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Turismo e solidarietà intrnazionale.
Post n°11 pubblicato il 05 Settembre 2005 da ruconcon
L’assenza di turisti consente di alloggiarci nientemeno che all’Hotel Nacional, il migliore e più grande dell’Avana, lusso anni ‘30. A Cuba da turista nel 1998, voglio ritornare al Nacional; pur con qualche strappo alle moquettes è ancora lussuoso. E’ stato dichiarato monumento nazionale; un pannello ricorda le personalità che vi sono passate. La mia foto non c’è. Ricordo momenti in cui compare la Pachanga: un complessino musicale paesano alla Sierra, soldati allegri, un gruppo di lavoratori neri, la Brigada in viaggio sul camion. Momenti che non corrispondono alle immagini di spettacolo musicale latino che ho scaricato da internet. Non mi viene in mente quando l’ho sentita suonare la prima volta. Poi ritrovo una fotografia che ritrae la delegazione italiana al completo seduta ad un tavolo di night e mi ricordo del Tropicana. Alla faccia della morale comunista, il Tropicana è rimasto tale e quale, ancora oggi! ♪ ♫Que viva la Pachanga... Pare che oggi Varadero sia un grande vacanzificio, dedicato in particolare al turismo sessuale. Nel 1960 c’erano pochi alberghi ed il lussuoso Sporting Club Cubanacan. Proprio qui ci portano al mare, anche per mostrarci che il governo rivoluzionario ha aperto al popolo il club non più esclusivo per ricchi, che ha preso il nome di ‘Circulo Obrero Cubanacan’. E’ davvero un bel posto, spiaggia finissima con palme, Club House notevole. Ragazzi e ragazze cubani cordialissimi ed amichevoli, coi quali passiamo una bella giornata. I giorni all’Avana non sono solo da turista, ci portano ad assolvere il nostro compito di testimoni della solidarietà internazionale. Faccio la mia parte con piena convinzione, dico alla gente come da noi si ammira la rivoluzione cubana, quanto è popolare Fidel, come sono contento di essere qui. “Dopo essere riusciti ad abbattere il vecchio potere”, accenno con un gruppo del 26/7 che sembra voler approfondire il discorso politico, “i rivoluzionari si devono ora impegnare a costruire la società nuova, che è la vera rivoluzione. La guerra è finita e il valore militare dimostrato nella lotta forse non serve più, dovreste scegliere uomini nuovi sulla base della loro capacità tecnica e dell’impegno politico.” Ottengo per risposta un cortese silenzio e qualche aggrottar di ciglia. Troppo tardi capisco che i miei interlocutori sono stati combattenti, che non hanno alcuna intenzione di mollare posti di potere e che magari sono preoccupati dalle avances dei comunisti (si chiamava Partido Socialista Popular) per entrare nel governo dopo essere stati totalmente assenti nella guerra.Il giorno dopo la visita ed i festeggiamenti in una fabbrica metallurgica leggo su un quotidiano che il potere rivoluzionario ha estromesso il preteso rappresentante dei lavoratori, perché legato ad una organizzazione sindacale americana. Realizzo che nella fabbrica visitata si era incontrata una strana assenza, quella del sindacato. Capisco - ora - che era un chiaro, brutto segnale.L’Università funziona anche d’estate, per recuperare l’anno di chiusura imposta da Batista per impedire dimostrazioni degli studenti. Abbiamo un incontro col Directorio del Movimiento 13 Marzo - altra data di scontro armato, perso - che pare sia di ispirazione trotzkista.Mi presento con in testa il berretto goliardico, allora tanto in voga da noi; mi chiedono che roba è. “Lo portiamo noi universitari, in ricordo del berretto indossato dagli studenti che combatterono per l’indipendenza d’Italia nel 1848”, spiego e cerco di illustrare una vicenda nazionale. Una voce, sottotono ma non tanto, mormora “pagliacciate” o qualcosa di simile. Mi rendo conto che sto parlando con gente che ha davvero combattuto per la rivoluzione, che ha visto cadere tanti compagni, e mi vergogno un po’. Mi regalano comunque un distintivo – la civetta di Minerva che stringe negli artigli un fucile – del gruppo rivoluzionario universitario.
Arriba la Pachanga… ♪ ♫ In un cantiere edile di costruzione di case popolari, nuovo incontro con la Pachanga. Tre o quattro operai neri si mettono a cantarla, sembrerebbe in nostro onore, usando come strumenti una cassa, un bidone e simili. E’ la prima volta che noto l’ineguagliabile capacità, propria dei neri, di suonare musica ritmica alla perfezione anche senza strumenti, o meglio usando mani, piedi, voce.
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il 25/03/2009 alle 07:35
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