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ROBERTO PARISI

Post n°123 pubblicato il 23 Febbraio 2009 da libera_voce
 
Tag: Memoria

OGGI, 23 FEBBRAIO MORIVA...

Roberto Parisi (1931 – Palermo23 febbraio 1985) è stato un imprenditore italiano, vittima della mafia.  Roberto Parisi era un ingegnere divenuto un noto imprenditore come titolare dell'Icem, società che sin dal 1970 aveva in appalto la manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica della città di Palermo, costruendo la sua fortuna. Parisi aveva perso la prima moglie Elvira De Lisi e la figlia Alessandra nella strage di Ustica del 27 giugno 1980. Parisi fu anche vicepresidente dell'Associazione degli industriali palermitani, e dal giugno 1982 era diventato anche presidente del Palermo calcio, carica che gli aveva attribuito notevole popolarità. Parisi fu trucidato nel febbraio 1985 da un gruppo di almeno cinque uomini in un agguato di stampo mafioso nella zona di Partanna Mondello. Assieme a lui morì il suo autista Giuseppe Mangano, 38 anni. Secondo la ricostruzione due vetture affiancarono l'auto di Parisi e Mangano crivellandoli di colpi. Alcuni esecutori si allontanarono dal luogo del delitto addirittura in autobus, abbandonando le vetture, che furono ritrovate poco dopo. Dopo la sua scomparsa, venne reso noto che l'Icem era stata oggetto di indagini del Pool antimafia da almeno un anno. Dieci anni dopo, nel 1995, Emanuele Di Filippo si autoaccusò dell'omicidio, reo confesso, ed in seguito al contributo offerto come collaboratore di giustizia, verrà condannato a soli 15 anni di carcere. La Corte d'Assise di Palermo ha confermato altri ergastoli a Francesco Tagliavia, Lorenzo Tinnirello e Giuseppe Lucchese.

Precorso nei tempi dall'assassinio di Gennaro Musella, l'omicidio di Parisi e del suo autista anticipò di soli cinque giorni anche quello di un altro imprenditore, Piero Patti, ucciso per non aver accettato le richieste di estorsione per mezzo miliardo di lire dell'epoca. Nell'agguato rimase gravemente ferita anche la figlia Gaia, di soli nove anni, che Patti stava accompagnando a scuola. Maturati durante l'ascesa del clan dei Corleonesi al vertice di Cosa Nostra, e l'istruzione del primo Maxiprocesso, la morte di Parisi e Patti rappresentò un segnale forti a tutti coloro che osassero sfidare il racket, per eliminare qualsiasi forma di ribellione al pizzo e assoggettare l'economia territoriale. Da allora altri professionisti come Paolo Bottone, Donato Boscia, Piero Pisa, Francesco La Parola, Francesco Paolo Semilia, Sergio Compagnini e, non ultimo, Libero Grassi, cadranno analogamente vittima del piombo mafioso. Un'epoca che vedrà una effettiva svolta, anche culturale, solo una ventina d'anni dopo, grazie anche all'azione di movimenti come il comitato Addiopizzo e, conseguentemente agli arresti di Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo, anche degli industriali siciliani.

L'omicidio Parisi tornerà alla ribalta alcuni anni dopo allorquando la vedova, Gilda Ziino, depose nel processo contro Bruno Contrada. La signora testimoniò che il giorno del delitto era rientrata da poco nella sua abitazione proveniente dall’ospedale, dove non aveva ancora avuto modo di vedere la salma del marito, e che Contrada si era presentato alla sua porta chiedendole un colloquio riservato. Allorché Contrada, che conosceva Parisi, le avrebbe detto testualmente, con fermezza, che "qualunque cosa io potessi sapere che riguardava la morte di Roberto dovevo stare zitta, non parlarne con nessuno e ricordarmi che avevo una figlia piccola". Solo successivamente, anni dopo, la signora Ziino, benché ancora “sorpresa e intimorita” riferì l’accaduto al suo avvocato, Alfredo Galasso, il quale a sua volta ebbe modo di riferirlo al giudice Giovanni Falcone col quale avrebbe avuto un incontro, tenutosi un sabato pomeriggio, all’interno del Palazzo di Giustizia. La Ziino dichiarò che la domenica immediatamente dopo “il dott. Contrada ha suonato al campanello di casa mia, io ho aperto, l’ho fatto accomodare, naturalmente la mia emozione fu tale, mi sono seduta e mi ha chiesto subito, immediatamente, «signora lei ha avuto un incontro con il dottor Falcone?»…Io negai”. Ancora una volta la signora informò subito l’avvocato Galasso che, non trovando Falcone, pregò Giuseppe Ayala di farlo in sua vece. La Ziino viene interrogata da Falcone nel 1988. Nel 1990 venne riconvocata in Procura dal sostituto Carmelo Carrara, e ritrova Contrada nella stanza del magistrato. Il "senso di angoscia e paura" sarebbe stato tale che la donna, posta a confronto con l'ex funzionario del Sisde, finì con l'avallare la tesi secondo cui quelle parole potevano esser interpretate come «raccomandazioni amichevoli». La tesi degli accadimenti esposti dalla vedova Parisi venne avvalorata da tutti gli attori della vicenda, mentre quella della difesa di Contrada, che sosteneva che quei termini fossero riconducibili a semplici raccomandazioni, e negava inoltre il secondo incontro, é stata rigettata dalla Corte.

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