Creato da: roy_14 il 12/07/2006
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serata da star

Post n°14 pubblicato il 19 Luglio 2006 da roy_14

Sono stato tra i primi ad arrivare.

Il parcheggio era ancora vuoto, solo tre o quattro macchine
erano arrivate prima della mia. Ero nervoso. Come sarebbe stata la prima volta
che lo vedevo dal vivo? Come sarebbe stato sentirlo cantare dal vivo?

Avevo una paura fottuta di rimanere deluso. Sarebbe crollata
una parte fondamentale della mia adolescenza, stiracchiata in questa attesa
fino a ieri? Si, perché finché non l’avessi visto dal vero sarebbe rimasto un
sogno, un’illusione, una promessa...

Ho visto un sacco di gente strana, tra i cinquanta e i
vent’anni, ma questo me l’aspettavo. Qualcuno, però, a vederlo/a così era
veramente strano/a, anche per me che di solito non mi formalizzo…

Sul palco un telone trasparente con la stampa del viso di
Oscar Wilde la dice lunga sulla moderazione del Nostro, comunque ci sta.

La cornice anche era appropriata. La villa cinquecentesca di
Codroipo abbraccia nel modo più consono la poesia che ha reso celebri tante
ballate e tanti pezzi quasi rock.

L’attesa, lunga, il ritardo, il concerto che non iniziava
più… C’è chi si fa la foto davanti al palco, chi fa un giro a prendere un paio
di birre, chi saluta chi, chi guarda il cielo che promette fulmini. Sul palco
una ragazzina spennacchiata che urla nel microfono pestando sulle tastiere,
accompagnata da un batterista, cercano di riscaldare un’atmosfera la cui
temperatura, per quanto mi riguardava, era già a livello di guardia.

Ad un certo punto un po’ di gente che un attimo prima stava
tranquillamente chiacchierando e scattando foto, si è letteralmente fiondata
addosso al palco urlando. Non ce l’ho fatta a rimanere seduto. Anzi, non ho
fatto neanche in tempo a pensare di rimanere seduto, in fondo, alla mia età,
non posso mica lasciarmi andare a scene d’isterismo tardo adolescenziale, no?
Niente, sono scattato in piedi, ho fatto un salto! Ma tutto troppo presto, non
era ancora uscito.

Mi sono visto, ero ridicolo, come una di quelle ragazzine
bionde e oche (non ho niente contro le bionde né, tanto meno, contro le oche,
sante, avercene…) che urlano isteriche ed eccitate al concerto dei Take That
(dico loro perché non so oggi chi sia di moda…) saltando per acchiappare al
volo una goccia di sudore dal loro idolo sul palco….

Eppure ero io.

La folla attorno al palco non ci pensava nemmeno a tornare a
sedere, finché, complice il buio che iniziava a calare, le luci che aumentavano
di intensità, i pezzi di sottofondo che inneggiavano ai vecchi tempi – cover
degli Smiths cantate molto bene da non so chi (in fondo sono molto ignorante) –
dietro al palco si è iniziata a percepire la concitazione dell’imminente
inizio.

Vederlo salire sul palco è stata veramente una bella
emozione. Pantaloni neri, camicia gialla, i capelli bianchi che si vedono anche
da qualche fila indietro, era lui, che ringraziava la “folla” per non essere
rimasta seduta sulle sedie di plastica, l’unica cosa che veramente stonava in
tutta l’ambientazione.

Quando, come seconda canzone in scaletta, ha intonato le
prime note di Panic sono definitivamente saltato in piedi, affanculo tutti
quelli che mi guardano e vaffanculo me che mi vergogno e non dovrei, a cantare
a squarciagola…

È incredibile, ho cantato Panic con Morrissey. Non credevo
che sarebbe successo. Se avessi potuto avrei agguantato io quella camicia
gialla, intrisa di sudore, lanciata sulle braccia tese davanti al palco.

È stato grande. Grande.

Durante tutto il concerto, ho cantato, ho riso e alla fine mi
sono commosso quando ha detto, prima di intonare l’ultima canzone: “Remember me
this way”.

Il concerto è durato un’oretta e un quarto, un’oretta e
mezza, non molto. Ma quando è finito sono tornato alla macchina galleggiando.
Ero sconvolto.

Non mi immaginavo che mi avrebbe fatto quest’effetto.

Morrissey dal vivo – non ci credo ancora di averlo visto
live – si è rivelato una sorpresa. Un personaggio da palcoscenico. Ed io che mi
immaginavo una caricatura… niente affatto. Un artista, con voce e talento
scenico. Forse sto esagerando, qualcuno mi ridimensiona, please? Davvero,
tecnicamente mi ha fatto un’ottima impressione, anche a mente fredda, con quel
suo bel daffare a far fare il serpente al cavo del microfono, frustando il
palcoscenico a destra e a sinistra come un torero con la sua muleta. Un grande.

Grande. La parola che mi viene più naturale è “grande”.

Caro Morrissey, ti ho conosciuto e amato ai tempi degli
Smiths, ho continuato ad ascoltarti e a leggerti durante tutti questi anni, e
ti ricorderò così.

 

 
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lottersh
lottersh il 25/03/09 alle 05:35 via WEB
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