati, ma prepararono anche un piano per assassinare il Profeta (pace e benedizioni su di lui). Ormai era divenuto impossibile per lui rimanere alla Mecca.

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