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Traduzione in vernacolo di Giuseppe Li Voti

Post n°2851 pubblicato il 28 Giugno 2020 da gazimo08

 

Il Passero Solitario

8 luglio 2012 alle ore 18:06

Ho tradotto questa poesia del grande poeta Giacomo Leopardi,  per uno scopo ben preciso, cioè per ricordare il mio poeta preferito dei tempi di scuola,  di cui sostenni sempre che il suo pessimismo non era innato, ma dovuto a quel male che ne deformò il suo fisico, e lo costrinse alla solitudine, come ben si coglie dalla presente poesia : "Il passero solitario".

Capisco che non è stata cosa facile,  ma ho voluto cimentarmi in quest'ardua prova per rendere omaggio al poeta dei miei anni spensierati. A parte ciò, ricordo che esercitarsi a scrivere in lingua siciliana, serve ad acquisire sempre maggiore esperienza.

 

 

U Passiru sulitariu

 


Di supra la cima di la turri antica,

Passaru sulitariu, a la campagna

Cantannu vai fin'a cchi  non mori lu jornu;

E erra l'armunia pi sta valli.

Primavera intornu

Brilla nni l'aria, e pi li campi esulta,

Sì ch'a mirarila 'ntenerisci lu cori.

Senti greggi belar', muggiri armenti;

L'autri aceddi  cuntenti, a gara nsèmmula

Pi lu libiru celu fan' milli giri,

Pur fistiggiannu lu loru tempu migghiuri:

Tu pinsusu 'n-disparti lu tuttu miri;

Non cumpagni , non voli,

Non ti mporta  di l'alligria, eviti li spassi ;

Canti,  e accussì  trapàssi                                                                                                                                                                                                                             

Di l'annu e di la to vita lu cchiu' beddu ciuri.

Ahimè, quantu 'sumigghia

 A lu to costumi lu miu! Spassu e risu,

Di la  giuvini età duci famigghia,

E tia  frati' di giuvintù, amuri

Suspiru gerbu di li passati   jorna,

Non curu , jò non sacciu comu; anzi d'iddi

Quàsi fuju luntanu;

Quàsi  sulitariu, e stranu                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             A lu me locu natìu,

Passu di lu viviri miu la primavera.

Stu jornu chi ormai cedi a la sira

Fistiggiari si usa a lu nostru borgu.

Senti pi l'aria sirena un sonu di campani

Senti spissu un tunar' di ferrei canni,

Chi rimbummanu luntanu di villa 'n-villa.

Tutta vistuta a festa

La  giuvintù d' 'u locu

Lassa li casi e pi li strati si diffunni

E ammira ed è ammirata , e nta lu cori si rallegra.

Jò sulitariu nta sta

Luntana parti di la campagna niscennu

Ogni divirtimentu e jocu

Rimannu ad autru tempu.: e 'ntantu lu sguardu

Miratu nni l'aria luminusa

 Mi firisci  lu suli chi tra li luntani munti

Doppu lu jornu sirenu

Tramuntannu scumpari, e pari chi dici

Chi la biata giuvintù veni menu.

Tu sulitariu acidduzzu , arrivatu a la vicchiaia

Di la vita chi ti dannu a te li stiddi,

Certu di lu to distinu

Non ti lamenti; pirchì di natura è fruttu

Ogni vostru disidderiu.

A me si di vicchizza

La detestata sogghia

Evitari non riesciu

Quannu muti st'occhi  a l'autri cori

E pi iddi è votu  lu munnu , e lu jornu futuru

Di lu prisenti cchiu' nuiusu e scuru

Chi mi nni pari di tali vogghia?

Chi di st'anni mei? chi di me stissu?

Ahi mi pentu, e spissu,

Ma scunsulatu , vardu ndarreri.

 

Giuseppe Li Voti


 
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