Creato da segreteria.slmz il 24/05/2009

Il bianco e il nero

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Aggressivita' femminile, aggressivita' maschile, e le politiche per la pari opportunita'.

Riporto il sito e l'articolo ivi ritrovato, e ci facciamo una domanda: " Ha senso parlare di pari opportunità nel lavoro tra uomo e donna, senza trattare in modo correlato l'argomento dell'aggressività di genere?". C'è qualcuno che ha maturato esperienze?

http://www.comune.siena.it/news.asp?id=27825

L'aggressività femminile, il tema trattato dall'ultimo libro di Marina Valcarenghi

Questo il tema presentato ieri, lunedì 6 aprile, alla Biblioteca comunale degli Intronati

“Con la parola aggressività intendo quella disposizione istintiva che orienta a conquistare e a difendere un proprio territorio fisico, psichico e sociale nelle sue forme più diverse; o, in altri termini, quell'istinto che guida a riconoscere, ad affermare e a proteggere la propria identità”.
Inizia così L'aggressività femminile (Mondadori editore), il libro di Marina Valcarenghi, psicanalista di formazione junghiana, presentato, ieri pomeriggio nella Biblioteca comunale degli Intronati. Ad introdurre l'incontro Gabriella Piccinni, docente all'Ateneo senese, che è entrata subito nell'argomento dell'ipoagressività e dell'iperaggressività per capirne l'origine e cercare risposte. Infatti le donne ancor oggi vivono l'istinto aggressivo, sospinto da tempo nell'inconscio, con sintomi di disagio distruttivi come l'autolesionismo, il senso di colpa, la dipendenza, l'insicurezza o l'ansia di controllo, la prepotenza, gli atteggiamenti insofferenti e collerici.
Indagando nell'inconscio delle pazienti, esaminandone i sintomi, analizzandone i sogni, la psicoanalista ha sviluppato un'ipotesi sulle motivazioni della compressione dell'istinto aggressivo femminile: forse in tempi lontani le donne hanno dovuto reprimere una parte di sé per la sopravvivenza della specie. “Hanno accettato di essere messe da parte”. Una repressione che è durata millenni, più di qualsiasi altra, inducendoci a considerare persino un 'accordo' iniziale.
Marina Valcarenghi nella sua analisi percorre tutti gli ambiti, tocca anche la mitologia, affronta Metis: la dea della saggezza, mangiata da Zeus per acquisire tutto il suo sapere. E da Metis, contestualizzata in un presente carico di passato, nasce la visione archeotipica femminile così diversa dal genere maschile, perché diverso è il pensiero delle donne: analogico, flessibile, in grado di ragionare per gruppi, in antitesi con quello maschile, indirizzato all'azione.
Ma il genere umano, come ha detto l'autrice, cammina su due gambe. Ambedue necessarie e allo stesso tempo complementari come i due sessi.
Per questo la necessità, da parte delle donne, di riappropriarsi di un “chi sono” dimenticato o, più semplicemente sopito, per riaffermare il loro peculiare modo di essere, sentire e agire, così da diventare capaci di vivere in funzione di loro stesse.
“Un progetto di liberazione che riguarda tutta la specie” affinché il mondo non sia più costruito e regolato a misura di uomo”. Affinché il mondo possa continuare ad esistere e a trovare soluzioni anche grazie a quella dose di Metis insita, proprio, nelle donne.

 
 
 
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