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Prodi, il giorno più lungo
E' stato un vero mercoledì delle ceneri per Romano Prodi, sconfitto al Senato sulla politica estera per soli due voti, e costretto dunque ad aprire una crisi al buio. Giorgio Napolitano non ha potuto che prendere atto della situazione che si era creata dopo lo scivolone in Senato sulla risoluzione in materia di politica estera. Del resto erano stati gli stessi Prodi e D'Alema a sostenere che su quei temi la maggioranza doveva dimostrarsi autosufficiente.
LE CONSULTAZIONI
Il Presidente della Repubblica avvierà le consultazioni e l'impressione è che l'Unione voglia puntare a Prodi-bis, sebbene si tratti di un deja vu come ha detto Marco Pannella: già nel 1997 il Professore era stato abbattuto dalla sinistra radicale e aveva dato vita ad un secondo governo, e il problema era sempre lo stesso, ossia il dialogo impossibile tra moderati e massimalisti. Tra l'altro, Massimo D'Alema - clamorosamente sconfessato dalla sua maggioranza - per coerenza con le proprie posizioni potrebbe non accettare una ricandidatura alla Farnesina: ciò indebolirebbe oggettivamente l'asse che finora ha sorretto l'esecutivo.
L'UNIONE
Il forte malumore verso l'area dell'antagonismo che serpeggia tra i riformisti ha due radici precise. Primo: i segretari della sinistra radicale non sono riusciti a convincere gli irriducibili, nonostante tutte le rassicurazioni fornite. Secondo: anche dopo il voto c'è chi a sinistra ha continuato a sottolineare il dissenso sull'Afghanistan, rendendo più complicata una ricucitura. A questo punto, a subire una battuta d'arresto è anche l'intero progetto politico del Partito democratico.
BERLUSCONI
Il leader di Forza Italia esclude qualsiasi appoggio al centrosinistra: è troppo tardi, fa sapere, adesso i sondaggi assegnano al centrodestra un largo vantaggio sul centrosinistra. E poi Prodi e D'Alema, argomenta Berlusconi, hanno esposto l'Italia a una brutta figura sul piano internazionale, dopo che la Cdl li aveva già salvati sui voti per il Libano e l'Afghanistan. Il teorema dell'autosufficienza li obbliga a trovare una soluzione senza contare su stampelle esterne.
LA LEGA
Il partito di Bossi punta senza esitazioni alle elezioni anticipate anche con questa legge elettorale. Ma si tratta di una scelta che implicitamente sconfesserebbe la stabilità del tanto decantato bipolarismo se si torna a votare dopo pochi mesi. E comunque, per ammissione dei suoi stessi collaboratori, Berlusconi non si sente ancora pronto: il rischio di vincere, ma in una situazione di ingovernabilità sostanziale, sarebbe comunque molto alto.
Ciò spiega perché i centristi, da Marco Follini all'Udc, ipotizzino una nuova fase poltica. Per ora non è chiaro in che cosa debba consistere: Sergio De Gregorio, ex dell'Italia dei Valori passato all'opposizione, suggerisce un governo di larghe intese guidato dal presidente del Senato Franco Marini per fare la riforma elettorale e pochi altri provvedimenti urgenti. Poi si dovrebbe tornare al voto. Ciò spiega perché l'Udc sia convinta di poter giocare un ruolo nella partita che si apre. Al Senato ha scelto di distinguersi dagli ex alleati astenendosi sulla mozione dell'Unione: un segnale alla maggioranza? Più probabilmente solo all'Udeur e ai moderati della Margherita che hanno sofferto finora la convivenza con l'estrena sinistra.
Si preparano nuovi scenari
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 13:00
Inviato da: Anonimo
il 25/12/2007 alle 21:10
Inviato da: Anonimo
il 30/09/2007 alle 14:28
Inviato da: tonny88
il 09/08/2007 alle 20:16
Inviato da: Anonimo
il 11/03/2007 alle 02:03