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I MODI DEL SUD

Post n°126 pubblicato il 01 Marzo 2009 da libera_voce
 

 racconto n° 4

I MODI DEL SUD

 

Di Elisabetta Pirro

Elisa è arrivata dalla nonna: una donna piccola, massiccia, del sud. Gonna nera un po’ polverosa con qualche imperfezione. Maglia di cotone a manica lunga, nera anche quella. I capelli, divisi in tanti ricci dalla forma di bigodini, sono più grigi di come li ricordava. Immobili, racchiusi in una nuvola di lacca. Le mani bianche con quelle macchie scure che ormai da tempo le avevano segnato anche il viso.

La bara viene chiusa. E la mente va a molti anni prima, a quell’ultima volta in cui la nonna era scesa in Meridione, sì, Meridione, come diceva lei con disprezzo.

Era una mattina di maggio, già calda. La nonna le si era avvicinata con passo sicuro, i piedi piantati nelle scarpe pesanti nere e le gambe fasciate nelle calze al ginocchio. Lo sguardo serio.

"Ciao nonna. Benarrivata."

Un bacio sulla guancia era il loro saluto.

"Eh, si, benarrivata… 15 ore di treno mi devo fare per venire a trovarti. "

Era sempre così. Un buongiorno che voleva essere un rimprovero, neanche tanto velato.

"Vieni in casa. C’è più fresco…"

"Fresco, fresco… Se tu avessi voluto il fresco non saresti venuta giù."

Giù. E lo aveva detto con un tono di disgusto come se quella terra non le avesse dato la vita.

Era una bella casa, con una grande vetrata sul mare crotonese. Un mare irrequieto che di bello aveva poco, perché le spiagge si coprono di quello che l’amministrazione non ha voglia di smaltire. Non ci sono i soldi, dicono. I soldi, giù, non ci sono mai. Così come non c’erano stati per proseguire i lavori di costruzione del nuovo porto; dopo 8 mesi di dragaggio del bacino, la Procura della Repubblica aveva bloccato tutto per indagare sul materiale utilizzato per costruire la nuova banchina. Intanto, con il passare del tempo, i soldi stanziati per l’opera che avrebbe dovuto cambiare il destino della città erano spariti.

E così quel molo di materiale inquinato serviva ai ragazzi per fare le gare in motorino. Uno di loro era finito in ospedale. Aveva esagerato a sfidare il buio. Aveva pensato che il vuoto fosse più lontano, invece era proprio lì, a pochi passi. Il motorino era caduto nel niente, e lui dietro. Un tonfo. Gli amici avevano riso senza capire il dramma. Poi il coma. Aveva picchiato la testa. La madre aveva gridato contro i politici, che non controllano, che

mangiano i soldi, che non pensano ad altro che al proprio tornaconto e a lei che il figlio lo stava perdendo nessuno ci pensava. Caduto nel nulla come i progetti di modernizzazione della sua città.

Una città chiusa. Lontana da tutto. I ragazzi fanno le vasche in centro tra i negozi firmati troppo cari. "Pago una parte ora e poi il mese prossimo, eh, Marì?" "Si, si, non preoccuparti. Ci sistemiamo noi." E sembra tutto perfetto.

Ma non è perfetto perché appena giri l’angolo del negozio firmato, c’è un cane randagio con i suoi piccoli, quattro bastardini di colori diversi che ciondolano dietro la coda della loro madre. Le minne penzolanti di chi non mangia da troppi giorni e che vedrà uno di quei cuccioli deperire fino alla morte. In mezzo a qualche strada, magari di fianco a una bancarella in riva al mare. Dove poi chi avrà pietà di quel corpicino lo raccoglierà e lo butterà in mezzo alla discarica dietro al ristorante dove i turisti vanno a mangiare il pesce.

"Nonna, dammi le valigie. Te le porto nella tua stanza. Tu riposati un po’."

La nonna le aveva consegnato le borse senza dire nulla su quanto fosse davvero bella quella casa. La rivoleva su, al Nord, la sua nipotina.

Del Sud non aveva bei ricordi. Nel terremoto del 1908 aveva visto sparire la sua Reggio e i suoi genitori. Lei e suo padre, sotto il letto ribaltato dalle scosse, per ore, aspettando che qualcuno li trovasse. Non riusciva a respirare, con lui che la schiacciava sulle macerie e ogni volta che inspirava le entrava nel naso la polvere. I passi, la voce di qualcuno che la prende per un braccio. "Papà…" ma papà non risponde.

Graziata. Ma Dio doveva avercela con lei.

