Creato da: ruconcon il 25/07/2005
Sul ritmo della pachanga i ricordi di un giovane 'rivoluzionario'

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Il bloqueo

Post n°10 pubblicato il 02 Settembre 2005 da ruconcon

Ritorno quindi a Cuba, 1960. Al saccente compagno francese si contrappongono i fatti, operati dai cubani. Hanno subito mantenuto la promessa ai campesinos ed avviato una radicale riforma agraria; per l’attuazione dell’altra promessa, di indipendenza dal potere economico yanqui, procedono alla nazionalizzazione di imprese americane. E qui alla temerarietà di Castro si somma la grettezza di visione politica dei governanti USA.

Cuba, ultima colonia spagnola in America, dopo anni di rivolta sanguinosa ottenne l’indipendenza agli inizi del XX secolo. Fu in effetti il risultato della guerra vinta dagli Stati Uniti contro la Spagna, qui e nelle Filippine. Da allora gli americani sono stati padroni delle risorse e dei governi di Cuba, come già erano di tutti gli Stati caribici; la Repubblica di Panama, ad esempio, fu creata al solo scopo di consentire la costruzione del Canale senza interferenze. A dettar legge non era spesso nemmeno il governo ma le compagnie; tale era il potere della United Fruit Co. che quei Paesi erano chiamati Banana Republic.

Castro non è comunista, definisce la sua politica Humanismo Revolucionario, il suo modello storico sono Martì, Bolìvar ed altri rivoluzionari e Padri della Patria del Caribe. Non credo abbia mai letto Marx e Lenin.

Lo vedo in televisione parlare all’ONU; prospetta agli USA di pagare con i proventi delle esportazioni gli espropri delle terre, degli zuccherifici, dei telefoni e di qualche raffineria. Propone in pratica una lunga rateazione. E’ un’offerta dal sapore di transazione commerciale, che sembrerebbe accettabile per un governo di potere imperiale ed anche per colossi economici come le compagnie espropriate. Il governo USA invece rifiuta, minaccia e pone ultimatum. Fa intervenire a suo sostegno l’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), che taglia a Cuba le quote di esportazione di zucchero. Il governo USA, Presidente Eisenhower, è certo che una debole piccola isola che è di fatto da 50 anni una sua dipendenza coloniale finirà per cedere, come sempre è avvenuto fino ad allora.

Ma Castro non cede, forse non si rende ancora conto di cosa potrà significare il blocco economico.

¡Con OEA o sin OEA, ganaremos la pelea!

La mia impressione di allora, sul posto, fu che non pensasse di contare su ingenti aiuti sovietici, anche se il Ministro Guevara aveva già avviato contatti. Non ho mai letto ricostruzioni diverse, che dopo la caduta dell’URSS sarebbero state possibili.

Primi di agosto. Partecipo ad una manifestazione anti USA che celebra il funerale dell’imperialismo yanqui. Tranne lo zucchero, il tabacco, il caffè e le banane, tutto a Cuba arriva dall’estero; io non lo so ed i centomila dimostranti non ci pensano.

¡Patria o Muerte!  ¡Venceremos!

Il governo USA proclama il blocco economico totale.

Cuba è offerta in regalo al blocco comunista.

Primi di ottobre. Sono tornato all’Avana dopo due mesi alla Sierra; tira aria di guerra imminente. Le auto circolano, l’elettricità non si interrompe, evidentemente il petrolio arriva ancora; gli alimentari non sembrano mancare. C’è carenza di carta igienica, fatico a trovare in vendita lamette da barba, non si sviluppano più foto diapositive: prima si mandavano i rullini a Miami.

L’URSS non può rifiutare il regalo.

In porto all’Avana ci sono due navi mercantili russe – non so cosa trasportino - ed una unità militare in visita di amicizia. Dicono che le puttane sono arrabbiatissime; ce l’hanno con Fidel ed a morte con i russi. Evidentemente capiscono come andrà a finire, meglio di Eisenhower e di Castro.

Il bloqueo – il blocco economico - è cominciato davvero.

¡Patria o Muerte!

Venceremos?

 

 

 
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