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GENNARO MUSELLA E PORTELLA DELLA GINESTRA

Post n°205 pubblicato il 03 Maggio 2009 da libera_voce
 
Tag: Memoria

OGGI, 3 MAGGIO MORIVA ...
 
Gennaro Musella:

Ingegnere salernitano, aveva trasferito in Calabria la sua azienda per lavori di opere marittime. Muore a Reggio Calabria il 3 maggio 1982, dilaniato dall'esplosione della sua autovettura. L'ombra della Sicilia si affaccia anche sul delitto Musella che fu inquadrato nell'assegnazione dell'appalto per il porto di Bagnara Calabra, le cui gare furono vinte prima e dopo, dai famosi "cavalieri del lavoro" di Catania, Costanzo e Graci. I carabinieri del nucleo operativo di Reggio Calabria, in un rapporto all'autorità giudiziaria, denunciarono per quell'appalto un'associazione tra la 'ndrangheta calabrese e la mafia catanese, rispettivamente guidate dai boss Paolo de Stefano e Nitto Santapaola; nell'elenco comparivano anche nomi di imprenditori, politici e funzionari del genio civile di Reggio Calabria. Al delitto Musella lo Stato non ha mai data una risposta. Il caso fu archiviato nel 1988 contro ignoti per essere riaperto poi dalla DDA nel 1993. L'inchiesta malgrado portata a termine dal procuratore aggiunto Salvatore Boemi unitamente alla crimnalpol, non ha avuto alcun seguito, non essendo mai stato celebrato un processo. La giustizia rimane sepolta da strati di polvere tra le carte ingiallite di un vecchio fascicolo, mentre le imprese mafiose continuano a giudicarsi gli appalti, le tangenti sono sempre in rigore così come l'alleanza tra mafia e 'ndrangheta.

...E NOI LO RICORDIAMO

ARRETRATI
 
1 MAGGIO
 
Strage di Portella della Ginestra
 
Il 1 maggio 1947, nell'immediato dopoguerra, si tornava a festeggiare la festa dei lavoratori, abolita durante il regime fascista. Circa duemila lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, in prevalenza contadini, si riunirono nella vallata di Portella della Ginestra, nei pressi di Palermo, per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte, e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell'anno e nelle quali la coalizione PSI - PCI aveva conquistato 29 rappresentanti (con il 29% circa dei voti) contro i soli 21 della DC (crollata al 20% circa). Sulla gente in festa partirono dalle colline circostanti delle raffiche di mitra che lasciarono sul terreno, secondo le fonti ufficiali, 11 morti (9 adulti e 2 bambini) e 27 feriti, di cui alcuni morirono in seguito per le ferite riportate. La CGIL proclamò lo sciopero generale, accusando i latifondisti siciliani di voler “soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori”[1]. Solo quattro mesi dopo si seppe che a sparare materialmente erano stati gli uomini del bandito separatista Salvatore Giuliano, colonnello dell'E.V.I.S.. Il rapporto dei carabinieri sulla strage faceva chiaramente riferimento ad "elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali". Nel 1949 Giuliano scrisse una lettera ai giornali, in cui affermava lo scopo politico della strage. Questa tesi fu smentita dall'allora ministro degli Interni Mario Scelba. Nel 1950, il bandito Giuliano fu assassinato dal suo luogotenente Gaspare Pisciotta, il quale morì avvelenato in carcere quattro anni più tardi, dopo aver affermato di voler rivelare i nomi dei mandanti della strage. Attualmente vi sono forti dubbi sul fatto che Pisciotta fosse l'autore dell'omicidio, come è stato fatto osservare nella trasmissione Blu notte ed emerge dal lavoro di Alberto Di Pisa e Salvatore Parlagreco
 

Queste le vittime commemorate dalla lapide posta sul luogo del massacro:

  1. Margherita Clesceri
  2. Giorgio Cusenza
  3. Giovanni Megna (18 anni)
  4. Giovanni Grifò (12 anni)
  5. Vincenza La Fata (8 anni)
  6. Giuseppe Di Maggio (7 anni)
  7. Filippo Di Salvo
  8. Francesco Vicari
  9. Castrenze Intravaia (18 anni)
  10. Serafino Lascari (15 anni)
  11. Vito Allotta (19 anni)

 

 

 
 
 
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