Anni dopo, passeggiavano, lei e suo marito Alfonso. In silenzio, perché a lei piaceva ascoltare il mare e lui non parlava molto. Gli uomini del Sud sono di poche parole. Sguardi profondi, gesti sicuri, ma nessun discorso in più. Neanche quelli che servono davvero. E infatti lei non aveva mai saputo niente... dei suoi amici facoltosi che avevano sempre bisogno di un piccolo piacere. Tutti gli portavano rispetto, lo salutavano con coscienza, lo andavano a trovare in ufficio su al secondo piano del Comune. Lui stava seduto dietro la scrivania di legno e firmava carte, dava permessi.

"Salve Cùmpa!" aveva gridato qualcuno.

Alfonso si era girato per ricambiare il saluto. Un forte scoppio e si era accasciato per terra, il tonfo del suo corpo sul marciapiede aveva rimbombato nelle orecchie della nonna mentre la gente spariva.

Graziata una seconda volta.

"Anche questa volta ti fermi poco. La valigia non pesa nulla."

"Mi fermo per cosa? Tu su devi tornare. Qui neanche per te mi fermo" aveva risposto alzando il mento.

"Dici sempre le stesse cose."

"Non puoi vivere in questo posto che parla ancora l’arabo… che non esiste… Non esiste per il mondo, per lo Stato, non esiste per il Nord… ma lo capisci o no che qui non cambierà mai niente?"

"Ho scelto di venire qui. Accettalo e basta."

"Non posso." Quel mondo lì lei lo conosceva di più. Aveva perso gli anni migliori in ricordo del marito, ucciso per un timbro mancato. "Non mi piace sapere di quei due là fuori... Lo pensi davvero che ti proteggono?"

"Dovresti essere più tranquilla a sapere che ci sono loro, che non sto da sola."

"Lo faccio anche per il nonno, per te. Ma non lo capisci?"

Non lo capiva. Pochi passi verso i gradini che portavano alla sua stanza. Poi la porta si era richiusa alle sue spalle. Il letto era di quelli con il materasso ortopedico. Per la sua vecchia schiena era l’ideale. Si era stesa, su un fianco. Con un braccio piegato sotto la testa e l’altro morbido a sfiorare il lenzuolo. "Vita mia" lo chiamava, suo marito. Un giorno Elisa l’aveva sentita e li aveva guardati con gli occhi sbarrati, increduli.

"che c’è amore mio?"

"Nonna, ma tu chiami il nonno così?"

"Non ti piace?"

"Ma lui è la tua vita davvero? E se lui non c’è più?"

Una lacrima era scesa leggera sul viso, ora come allora. Poi lui era mancato davvero e la sua vita era diventata Elisa.

Il corpo si era abbandonato alla stanchezza del viaggio. Un brivido le aveva percorso la schiena e, senza accorgersene, aveva allungato una mano verso la coperta in fondo ai piedi tirandola fin sulle spalle.

Elisa scorreva le carte sparse sul tavolo.

Era arrivata a Crotone due anni prima. Un trasferimento inatteso. "Non avrai vita facile" l’avevano messa in guardia. Invece non era andata così, almeno fino a quel Parco.

C’erano conti che non tornavano, permessi che mancavano, licenze sparite. Quel parco acquatico sulla spiaggia era venuto su da un giorno con l’altro, come un fungo. Scivoli, piscine, cabine e ombrelloni. Tutto pronto per l’estate. Per i turisti che avevano ricevuto il depliant a casa, con tanto di biglietto ingresso gratuito per una giornata di prova. Per tutta la famiglia. Il festival dell’allegria.

Un Parco dei divertimenti costruito su un terreno non adatto. E nemmeno un controllo. L’appalto vinto da un’impresa a conduzione famigliare che poi aveva chiuso le serrande e aveva lasciato tutto in mani più grandi. Chiuso. Era il sogno della nostra vita un appalto così, ma da oggi ci occupiamo di altro. Arrivederci.

Più in là, quasi invisibile dietro un’insenatura blu, il molo. A metà. Né finito né iniziato. Il cemento che emergeva dall’acqua e bocche larghe di gru che ancora attendevano qualcosa di cui cibarsi. Senza sapere che sarebbero rimaste là, ad arrugginire, sotto il sole cocente dell’imminente estate.

Carte infinite da guardare e far coincidere. E poi telefonate da politici, inviti a ricevimenti dove le venivano presentati onorevoli e dottori, ingegneri e avvocati. Nomi che immancabilmente dimenticava ma che tornavano tra quelle carte, sotto i timbri dell’ufficio di igiene o del controllo per la sicurezza.

