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Post N° 979

Post n°979 pubblicato il 21 Aprile 2006 da rigitans

appunti su ricucci e company...

 
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tretavolette
tretavolette il 21/04/06 alle 21:06 via WEB
per par condicio. Se ti chiami Ricucci, hai la rogna Presunti imprenditori con la "erre" moscia, che hanno depredato e taglieggiato il Paese per anni, danno lezioni di galateo ai "furbetti del quartierino": da quale pulpito? di 2twins Premettiamo: a noi Ricucci non piace. Ma ancor meno ci piaciono i presunti imprenditori con la "erre" moscia che danno lezioni di galateo quando per anni hanno depredato e taglieggiato il nostro Paese e con i soldi dei contribuenti schierano di volta in volta i loro giornali contro supposti nemici pubblici numero uno, come Ricucci. Qui di seguito riportiamo l'articolo di Roberto Perotti apparso oggi su "Il Sole-24 Ore" nel quale il docente della Bocconi rileva un dato particolarmente interessante: se sei accusato di aggiotaggio e sei "nobile" nessuno si preoccupa. Se ti chiami Ricucci sei un disgraziato da sbattere in galera. Perotti non fa i nomi. Poichè però non tutti conoscono la storia di questo Paese e poichè noi non siamo il quotidiano di Confindustria, ci possiamo permettere di dire la parola magica: Fiat. Perchè tanta cagnara su Ricucci che, come detto, a noi non piace. E davvero pochissime parole sulle ambigue operazioni compiute lo scorso agosto dalla Fiat che da alcuni mesi sono sotto le lenti della magistratura? Non conosco Ricucci, e come lutti ho grosse difficoltà a capire che cosa esattamente abbia fatto. Non ho invece difficoltà a credere al fondamento delle accuse che gli vengono portate, e tutto ciò che segue non va interpretato come un tentativo di giustificare eventuali comportamenti illegali. Ma trovo la canea che si scatena contro Ricucci e gli immobiliaristi uno spettacolo poco edificante. Di imprenditori dal passato e dal presente chiacchierato è piena l'Italia. Ma di quanti i giornali (compresi i più prestigiosi) si sentono in dovere di ricordare le origini — «il figlio del tranviere di Roma», «l'odontotecnico di Zagarolo» — ogni volta che parlano di loro? Di quanti raccontano con tanta insistenza le vanterie un po' rusticane, le battute non sempre finissime, persino l'imbarazzo e i sorrisi di compatimento dei commensali più blasonati? Di quanti riportano con palese compiacimento gli errori di grammatica e di sintassi, e addirittura l'accento romanesco ogni volta che li citano? Sarebbe giustamente inconcepibile, e assolutamente politicalty incorrect, trascrivere in un'intervista a Totti la dizione romanesca: ma nel caso di Ricucci tutto è permesso per suscitare la facile ironia del lettore. I guai giudiziari non c'entrano: ben prima di essi, Ricucci e compagni erano già diventati gli zimbelli dell'establishment economico e culturale. Un motivo immediato è il delitto di lesa maestà, la scalata (peraltro alquanto maldestra) al salotto buono del Corriere della Sera. Ma i motivi veri sono più profondi, e anche questi antecedènti la scalata. L'avversione al mercato. Il primo è la storica avversione al mercato della società italiana. Per molti è inconcepibile che qualcuno faccia soldi — e per di più, in fretta — comprando immobili e rivendendoli un mese dopo. È immorale guadagnarci senza metterci niente di proprio fra le due operazioni: L'immobile che Ricucci vendeva a 100 era lo stesso che poco prima aveva comprato a 50. Ma non mi risulta che abbia mai obbligato nessuno a comprare. E soprattutto, un immobiliarista fa quello che tutti noi tentiamo di fare: comprare a poco per rivendere a tanto, per esempio quando investiamo in fondi di investimento nella speranza che aumentino di valore, senza alcun intervento da parte nostra. E non conosco nessuno che, avendo comprato un piccolo appartamento al mare per i figli, si faccia venire i sensi di colpa quando lo rivende al doppio solo perché nel frattempo quella località è diventata molto popolare. Un discorso diverso, ovviamente, è se si pensa che le plusvalenze di Ricucci siano state tassate troppo poco. Questa è una posizione perfettamente legittima, ma allora parliamo di aliquote fiscali e lasciamo stare il romanesco e gli errori di sintassi. II razzismo culturale. Un secondo motivo per la generale avversione a Ricucci è il razzismo culturale che ancora pervade la nostra società. Per una certa mentalità cattolica e marxista soldi e profitti sono cose brutte, ma diventano in qualche modo più socialmente accettabili se si accompagnano a un minimo di cultura e magari a una solida tradizione familiare. L'idea sottostante, credo, è che cultura e pedigree aiutino a dare la "giusta" importanza al dio denaro. Per lo stesso motivo, rispettiamo un figlio di tranviere che sìa diventato professore d'università o avvocato di successo; ma un figlio di tranviere che abbia fatto soldi con un diploma da odontotecnico è automaticamente un parvenu rozzo ed esibizionista da esporre al pubblico ludibrio. La mobilità sociale va bene se ottenuta grazie ai titoli di studio e una lunga trafila o una professione "rispettabile"; non è accettabile se è ottenuta semplicemente con il vile denaro. A parole tutti sono per premiare il merito; ma quando si tratta di soldi invece che di carriera o di titoli di studiò, il merito diventa volgare "fiato per gli affari", qualcosa di disdicevole. Ricucci stesso è rimasto vittima di questa mentalità, comprandosi il titolo di "dottore" con la famosa laurea per corrispondenza a San Marino. Sarà vero che questa laurea vale poco o niente, ma questo il mercato lo sa benissimo, nessuno viene ingannato: perché scandalizzarsi se, come milioni di altri italiani, Ricucci tiene a poter mettere il titolo di "dottore" sul suo biglietto da visita? Ed anche parecchie università italiane rilasciano lauree che valgono molto poco: almeno Ricucci se l'è pagata tutta con i suoi soldi, senza gravare sul contribuente. Gli altri. Detto tutto questo, è perfettamente possibile che Ricucci ne abbia combinate di tutti i colori. L'aggiotaggio è un reato finanziario grave, che contribuisce a minare la fiducia nel mercato. Nessuno vuole minimizzarlo, ma anche in questo caso sarebbe opportuno non usare due pesi e due misure. Certi grandi gruppi finanziari e industriali italiani sono indagati per avere tentato di gabbare centinaia dei propri azionisti grandi e piccoli, reati non meno seri, Questo però non sembra averne minato in alcun modo prestigio e rispettabilità, anche perché la vicenda ha fatto solo una brevissima comparsa sui media. Ma certo, i loro dirigenti non parlano in romanesco, e non sono figli di tranvieri. Tratto da: M&A
 
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