La porta si era aperta nel silenzio rotto solo dalle onde del mare. La nonna le si era avvicinata e le aveva posato una mano sulla spalla. "Cosa leggi?"

"Carte…"

"Sempre le solite carte eh?"

"Prendiamoci un caffè in terrazza. Vieni nonna."

Si erano sedute sotto un piccolo ombrellone a fiori. Una leggera brezza aiutava a sopportare il caldo.

"Sono vecchia ormai. A questa età non dovrei neppure farli questi viaggi, tu lo sai."

"Nonna, ti ho sempre detto di venire qui da me."

"Con te? A fare cosa?"

"A stare. Come adesso."

La voce della nonna era roca e affannata "…trasferirmi da te, vita mia… e se poi un giorno, anche tu, non ci sei più? E poi, ci stanno già loro, con te…

Ho sentito la signora Tina. Suo figlio è ancora in coma. Sta là, immobile nel letto. Ormai i suoi amici non ci vanno quasi più da lui… Ha scritto al Sindaco e al mondo intero. E loro si dispiacciono… sono mortificati e si scusano tanto… ma cosa pensi che se ne faccia delle scuse quella donna?" e aveva stretto la gonna nera in una mano.

"Nonna, suo figlio è stato un incosciente e tu lo sai."

"Pensi come loro…Ti sono entrati nella testa."

"Quel porto non era fatto per andarci in moto, e tu lo sai meglio di me! Qui i ragazzi fanno quello che vogliono, non mettono il casco, vanno in giro come dei pazzi…e poi i genitori chiedono aiuto allo Stato. Ma i genitori insegnano a stare al mondo a modo loro. Non insegnano un vivere civile… dove sono eh, nonna? quando servono… Secondo te la signora Tina non sapeva che suo figlio faceva le gare sul molo, eh, nonna?" "Quel porto lo dovevano finire … non lasciarlo così… Ah, vita mia, come devo fare con te? Non hai capito niente di qui… Tu ragioni con la testa loro…"

Elisa l’aveva guardata dritta nei suoi occhi neri, poi aveva appoggiato una mano sulla sua. Sentiva le vene in rilievo sulla pelle macchiata.

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Commenti al Post:
lizina
lizina il 05/03/09 alle 08:35 via WEB
E' forte l'immagine dei cani, veritiera come la noncuranza per la vita umana.
 
cp1067
cp1067 il 05/03/09 alle 10:28 via WEB
Forte e delicato, amaro e dolce, malinconico e solare come può esserlo la terra e la gente del Sud.
 
b3456
b3456 il 05/03/09 alle 12:07 via WEB
Il racconto è interessante... ma non è completo. Come si fa a sapere come finisce?
 
maxlocat
maxlocat il 05/03/09 alle 12:24 via WEB
Complimenti, molto bella la location, se ti lascio la mia mail mi mandi il finale? Acuti anche i particolari sui cani randagi. Brava.
 
b3456
b3456 il 05/03/09 alle 14:00 via WEB
A chi come me non ha finito di leggerlo... Il finale è stato appena inserito...
 
maxlocat
maxlocat il 05/03/09 alle 15:28 via WEB
Pensa che non sono riuscito ad andare a pranzo fino a che non e' stata pubblicata la fine...... Brava Elisabetta
 
gugy1
gugy1 il 05/03/09 alle 17:15 via WEB
E intanto nessuno avrà abbattuto il Parco acquatico e soprattutto i lavori al Porto di Crotone sono fermi...
 
b3456
b3456 il 05/03/09 alle 17:55 via WEB
La nonna dice "ti sono entrati nella testa" ma non capisce che Elisa in realtà vorrebbe che la situazione cambiasse. A partire da certi atteggiamenti che, per chi vive in determinate realtà, sono innati. E non ci si rende conto che non si fa altro che "uniformarsi al male".
 
MAPIUS
MAPIUS il 05/03/09 alle 23:55 via WEB
Brava Elisabetta. Che bello leggere di un amore così fra nonna e nipote!!
 
whale65
whale65 il 06/03/09 alle 16:40 via WEB
Asciutto e dolente. C'è tutto un mondo fra le tue parole. Mi è piaciuto MOLTO !
 
peomea
peomea il 08/03/09 alle 11:47 via WEB
racconto intenso e crudo commovente nel finale fotografa una realta' lontana ma terribilmente vicina
 
vannyropi
vannyropi il 09/03/09 alle 09:09 via WEB
Complimenti un Racconto decisamente interessante, peccato non lo abbiano inserito tutto quanto. Spero di poter leggere presto un altro racconto della Scrittrice!
 
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